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Quali conseguenze ci saranno per le case a Milano dopo inchieste corruzione? Come cambieranno i prezzi?


La bufera giudiziaria che ha travolto il settore urbanistico milanese ha acceso i riflettori su un sistema che ha sostenuto il prestigio della città nel panorama europeo degli investimenti immobiliari. Le inchieste per corruzione, che coinvolgono professionisti, funzionari pubblici e operatori del real estate mettono in discussione un modello fondato sulla velocità delle trasformazioni urbane, sulla progettazione visionaria e sulla sinergia tra capitale pubblico e privato. Da quando sono emersi i primi dettagli, la parola più ricorrente tra gli addetti ai lavori è incertezza. Non è solo il destino dei cantieri a essere sospeso, ma anche quello della fiducia, un bene intangibile che, nei mercati immobiliari, vale quanto il cemento armato.

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L’effetto immediato è sotto gli occhi di tutti: blocchi delle nuove edificazioni, autorizzazioni congelate, gare annullate o posticipate a data da destinarsi. Il risultato è una città che dopo anni di espansione verticale e orizzontale rallenta la sua corsa. Si tratta di una frenata improvvisa in un sistema abituato ad accelerare. E questo rallentamento si riverbera su ogni segmento della filiera: progettisti che rinviano, banche che attendono, imprese edili che ricalibrano i piani. Milano, oggi, è un grande cantiere in apnea.

La scarsità alimenta la rivalutazione degli immobili marginali

La domanda non si è dissolta, ma ha cambiato bersaglio. Se il nuovo stenta a farsi largo, complice l’incertezza normativa e i tempi più lunghi di realizzazione, torna a crescere l’interesse per l’usato. Ma attenzione: non l’usato qualsiasi, bensì quello ben tenuto, posizionato in aree dinamiche e già oggetto di riqualificazione urbana. È qui che si gioca oggi la partita. La riduzione dell’offerta di nuove costruzioni sta riabilitando categorie immobiliari fino a poco tempo fa considerate residuali. I seminterrati, i piani rialzati, i tagli atipici iniziano ora a ricevere visite e proposte, segno che la domanda si sta adattando a un’offerta meno brillante.

È in questo contesto che si spiega l’aumento del magazzino invenduto: secondo gli operatori, lo stock è cresciuto del 6% nell’arco di dodici mesi, non tanto per calo di interesse, quanto per una difficoltà di accesso al credito e per la necessità di ridefinire i criteri di scelta. Chi può permettersi un immobile di alta qualità punta sulle poche soluzioni semi-nuove disponibili, magari risalenti agli anni 2010-2015, oggi vere e proprie chicche per chi vuole restare in città senza attendere due anni per un rogito. Chi invece deve fare i conti con budget più limitati si orienta sulle soluzioni già presenti sul mercato, anche a costo di rinunciare al comfort del nuovo. In entrambi i casi, la dinamica dei prezzi non registra alcun cedimento. Al contrario, la scarsità genera pressione verso l’alto, soprattutto nelle zone dove la domanda rimane strutturalmente elevata.

Prezzi in ascesa tra periferie in espansione e centro saturo

Una delle contraddizioni più evidenti che emergono da questa fase è questa: mentre la qualità media degli immobili cala, i prezzi continuano a salire. È la legge di mercato, nella sua forma più pura: meno case disponibili significa più concorrenza per ogni singola unità. E questo fenomeno non riguarda soltanto le aree di pregio. In centro, zone storicamente dorate come Brera o Magenta vedono richieste intorno ai 13.000 euro al metro quadro, ma fanno fatica a chiudere le trattative, perché spesso gli immobili non sono all’altezza del prezzo richiesto. In periferia quartieri come Lambrate, Nolo, Accursio e Bovisa si confermano protagonisti di una nuova centralità urbana, dove la presenza di servizi, infrastrutture e progetti di rigenerazione fa da volano ai valori.

Il caso emblematico è l’ex scalo di Porta Vittoria: un’area considerata secondaria fino a pochi anni fa, oggi sede di operazioni che sfiorano i 7.400 euro al metro quadro. E che dire della performance di zone come Piazzale Accursio e via Varesina, dove immobili nuovi e usati si scambiano intorno ai 5.000 euro al metro quadro?. Ma è soprattutto l’hinterland a mostrare il dinamismo più forte: Arese, Bollate, Lainate e Rho, complici i costi più bassi e la presenza di progetti in fase avanzata, sono diventate mete ambite per chi vuole investire in nuove costruzioni accessibili, con prezzi ancora inferiori ai 4.000 euro al metro quadro. Qui la domanda è così viva da far registrare il tutto esaurito in quasi tutti i cantieri aperti, a dimostrazione di quanto il mercato sia disposto a uscire dal perimetro pur di trovare un compromesso tra qualità e prezzo.

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Come vuole investire oggi tra timori e opportunità

La città resta attrattiva, ma le condizioni sono mutate. Il modello Milano, costruito su velocità decisionale, investimenti stranieri e progetti iconici, rischia un congelamento temporaneo. Gli esperti invitano alla prudenza senza cedere al pessimismo. Il brand Milano è troppo forte per essere demolito da un’indagine, soprattutto se questa si chiuderà senza scossoni sistemici. Bisogna capire quanto durerà l’incertezza. Se i tempi si allungheranno o se l’inchiesta coinvolgerà altri operatori strategici, allora sì, potrebbe cambiare la percezione globale del mercato.

Per ora, però, il danno resta più reputazionale che economico. E la reputazione può essere restaurata più rapidamente dei fondamentali. In termini pratici, chi dispone di capitale e ha un orizzonte di lungo periodo può ancora trovare ottime occasioni, soprattutto nelle aree in via di trasformazione o nei segmenti non ancora esplosi. Anche perché l’effetto-riflesso sulle altre città italiane è minimo: la Milano degli investitori non ha un vero sostituto nel nostro Paese, e ciò che accade sotto la Madonnina si riflette su scala nazionale, ma non in modo selettivo.

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