A cura dei team Tax Incentives & Grants e Tax Controversy & Dispute Resolution
Con la sentenza n. 883/2025 del 4 aprile 2025, la Corte di Giustizia Tributaria (CGT) di secondo grado della Lombardia ha accolto l’appello proposto da una software house destinataria di atti di recupero per presunto indebito utilizzo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, con riferimento agli anni d’imposta 2015–2017.
Nella fattispecie, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato la mancanza del requisito della “novità”, ritenendo i progetti privi di effettivo avanzamento scientifico o tecnologico. La CGT di primo grado di Milano aveva confermato la tesi dell’Ufficio.
La pronuncia d’appello ha, invece, ribaltato l’esito del primo giudizio, ammettendo il diritto all’agevolazione contestato, sulla base della riconosciuta novità del progetto realizzato dalla società, così come comprovato dalla documentazione dalla stessa prodotta e comprensiva, tra l’altro, della certificazione tecnica di cui all’art. 23 del D.L. 73/2022.
Requisito della “novità”: rileva il metodo, non solo il contenuto
In particolare, la Corte ha condiviso l’argomentazione fornita dalla società che mirava a valorizzare il contenuto del progetto “Big Data as a Service”, in quanto esso, pur basandosi su fonti esistenti, presentava elementi di riorganizzazione, selezione critica e metodologica riconducibili a un’attività di ricerca strutturata.
In merito, infatti, il Collegio ha precisato che l’innovazione, specie in ambito digitale, può derivare anche dalla combinazione originale di conoscenze preesistenti, una posizione che si discosta nettamente dall’approccio formalistico adottato dall’Agenzia.
Secondo la sentenza, infatti, “la novità non risiede nei contenuti trattati, ma nelle innovative modalità di estrapolazione, collegamento, riorganizzazione di quei contenuti, secondo una metodologia che oggi potremmo riportare all’attività svolta dall’intelligenza artificiale”.
La decisione, dunque, ribadisce la prevalenza dell’elemento sostanziale rispetto a quello formale, riconoscendo che: “Il carattere innovativo di un progetto di investimento non può misurarsi esclusivamente sulla base dell’effettivo raggiungimento del risultato finale, essendo fisiologico il rischio di insuccesso.”
Certificazione tecnica: elemento chiave nella difesa del credito
Nella motivazione, il Collegio ha, inoltre, richiamato la certificazione ex art. 23 del D.L. 73/2022, prodotta dalla ricorrente e rilasciata da un certificatore indipendente iscritto all’albo del MIMIT.
Con riguardo a tale certificazione, l’Organo giudicante, pur richiamandone in astratto l’idoneità ad esplicare effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi del comma 4 del citato articolo 23, nel caso di specie ha escluso tale effetto, essendo già intervenuto un processo verbale di constatazione delle presunte violazioni relative all’utilizzo dei crediti di imposta, in conformità al comma 2 del citato articolo 23.
Tuttavia, la pronuncia in argomento ha ritenuto di evidenziare come la suddetta certificazione rappresenti in ogni caso un elemento di valutazione tecnica qualificata che l’Amministrazione finanziaria non può ignorare senza una puntuale ed approfondita confutazione e che, pertanto, contribuisce a comporre il quadro documentale che il Collegio giudicante può prendere in esame per la formazione del proprio giudizio.
Tale sentenza rappresenta un primo caso molto importante nel quale il Collegio ha riconosciuto il valore giuridico della certificazione tecnica rilasciata dai certificatori iscritto all’Albo MIMIT, anche qualora tale certificazione sia stata rilasciata al di fuori della procedura prevista attraverso la piattaforma del Ministero.
Da ciò, ne emerge, in conclusione, l’opportunità, per tutte le imprese che hanno avuto accesso al credito d’imposta – sia quello per attività di R&S disponibile negli anni 2015-19, sia quello per attività di R&S, innovazione tecnologica, design ed ideazione estetica previsto a partire dall’anno 2020 – di supportare sempre la documentazione tecnica di accompagnamento dei progetti agevolati con una certificazione rilasciata ai sensi del citato articolo 23 del DL 73/2022.
Questo vale sia per le imprese che non hanno ancora ricevuto controlli sulla spettanza di tali crediti (anche considerato che il periodo di possibile accertamento di tali crediti, 8 anni successivi a quello di effettivo utilizzo, è anche più lungo del periodo di accertamento ordinario), inibendo ab origine contestazioni di natura qualitativa sul credito stesso, sia per quelle imprese che, a seguito di verifica fiscale, hanno già ricevuto atti di contestazione o di accertamento, con irrogazione di significative sanzioni amministrative (i.e. 100% del credito contestato) e altresì con conseguenze in materia penale, dotando il contribuente di argomentazioni tecniche da spendere sia in sede di adesione sia qualora siano costrette a ricorrere in giudizio per veder riconosciuta la spettanza del proprio credito e la correttezza del proprio operato.
A tal fine, si ricorda che PwC è in grado di assicurare tale supporto grazie a professionisti accreditati e iscritti all’albo dei certificatori MIMIT, abilitati a rilasciare perizie tecniche ai sensi dell’art. 23 del DL 73/2022, oltre che ad identificare la migliore strategia difensiva di fronte ad eventuali contestazioni e ad assistervi nelle interlocuzioni con l’Amministrazione finanziaria ovvero in giudizio. Per maggiori informazioni sui nostri servizi o per richiedere un’analisi preliminare, è possibile contattarci attraverso i nostri canali dedicati.
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