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Fenomeno meteorologico estremo: impatti e soluzioni


La crescente incidenza di eventi atmosferici distruttivi sta ponendo sfide senza precedenti a economie, territori e sistemi sociali. Comprendere a fondo i meccanismi, le cause e le implicazioni dei fenomeni meteorologici estremi è oggi fondamentale per orientare politiche pubbliche, strategie aziendali e comportamenti individuali.

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Che cos’è un fenomeno meteorologico estremo

Un fenomeno meteorologico estremo è un evento atmosferico che si discosta in modo significativo dalla norma climatica di un determinato territorio, sia per intensità che per durata, provocando gravi danni alle persone, agli ecosistemi e alle attività economiche. L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) definisce “estremo” un evento che ha una bassa probabilità di accadimento sulla base dei dati storici, ma che genera impatti sproporzionati rispetto alla sua frequenza attesa.

Esempi di fenomeni estremi nel mondo

Gli esempi di fenomeni meteorologici estremi sono molteplici e variegati. Si va dalle ondate di calore che colpiscono in modo sempre più intenso le aree urbane, aggravando i problemi di salute pubblica, fino agli uragani e cicloni tropicali che devastano le coste atlantiche e pacifiche.

In Europa, eventi come l’alluvione in Germania e Belgio del 2021 o la siccità estrema che ha colpito l’Italia nel 2022 sono solo gli ultimi di una lunga serie. Altri esempi includono piogge torrenziali, grandinate di intensità eccezionale, tempeste di vento, gelate fuori stagione, incendi boschivi e mareggiate distruttive.

Perché i fenomeni meteorologici estremi stanno aumentando

La letteratura scientifica internazionale, a partire dai rapporti dell’IPCC, evidenzia in modo univoco che la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi sono in aumento in tutto il mondo. Questo fenomeno è attribuito principalmente al riscaldamento globale in atto.

Il legame con il cambiamento climatico

L’aumento delle temperature medie globali influisce direttamente sui sistemi atmosferici. L’aria più calda trattiene più umidità, il che rende più probabili precipitazioni intense.

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Allo stesso tempo, l’innalzamento delle temperature oceaniche intensifica uragani e cicloni. I modelli climatici simulano scenari futuri in cui eventi estremi saranno non solo più frequenti, ma anche più imprevedibili e concatenati tra loro. Secondo il “Sixth Assessment Report” dell’IPCC, molte tipologie di eventi estremi mostrano già segnali inequivocabili di intensificazione.

Ruolo delle attività antropiche

Le attività umane non solo contribuiscono al cambiamento climatico attraverso le emissioni di gas serra, ma accentuano anche la vulnerabilità dei territori. L’urbanizzazione selvaggia, la cementificazione dei suoli, la deforestazione e la cattiva gestione delle risorse idriche riducono la capacità di assorbimento degli ecosistemi e amplificano l’impatto degli eventi estremi. Le infrastrutture costruite senza tenere conto del rischio climatico sono meno resilienti e più esposte a danni gravi.

Quali sono gli impatti economici dei fenomeni meteorologici estremi

Le conseguenze economiche degli eventi estremi sono molteplici e si manifestano sia in forma diretta – attraverso danni a beni materiali – sia in forma indiretta, attraverso interruzioni di filiere, riduzione della produttività e aumento dei costi assicurativi.

Danni diretti a infrastrutture e settori produttivi

Alluvioni, incendi e uragani possono distruggere edifici, impianti industriali, strade, reti elettriche e telecomunicazioni. Le infrastrutture critiche sono particolarmente esposte, con conseguenze a catena su settori strategici come energia, trasporti e sanità. Anche il settore edilizio e manifatturiero subisce perdite ingenti quando gli impianti vengono danneggiati o le forniture interrotte.

Costi indiretti e impatto sul PIL

Oltre ai danni materiali, gli eventi estremi generano costi indiretti spesso più elevati: blocco della mobilità, perdita di giornate lavorative, calo della produttività, spostamento di popolazioni, interruzione del turismo.

Secondo le stime dell’OCSE e della Banca Mondiale, le perdite economiche legate al clima potrebbero superare i 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 se non verranno adottate misure efficaci di adattamento.

Settori più vulnerabili agli eventi estremi

Agricoltura e sicurezza alimentare

L’agricoltura è uno dei settori più vulnerabili, poiché dipende direttamente dal clima. Siccità prolungate, grandinate, alluvioni e gelate possono compromettere interi raccolti, provocando perdite economiche per gli agricoltori e instabilità nei mercati alimentari. Le conseguenze si estendono anche alla sicurezza alimentare, soprattutto nei Paesi con minori capacità di adattamento.

Commercio, logistica e trasporti

I sistemi logistici e di trasporto sono sensibili alle interruzioni causate da allagamenti, frane e tempeste. Porti, aeroporti e hub di distribuzione possono andare fuori uso, con effetti immediati sulla catena di approvvigionamento. Anche il commercio al dettaglio soffre quando i flussi di merci e persone vengono bloccati o rallentati.

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Turismo e servizi

Il settore turistico, in particolare quello balneare e montano, risente fortemente delle condizioni climatiche estreme. Ondate di calore, incendi e mareggiate riducono l’attrattività di molte destinazioni, mentre eventi meteorologici imprevedibili scoraggiano le prenotazioni. Anche il settore dei servizi, come ristorazione, spettacolo ed eventi all’aperto, è esposto a rischi crescenti.

Strategie per mitigare l’impatto economico

Adattamento e resilienza delle imprese

Secondo la “Guida alle buone pratiche di adattamento per le imprese europee” pubblicata dalla piattaforma Climate-ADAPT della Commissione Europea (cfr. Guidelines on DEWCE), le aziende che adottano strategie di adattamento climatico possono ridurre in modo significativo i costi legati ai danni e alle interruzioni operative.

Un esempio virtuoso è quello dell’azienda agricola danese Biogrow, che ha investito in sistemi di irrigazione intelligenti e gestione digitale delle colture per resistere meglio alle siccità.

Le imprese, soprattutto quelle operanti nei settori più esposti, devono incorporare il rischio climatico nei propri processi decisionali. Un esempio concreto è quello di Enel, che ha avviato da anni un piano di adattamento climatico basato su un monitoraggio avanzato dei rischi meteorologici per la rete elettrica.

L’azienda ha investito in tecnologie predittive, sistemi di automazione e rafforzamento delle infrastrutture in aree vulnerabili, riducendo sensibilmente i blackout causati da eventi estremi. Questo approccio non solo ha migliorato la continuità del servizio, ma ha anche permesso una riduzione dei costi di manutenzione straordinaria.

Tali strategie dimostrano che un investimento nella resilienza non è solo una misura difensiva, ma una leva competitiva. nei loro processi decisionali e nei piani di sviluppo. Ciò implica la realizzazione di infrastrutture più resistenti agli eventi estremi, la diversificazione delle forniture, l’utilizzo di tecnologie digitali per il monitoraggio del rischio e l’adozione di modelli di produzione più flessibili.

Le imprese che investono in resilienza aumentano non solo la loro capacità di sopravvivere alle crisi, ma anche la loro competitività nel medio periodo. È importante promuovere la formazione interna su questi temi, coinvolgendo tutte le funzioni aziendali, dalla logistica alla gestione finanziaria.

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Politiche di prevenzione e gestione del rischio

Un caso di eccellenza a livello europeo è rappresentato dal piano olandese Room for the River, che ha ridisegnato i paesaggi fluviali per consentire alle acque in eccesso di espandersi in aree controllate, riducendo il rischio di alluvioni. Come indicato nel report finale “Cambiamenti climatici ed eventi estremi in Italia” (Fondazione Centro Euro-Mediterraneo), questo tipo di approccio può essere replicato anche in contesti urbani italiani, dove la gestione del rischio richiede interventi sistemici su scala regionale e metropolitana.

Le istituzioni pubbliche hanno il compito di guidare e sostenere i processi di adattamento, come dimostra il caso della Regione Emilia-Romagna che, attraverso il piano Clima 2025, ha introdotto strumenti avanzati di pianificazione territoriale e allerta precoce per ridurre la vulnerabilità ai fenomeni meteorologici estremi.

Il piano prevede la mappatura delle aree a rischio, investimenti in infrastrutture verdi e l’integrazione della resilienza climatica nelle politiche urbane, dimostrando come un approccio integrato possa tradursi in benefici concreti per le comunità locali. attraverso politiche territoriali e ambientali coerenti.

La pianificazione urbanistica deve tenere conto delle mappe di rischio idrogeologico e climatico, evitando nuove edificazioni in aree vulnerabili. I sistemi di allerta precoce devono essere potenziati e integrati con le reti di protezione civile e con i canali informativi destinati ai cittadini. Inoltre, servono investimenti mirati in opere infrastrutturali, come bacini di laminazione, reti idriche resilienti e barriere contro le mareggiate.

La governance del rischio deve essere multilivello, coinvolgendo amministrazioni locali, regioni e Stato centrale, ma anche il settore privato e la cittadinanza attiva.

Il ruolo dell’assicurazione e degli investimenti

Nel documento IPCC AR6_WGI_Chapter11 viene evidenziato come il divario assicurativo – cioè la differenza tra perdite economiche totali e quelle effettivamente coperte da polizze – sia in crescita in molte aree del mondo, anche in Europa.

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In Italia, secondo il report WWA Guide 2024, meno del 10% delle abitazioni private è coperto da assicurazioni contro rischi naturali. Rafforzare il ruolo delle compagnie assicurative, anche attraverso partenariati pubblico-privati, rappresenta quindi un’azione strategica per aumentare la resilienza economica.

Un altro pilastro fondamentale nella gestione del rischio climatico è rappresentato dal sistema assicurativo. Attualmente, secondo i dati della Commissione Europea, solo circa il 35% delle perdite economiche causate da disastri naturali nell’Unione Europea è coperto da assicurazioni.

Questo livello di copertura varia significativamente da Paese a Paese: in Germania e Francia le assicurazioni coprono oltre il 50% dei danni, mentre in Italia la quota scende sotto il 10%. Queste differenze evidenziano la necessità di rafforzare la cultura assicurativa e promuovere strumenti finanziari innovativi per affrontare i rischi climatici.

In molti Paesi europei, la copertura contro i danni da eventi naturali è ancora limitata, lasciando scoperti milioni di cittadini e migliaia di imprese. Occorre incentivare l’accesso a polizze specifiche, magari attraverso meccanismi di sussidio pubblico o detrazioni fiscali.

Le assicurazioni devono anche innovare i propri modelli di valutazione del rischio, integrando dati climatici aggiornati e scenari previsionali. Parallelamente, il sistema finanziario deve orientare capitali verso investimenti sostenibili e resilienti, in linea con gli obiettivi di adattamento.

I fondi europei per la coesione, il Green Deal e il PNRR rappresentano un’opportunità unica per finanziare progetti che rafforzino la capacità dei territori e delle economie di resistere ai fenomeni estremi.


Prevenire, assorbire e superare gli shock

I fenomeni meteorologici estremi sono una delle manifestazioni più concrete della crisi climatica. La loro frequenza e intensità crescente impongono un cambio di paradigma: non si tratta più solo di reagire all’emergenza, ma di costruire una società capace di prevenire, assorbire e superare gli shock. Le conoscenze scientifiche disponibili, unite alle esperienze maturate a livello internazionale, forniscono le basi per azioni concrete. Ma la sfida resta politica, economica e culturale: ridurre la vulnerabilità, rafforzare la resilienza e guidare la transizione verso modelli di sviluppo sostenibili è oggi una responsabilità condivisa, a tutti i livelli.

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