È ufficiale: la corsa tecnologica tra le due maggiori economie mondiali ora corre anche sui binari dell’AI. La Cina ha infatti reso pubblico un piano d’azione globale per l’intelligenza artificiale, invocando la cooperazione internazionale sullo sviluppo e la regolamentazione della tecnologia. Quasi un controcanto rispetto alla strategia varata la scorsa settimana dalla Casa Bianca, un piano denominato “Winning the AI Race: America’s AI Action Plan”, che definisce in modo inequivocabile l’approccio di Donald Trump alla materia. La leadership americana tecnologica dovrebbe basarsi su due principi: ridurre i “pregiudizi woke” nei modelli di intelligenza artificiale e sostenere un’implementazione sovrana, da estendere poi all’estero.
Sfidare gli Usa con un approccio multilaterale all’AI
La strategia cinese va in tutt’altra direzione, ed è stata condivisa durante il discorso di apertura del premier Li Qiang all’edizione 2025 della Conferenza Mondiale sull’intelligenza artificiale, organizzata a Shanghai dallo Stato.
Quest’anno, secondo gli organizzatori, hanno partecipato all’evento più di 800 aziende, presentando più di 3.000 prodotti high-tech, 40 modelli linguistici di grandi dimensioni, 50 dispositivi basati sull’intelligenza artificiale e 60 robot intelligenti. La fiera ospita prevalentemente aziende cinesi, tra cui giganti come Huawei e Alibaba e startup come il produttore di robot umanoidi Unitree. Ma ci sono anche alcuni campioni americani, a partire da Tesla e Amazon.
Nel suo discorso inaugurale, il premier Li ha spiegato che il piano cinese “AI plus” supporterà l’integrazione della tecnologia in tutti i settori e prevede iniziative di sostegno ad altre nazioni, “soprattutto nel Sud del mondo“.
“I due blocchi si stanno ora formando”, ha commentato a caldo, parlando con la Cnbc, George Chen, partner della società di consulenza Asia Group. “La Cina vuole chiaramente attenersi all’approccio multilaterale, mentre gli Stati Uniti vogliono costruire un proprio schieramento, puntando molto sull’ascesa della Cina nel campo dell’AI”. Chen ha sottolineato come Pechino potrebbe attrarre partecipanti dalla sua iniziativa Belt and Road, mentre gli Stati Uniti probabilmente godranno del sostegno dei loro alleati, a partire da Giappone e Australia.
No a un “gioco esclusivo” di pochi Paesi e aziende
L’obiettivo cinese è quello di creare un’organizzazione per promuovere la cooperazione globale sull’intelligenza artificiale, creando un’alternativa agli Stati Uniti. “La Cina vuole contribuire a coordinare gli sforzi globali per regolamentare la tecnologia dell’intelligenza artificiale in rapida evoluzione e condividere i progressi del Paese”, ha dichiarato il premier Li Qiang.
Li non ha citato direttamente gli Stati Uniti, ma il riferimento a Washington è stato piuttosto palese quando ha avvertito che la tecnologia rischia di diventare un “gioco esclusivo” di pochi Paesi e aziende.
La Cina d’altra parte è tutto fuorché isolata: pur avendo sviluppato alternative nazionali, che il ceo di Nvidia Jensen Huang ha elogiato e descritto come “formidabili”, durante quello che è stato il suo terzo viaggio in Cina quest’anno, continuano i contatti, più o meno diretti, con le Big tech americane. Secondo i media locali, l’ex ceo di Google Eric Schmidt, per esempio, avrebbe incontrato giovedì in città il segretario del Partito di Shanghai Chen Jining proprio prima della conferenza sull’intelligenza artificiale. Tra i relatori di sabato figuravano Anne Bouverot, inviata speciale del presidente francese per l’intelligenza artificiale, e l’informatico Geoffrey Hinton, noto come “il padrino dell’intelligenza artificiale”. Il patron di Tesla Elon Musk, che negli anni passati era regolarmente presente alla cerimonia di apertura di persona o in videoconferenza, quest’anno invece non è intervenuto.
Puntare a una governance globale dell’AI
A prescindere dalla situazione attuale, la Cina sostiene che “l’intelligenza artificiale debba essere condivisa in modo aperto e che tutti i Paesi e le aziende abbiano gli stessi diritti di utilizzarla”, e Li ha precisato che Pechino è disposta a condividere la sua esperienza di sviluppo.
Un’altra preoccupazione di Pechino riguarda la regolamentazione dei rischi legati alla tecnologia. Li ha parlato anche di colli di bottiglia dovuti a una fornitura insufficiente di chip e a restrizioni allo scambio di talenti. “La governance globale dell’AI è ancora frammentata. I Paesi presentano grandi differenze, soprattutto in termini di concetti normativi e regole istituzionali”, ha affermato. “Dovremmo rafforzare il coordinamento per creare un quadro di governance globale dell’AI che goda di un ampio consenso il prima possibile“.
Alla conferenza di Shanghai, inoltre, il viceministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu ha dichiarato a una tavola rotonda di rappresentanti di oltre 30 paesi (tra cui Russia, Sudafrica, Qatar, Corea del Sud e Germania) che la Cina desidera promuovere una cooperazione pragmatica rispetto all’intelligenza artificiale gestita da un’organizzazione ad hoc che avrebbe come sede centrale proprio Shanghai.
Il Ministero degli Esteri ha pubblicato online un piano d’azione per la governance globale dell’intelligenza artificiale, invitando governi, organizzazioni internazionali, imprese e istituti di ricerca a collaborare e promuovere gli scambi internazionali, anche attraverso una comunità open source transfrontaliera.
E l’Europa? Ancora ferma a parlare di regole del gioco
Mentre sulle due sponde del Pacifico si danno le briglie per quella che sarà la corsa del secolo, nella vecchia Europa si continua a parlare di lacci e lacciuoli. Come riportato dal portale Mlex, la Commissione di Bruxelles ha infatti esortato i Paesi dell’Unione ad accelerare i preparativi per l’AI Act prima della scadenza del prossimo 2 agosto. Entro sabato, gli Stati membri devono infatti designare le autorità competenti, definire le sanzioni e riferire sulle risorse e sulla preparazione.
La Commissione ha fornito un modello dettagliato per consentire ai Paesi dell’Ue di autovalutare l’adeguatezza delle proprie autorità nazionali, nonché linee guida che chiedono loro di giustificare le scelte relative alla propria struttura di governance.
“Sebbene sia pienamente consapevole dei preparativi in corso nel vostro Stato membro, desidero sottolineare l’importanza di una tempestiva istituzione della governance nazionale per preparare l’inizio della sua applicazione e del suo rispetto”, si legge in un “promemoria di cortesia” che Roberto Viola, capo del dipartimento per le politiche digitali della Commissione, ha inviato agli ambasciatori del blocco alla fine di giugno.
Se la legislazione nazionale non sarà stata formalmente adottata entro la scadenza del 2 agosto, l’esecutivo dell’Ue chiederà agli Stati membri di fornire un aggiornamento su eventuali fasi intermedie, sulla data di adozione prevista e su eventuali elementi prevedibili che potrebbero influire sulla tempestiva adozione. Nel frattempo Stati Uniti e Cina galoppano.
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