L’astronauta italiana è a capo del progetto Leo Cargo return Service dell’Esa che punta a portare in orbita bassa inizialmente moduli cargo per rifornire la ISS e tornare e, in futuro, equipaggi umani
Samantha Cristoforetti (ma per tutti Astro_Samantha), dopo due lunghi soggiorni sulla stazione spaziale con il ruolo anche di comandante, che cosa la impegna oggi nell’Agenzia spaziale europea Esa?
«Attualmente mi occupo del programma LEO Cargo Return Service (LCRS), che punta a dare all’Europa la capacità non solo di raggiungere l’orbita bassa, ma anche di rientrarne. L’obiettivo è sviluppare un veicolo pressurizzato, riutilizzabile, in grado di rifornire la ISS e le future stazioni spaziali commerciali, e di riportare materiale a Terra. La grande novità per l’Europa è nella capacità di rientro, ma anche nell’approccio di procurement; l’Esa copre solo il 60% dei costi, chiedendo alle imprese di co-investire il restante 40% in cambio dell’opportunità di poter vendere in futuro un servizio. Due consorzi sono già stati selezionati, guidati da Thales Alenia Space-Italia e dalla startup The Exploration Company, che sta a sua volta espandendo la presenza in Italia. L’obiettivo è quello di eseguire una prima missione verso la Stazione Spaziale Internazionale entro pochi anni, prima che questa venga dismessa».
Come vede la situazione attuale nei rapporti con la Nasa che minaccia di tagliare collaborazioni anche con l’Esa, in particolare la missione di recupero campioni di suolo marziano che già coinvolge molte aziende europee come Thales Alenia Space in Italia?
«Gli Stati Uniti hanno recentemente segnalato l’intenzione di rivedere al ribasso alcuni grandi programmi di esplorazione, e Mars Sample Return è uno dei programmi più esposti a questa dinamica, ma certo non l’unico. Per l’Europa la situazione è delicata, perché abbiamo un’influenza molto limitata sulla governance di questi grandi programmi a guida Nasa. È fondamentale agire con lucidità e pragmatismo: salvaguardare il rapporto con la Nasa, che resta un partner insostituibile in molte aree, ma allo stesso tempo non rinunciare a costruire opzioni autonome, che ci rendano meno vulnerabili in futuro a scelte unilaterali altrui. Il programma LEO Cargo Return Service, in questo senso, è un passo nella giusta direzione e peraltro è supportato da Nasa, che vedrebbe con favore avere nell’Europa un partner più forte e capace».
Ci avviciniamo alla riunione dei ministri dei Paesi europei di novembre, a Brema, che deciderà i nuovi programmi dell’Esa comprese le missioni per un insediamento sulla Luna: quali sono per lei le priorità dell’Europa spaziale in generale e su cui si dovrebbe investire di più?
«Sull’esplorazione spero che alla riunione ministeriale di Brema vengano fatte scelte strategiche che rafforzano l’autonomia dell’Europa e colmano il nostro gap di capacità, a partire dall’orbita bassa. Banalmente, mi chiedo quanto il grande pubblico sia consapevole, per esempio, che in Europa non abbiamo mai avuto una capacità autonoma di trasportare astronauti in orbita. Questo può sembrare a molti un problema poco rilevante, ma le potenze spaziali che hanno competenze a 360° sono anche quelle la cui industria spaziale può meglio fornire gli asset e i servizi che sono ormai essenziali per la crescita economica e la sicurezza».
L’autonomia del volo umano potrà/dovrà quindi essere un obiettivo anche per l’Europa?
«Io confido che avremo questa ambizione. Non adesso, forse, ma nel giro di pochi anni. I veicoli cargo che stiamo sviluppando nel progetto Leo Cargo Return Service per la Stazione Spaziale potranno essere adattati senza modifiche fondamentali per il trasporto di equipaggio, proprio come SpaceX ha fatto con la sua Dragon».
Che cosa ne pensa dell’arrivo delle nuove stazioni spaziali private intorno alla Terra: rappresentano una vera opportunità per lo sviluppo delle attività scientifiche ed economiche in orbita bassa?
«Certamente, anche perché dopo la dismissione della ISS, prevista alla fine del 2030, le Stazioni Commerciali saranno le uniche piattaforme, oltre alla Stazione Spaziale Cinese, per effettuare ricerca e sviluppo in microgravità».
Spazio pubblico o spazio privato: quale direzione è preferibile? Che cosa ne pensa dell’ingresso nello spazio di personaggi come Musk e Bezos che grazie alle loro possibilità economiche possono influenzare le scelte politiche per lo spazio (negli Usa)?
«Lo spazio non è diverso da altri settori socio-economici. Il settore privato può portare risorse economiche, agilità, accettazione del rischio e spero che ciò accada sempre di più anche in Europa, dove la minore disponibilità di capitali e la frammentazione della domanda sono uno svantaggio competitivo rispetto agli Stati Uniti. Dove ci sono interessi pubblici, come quello di preservare la fruibilità delle orbite o garantire la difesa e la sicurezza, gli obiettivi strategici e le regole vanno definite nell’interesse della collettività».
Nel trasporto in orbita l’Europa è rimasta indietro rispetto agli Stati Uniti e ora emerge una certa confusione nelle iniziative e nei rapporti tra i vari Paesi. Quale è secondo lei la via da seguire per recuperare il tempo perduto e riconquistare la necessaria autonomia?
«Penso che la European Launcher Challenge adesso avviata in Esa sia un primo passo concreto nella giusta direzione: non più un singolo programma pubblico, ma una competizione tra operatori privati europei, che devono contribuire con un investimento significativo e rispettare delle milestone di sviluppo ravvicinate e stringenti. Avere in Europa più competizione non potrà che aiutarci nel recuperare almeno in parte il gap di capacità e costi nei confronti di SpaceX, in particolare».
Dopo due missioni sulla stazione spaziale Astro_Samantha ha nostalgia delle esperienze passate in orbita e vorrebbe ripeterle, oppure preferirebbe una missione sulla Luna?
«Dopo due missioni di sei mesi ciascuna, la Stazione Spaziale mi manca come luogo amato, ma non come sfida professionale. Rifare questa esperienza sarebbe ripetitivo, e a ogni modo ci sono tanti giovani colleghi, inclusi Anthea Comellini e Andrea Patassa, astronauti del gruppo di riserva dell’Esa, che sono in attesa della loro prima opportunità di volare nello spazio. La Luna? Chissà. Al momento non è una prospettiva concreta, e per ora tutte le mie energie sono spese con convinzione sul progetto Leo Cargo Return Service per dare all’Europa un veicolo di collegamento autonomo con la stazione Iss».
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