Uscita dalle secche; ridisegnata nelle strutture interne con adeguate procedure antiriciclaggio e di istruttoria dei finanziamenti; ora fuori dall’amministrazione giudiziaria – per la prima volta disposta in Italia per un istituto di credito – con tre mesi di anticipo; definita dai giudici «una new company in perfetta compliance, capace di operare sul mercato creditizio correttamente e legalmente»: è l’ultima evoluzione di Banca Progetto, la challenger bank fondata e guidata per sei anni fino allo scorso febbraio da Paolo Fiorentino, top manager di lungo corso in Unicredit prima di avviare la sua iniziativa autonoma nel credito.
L’uscita di Fiorentino e il commissariamento
Fiorentino si è dimesso a febbraio «per motivi personali» e la guida è passata per pochi giorni ad Andrea Varese prima che l’istituto venisse commissariato dalla Banca d’Italia, il 21 marzo, per imporre «un decisivo cambio di passo» nella gestione, scrivono i giudici del tribunale di Milano che giovedì 24 hanno revocato la misura di prevenzione.
Sulla carta dunque è ora una banca pronta ad essere consegnata a un nuovo azionista, se qualcuno si farà davvero vivo con un’offerta vincolante. Ma i tempi si stanno allungando. Erano attese per domenica 20 ma le parti si sono prese ulteriore tempo per analizzare i risultati dell’asset quality review sui crediti e per capire quale sarà l’esigenza patrimoniale effettiva e per disegnare la struttura tecnica delle proposte e l’ammontare di capitale offerto. I primi giorni di agosto potrebbero essere decisivi per arrivare alle manifestazioni di interesse vincolanti, per poi andare a chiudere l’operazione dopo la pausa estiva.
Banca Progetto era cresciuta tanto, troppo in fretta e senza presìdi adeguati. È questo che ha portato l’istituto a finire sotto la lente dei pm Paolo Storari e Silvia Bonardi e della Guardia di Finanza e poi della Banca d’Italia, in seguito a una serie di finanziamenti per circa 10 milioni concessi a società di imprenditori presuntamente contigui alla ‘ndrangheta senza effettuare controlli adeguati.
Il modello di business ad alto rischio
Il modello di business iniziale si basava, lato impieghi, su prestiti coperti dalle garanzie statali del fondo Mcc e di Sace, piazzati attraverso agenti e mediatori; lato della raccolta su depositi vincolati collocati soprattutto all’estero: come rivelato da MF-Milano Finanza giovedì 24, su 7 miliardi oggi presenti nei conti remunerati, oltre 5 miliardi appartengono a risparmiatori residenti in Germania, Spagna e Olanda allettati da tassi fino al 2,9%. Una clientela raggiunta online attraverso il comparatore fintech Raisin, cui Progetto si appoggia, non disponendo di una rete fisica.
A sancire l’avvenuto cambio di passo è il tribunale di Milano che ha messo fine all’amministrazione giudiziaria affidata a novembre a Donato Maria Pezzuto, professionista di esperienza nelle crisi bancarie. La guida è invece ancora in mano ai commissari straordinari Ludovico Mazzolin e Livia Casale, affiancati da un comitato di sorveglianza.
La perdita record del 2024
Sono stati i commissari a chiudere provvisoriamente a maggio il bilancio 2024 con una perdita di 120 milioni, ribaltando i 72 milioni di utili dell’anno prima, in seguito a rettifiche balzate da 63 a 312 milioni. Da qui la necessità di un aumento di capitale stimato inizialmente in almeno 100 milioni. Ma il deterioramento delle posizioni e l’asset quality review condotta con BCG hanno alzato l’asticella a oltre 400 milioni di rettifiche e circa 200 milioni di fabbisogno patrimoniale.
A preoccupare i commissari e i potenziali acquirenti non sono tanto i depositi vincolati quanto la qualità dei prestiti alle imprese e la tenuta delle garanzie statali. Chi può assicurare che Mcc e Sace non contesteranno l’effettività delle garanzie sui prestiti che dovessero andare in default? L’assicurazione copre in media l’80% del finanziamento, ma il rischio residuo è ancora significativo.
Le anomalie anche dopo l’intervento dei giudici
Ma perché si teme che le garanzie possano saltare? Per il modo in cui i prestiti sono stati collocati, anche dopo l’intervento del tribunale e l’arrivo degli ispettori della Banca d’Italia: il più grande, da 3,5 milioni, è stato concesso addirittura a febbraio 2025.
La banca è «rimasta inerte pur a fronte delle sollecitazioni e raccomandazioni di Banca d’Italia e UIF», scrivono i giudici, con «scarsa comprensione» del ruolo del tribunale. L’istituto era retto da una «struttura piramidale verticistica» centrata sull’ad, senza adeguata autonomia tra funzioni operative e di controllo.
Il duro rapporto di Bankitalia
Il rapporto ispettivo del 13 giugno è ancora più netto: «gravi irregolarità nel processo del credito» e «sottostima del rischio di portafoglio». L’ad avrebbe «minimizzato il deterioramento» contando sulle garanzie pubbliche. Criticità anche per cda, collegio sindacale e funzioni di controllo.
Tali carenze potrebbero avere ulteriori impatti patrimoniali, in relazione alle inchieste penali in corso e alla responsabilità dell’ente ex D.lgs. 231/2001. I problemi derivano più dal deterioramento delle esposizioni che da contestazioni sulle garanzie.
I pretendenti prendono tempo
Per questo motivo, nessuna delle manifestazioni d’interesse (Aidexa, Davidson Kempner, Jc Flowers-Oaktree, Banca Cf+) si è ancora tradotta in un’offerta vincolante. I potenziali acquirenti avrebbero ottenuto altro tempo, ma l’obiettivo dei commissari è chiudere prima di Ferragosto con alcune offerte concrete.
Anche il Fitd potrebbe partecipare al rafforzamento patrimoniale, eventualmente caricandosi di parte dei crediti deteriorati. Il coinvolgimento tecnico dipenderà da quanto capitale privato sarà disponibile. Mcc resta cauto, mentre è esclusa – per ora – la partecipazione di Amco.
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