“L’accordo commerciale concluso tra Ue ed Usa avrebbe dovuto portarci fuori dal clima di incertezza che ha caratterizzato l’economia globale e quella del nostro paese in questi ultimi mesi: siamo ben lungi dal poterne prevedere i reali effetti e molte cose devono ancora essere chiarite”. A intervenire è la Confesercenti provinciale di Rimini.
“L’intesa siglata rappresenta sicuramente un miglioramento rispetto allo spettro agitato dall’amministrazione americana di tariffe al 30% ma come tutti gli osservatori hanno evidenziato, è un netto peggioramento rispetto alla situazione preesistente, con dazi con aliquota media del 4,8%: si tratta di dazi triplicati”.
“A questo si deve sommare la svalutazione del dollaro, che rende le merci Usa più competitive e peggiora invece la situazione del mercato turistico italiano: secondo nostre stime potrebbe avere un impatto forte, con circa 300 mila presenze turistiche Usa in meno in Italia ed un calo di 600 milioni della spesa turistica americana. Nel corso del secondo semestre potrebbe, dunque, determinarsi un rallentamento che porterebbe la crescita del Pil a 0,5-0,6%, per rallentare ulteriormente nel 2026 allo 0,4%. Anche con l’accordo, il nostro export potrebbe subire una contrazione di circa 10 miliardi, con un effetto a cascata anche sul mercato del lavoro e sui consumi interni e una minore spesa delle famiglie di circa 2,8 miliardi di euro di consumi, 9,7 miliardi in meno di Pil”.
“Apprezziamo molto che, in questa direzione, a fronte di una svalutazione del dollaro al 17% che si somma ai dazi, il ministro Tajani abbia annunciato – durante la convocazione nel pomeriggio alla Farnesina dei rappresentanti delle imprese – la necessità di un intervento della Bce per fornire migliori condizioni di credito alle imprese”.
“Infine, c’è il capitolo web tax: in attesa di ulteriori chiarimenti, sembrerebbe definitivamente naufragata l’ipotesi di una seppur minima tassazione dei “giganti del web” volta a riequilibrare seppur parzialmente le condizioni operative dei negozi fisici rispetto ai colossi di internet. In questa direzione, ricordiamo che una Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio europeo già nel 2018 evidenziava una disparità sconcertante: le imprese digitali erano soggette a un’aliquota fiscale effettiva media del 9,5% a fronte del 23,2% applicato ai modelli d’impresa tradizionali”.
“Uno scenario ancora in chiaroscuro, ma che a carte scoperte auspichiamo possa prefigurare un accordo nel complesso bilanciato per la nostra economia. Saranno presumibilmente necessarie politiche di sostegno alle imprese per scongiurare una fase recessiva e dare stabilità e prospettive agli investimenti”.ù
La posizione di Coldiretti Rimini
“Il nuovo accordo commerciale tra Europa e Stati Uniti che prevede dazi al 15% sui prodotti agroalimentari – rispetto all’ipotesi iniziale del 30% – rappresenta un passo avanti, ma non basta a proteggere pienamente le imprese del territorio”. È quanto afferma Coldiretti Rimini, richiamando l’urgenza di misure compensative da parte dell’Unione Europea e chiedendo massima attenzione alle ricadute locali del nuovo assetto tariffario.
“Non possiamo accettare che a pagare siano ancora una volta le imprese agricole del territorio, che già fronteggiano rincari, instabilità climatica e concorrenza sleale – dichiara il presidente di Coldiretti Rimini, Guido Cardelli Masini Palazzi -. La provincia di Rimini conta su filiere di qualità che contribuiscono a definire l’identità della Romagna: parliamo di vino, olio, ortofrutta e formaggi, tutti potenzialmente colpiti dalla rimodulazione dei dazi. L’export è un asset fondamentale per le nostre aziende, e ogni freno commerciale rischia di mettere in crisi comparti chiave della nostra economia rurale”.
Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio della Romagna, aggiornati al primo semestre 2025, l’agroalimentare riminese ha generato oltre 48 milioni di euro di export verso gli Stati Uniti, trainati principalmente da vino, conserve e trasformati. Si tratta di un incremento del 7,2% rispetto al 2024, a conferma della competitività del comparto e della sua centralità nelle dinamiche internazionali.
“Il vino e le produzioni trasformate sono tra i settori più vulnerabili all’aumento dei dazi – aggiunge il direttore Alessandro Corsini –. Ci aspettiamo che l’Europa metta immediatamente in campo risorse di compensazione e strategie di valorizzazione delle nostre eccellenze. Serve anche una forte azione contro il fenomeno dell’Italian sounding, che negli Usa continua a sottrarre valore alle nostre produzioni autentiche, con falsi come ‘romano cheese’ o ‘parmesan’”.
In un contesto economico già reso fragile da rincari e eventi climatici estremi, Coldiretti Rimini ribadisce la necessità che ogni accordo commerciale venga accompagnato dal rispetto rigoroso dei principi di reciprocità: “Nessun prodotto estero deve entrare nel mercato europeo se non rispetta gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali a cui sono sottoposte le imprese italiane”.
Il vicedirettore Giorgio Ricci, con un focus più tecnico, sottolinea: “Serve un’attenta lettura della lista dei prodotti inclusi e esclusi dalle esenzioni. Le imprese locali chiedono certezze. Senza una reale tutela dei comparti a rischio, rischiamo di disperdere valore e posti di lavoro. I dazi non colpiscono solo l’export, ma creano effetti a catena sulle filiere di trasformazione, distribuzione e logistica”.
Come evidenziato anche da Coldiretti Emilia-Romagna, la regione esporta quasi un miliardo di euro di prodotti agroalimentari negli Stati Uniti, rappresentando il 12,7% del valore nazionale. Un dato che conferma quanto il territorio romagnolo – e in particolare la provincia di Rimini – sia esposto a ogni cambiamento nei rapporti commerciali transatlantici.
“Chiediamo alla Commissione Ue di lavorare subito sulla lista dei prodotti esenti da dazio – conclude Cardelli Masini Palazzi -. Il vino, ad esempio, non può restare escluso: sarebbe un colpo durissimo per i nostri produttori. Senza un’azione rapida e concreta, la fiducia delle imprese rischia di crollare”.
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