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Più formazione per innovare la tecnologia digitale che “trasforma” la salute


Telemedicina, intelligenza artificiale tecnologie e dispositivi indossabili. Non sono tecnologie del futuro, ma strumenti attuali, che già compongono la risposta di salute per tanti italiani. Fare in modo che diventino un vantaggio accessibile a tutti è la sfida dei sistemi sanitari e pure dell’industria di settore, se vuole mantenere il grado di eccellenza per il Paese.

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Il presidente dell’Associazione farmaceutici industria (Afi), Giorgio Bruno, racconta in questa intervista come l’Italia giochi un ruolo cruciale in Europa, visto che le sue imprese superano la media del Vecchio continente in fatto di adozione e sviluppo di innovazioni. Il tema della trasformazione in atto nella sanità sempre più digitalizzata è stato al centro del 64esimo Simposio, che l’Afi ha tenuto a Rimini dall’11 al 13 giugno, durante il quale si sono succedute 18 sessioni scientifiche.

Dietro le opportunità di uno sviluppo così repentino delle tecnologie però ci sono necessità ineludibili: la formazione di nuove figure professionali, l’adeguamento dei percorsi accademici, l’aggiornamento delle competenze del personale impiegato per sfruttare appieno il potenziale e la maggiore collaborazione tra il settore pubblico e il privato.

Presidente Bruno, tra dieci anni come immagina l’industria della salute italiana?

Mi auguro che l’industria della salute sappia rispondere ai bisogni delle persone. Non dobbiamo infatti dimenticare che il nostro focus è il paziente, al centro di tutta l’attività. La pandemia ci ha insegnato che senza la salute non c’è vita e non c’è economia. Dobbiamo quindi lavorare attraverso la digitalizzazione, i nuovi processi e le tecnologie già applicate nell’industria farmaceutica.

I dati di Istat e Farmindustria ci dicono che la diffusione delle tecnologie nel settore è superiore alla media nel resto d’Europa. Ciò è in linea con la tradizione italiana che è sempre stata una eccellenza, in posizione concorrente con la Germania. Si tratta però di una trasformazione profonda e importante. Dobbiamo far sì che questi cambiamenti siano capaci di garantire al Paese e alle persone la crescita sia economica sia sociale, senza dimenticare che il fine ultimo è il miglioramento della qualità della vita, attraverso l’accesso alle cure che permetta le stesse opportunità di trattamento.

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Gruppi di studio focalizzati sulla persona

La digitalizzazione sta rivoluzionando l’erogazione dei servizi al paziente. Quali sono le sfide maggiori che le aziende farmaceutiche e le strutture sanitarie devono affrontare per integrare queste tecnologie?

Una riguarda la telemedicina che è estremamente diffusa. In base agli ultimi dati, già l’80% delle farmacie la utilizza e amplia così l’accesso ai servizi sanitari. Sono anche consigliere dell’Ordine dei farmacisti di Milano e posso dire che si sta seguendo in modo diretto il tema dello sviluppo delle tecnologie e dei servizi, fra cui la telemedicina, ma anche dei nuovi dispositivi medici indossabili che consentono di dare in tempo reale risposte alle domande di salute del paziente. Come Afi, inoltre, abbiamo creato dei gruppi di studio focalizzati su questi sistemi centrati sulla persona perché non dobbiamo dimenticare che quando un paziente prende un farmaco si aspetta un miglioramento della qualità della vita.

Al Simposio si è parlato di intelligenza artificiale, machine learning, Iot e blockchain. Quali ritiene avranno l’impatto più immediato e trasformativo sul settore nei prossimi 3-5 anni e in quali aree specifiche (es. ricerca e sviluppo, produzione, diagnosi, terapia)?

Lavoro dall’inizio degli anni ‘80 nell’industria farmaceutica. Da allora, sicuramente ci sono stati cambiamenti epocali. Oggi i software per la gestione dei servizi in cloud sono quelli che stanno dando la possibilità di gestire al meglio i dati. Attraverso la digitalizzazione, i dati possono essere raccolti, archiviati e analizzati in modo molto più veloce e più efficiente. Anche l’intelligenza artificiale, se utilizzata nel modo corretto, è utile ma è allo stesso tempo fondamentale formare le persone che usano tutte queste tecnologie. Oggi secondo Farmindustria, negli ultimi tre anni sono aumentate del 400% le molecole di sviluppo nel mondo, identificate grazie agli algoritmi di intelligenza artificiale, che hanno permesso un aumento del 20% del miglioramento dell’aderenza terapeutica e della qualità della vita stimato del 40%. Tali tecnologie diventano importanti se applicate nel più breve tempo possibile. Bisognerà, però, prima formare le persone per poterle utilizzare bene a fondo. Nello specifico, l’intelligenza artificiale generativa sicuramente ci può dare grandissimi vantaggi nel fare una analisi molto avanzata, in modo da trasformare i dati grezzi in strategici e capire in modo molto più efficace dove poter indirizzare i processi, avviare la produzione e andare infine sul mercato. Nei prossimi tre anni le tecnologie (machine learning, internal think, blockchain e intelligenza artificiale generativa) sicuramente ci permetteranno di migliorare le nostre aree partendo dalla ricerca e dallo sviluppo fino all’andare incontro alle esigenze del paziente.

Il nodo della formazione

Ritiene che il divario di competenze digitali sia un ostacolo significativo per l’innovazione nel settore della salute in Italia e quali strategie dovrebbero essere adottate a livello nazionale per colmarlo?

Questo è un punto critico. Dobbiamo sicuramente fare cultura perché gli strumenti digitali sono estremamente importanti e possono dare grandi benefici, però devono essere utilizzati in modo corretto con figure professionali e competenze. Formazione e conoscenza devono essere diffuse a 360°. Abbiamo bisogno di persone che sappiano effettivamente che cosa vuol dire gestire in modo corretto l’intelligenza artificiale, i dati, la digitalizzazione e i processi decisionali. Ci vuole una formazione e un aggiornamento delle competenze per rimanere allineati alle tecnologie che stanno facendo effettivamente dei passi da gigante.

Università al passo con le richieste delle imprese

Il mondo accademico risponde alle esigenze dell’industria?

Indubbiamente si stanno facendo grossi sforzi anche se, secondo me, i percorsi di laurea dovrebbero essere rivisti andando incontro alle esigenze, cambiando anche la cultura del Paese. L’accademia ha fatto e fa tanto perché si arrivi a livelli di eccellenza ma deve adeguarsi anche alle nuove tecnologie. Dovrebbe esserci maggior collaborazione tra il privato e il pubblico, inteso come la scuola, gli istituti tecnici, i licei e le università per preparare i tecnici.

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