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Nella Motor Valley il Made in Italy genera cultura


Tra le aree più dinamiche e riconosciute d’Europa per innovazione, cultura industriale e qualità della vita, l’Emilia-Romagna rappresenta oggi uno dei motori del Paese, nel senso più ampio e simbolico del termine. Qui, arte e manifattura, ricerca e tradizione, saper fare e storytelling convergono dando vita a un ecosistema dove la cultura non è periferica, ma centrale nel definire identità, attrattività e sviluppo. L’Emilia-Romagna si è confermata anche negli anni postCovid uno dei motori dell’economia italiana, con un Pil pro capite tra i più alti d’Europa, tassi di occupazione stabili e un tessuto produttivo dinamico, fondato su manifattura avanzata, meccatronica, agroalimentare e biomedicale. Insieme a Lombardia e Veneto, compone l’asse settentrionale che da solo genera oltre il 40% del Pil nazionale e più della metà dell’export italiano. A trainare la crescita sono le Pmi innovative, la qualità delle infrastrutture e un forte legame tra impresa, università e territorio. L’Emilia-Romagna eccelle anche per capacità di attrarre investimenti e valorizzare il Made in Italy unendo competitività globale e coesione sociale. La forza di queste economie risiede in un modello territoriale policentrico, basato su piccole e medie imprese, ma anche su grandi eccellenze industriali, capaci di esportare e innovare costantemente.

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Nel cuore di questa regione si estende la cosiddetta Motor Valley, un distretto unico al mondo dove design, ingegneria e immaginario collettivo si intrecciano in un ecosistema produttivo e culturale senza eguali. Qui nascono marchi leggendari come Ferrari, Maserati, Lamborghini e Ducati: icone dell’automobilismo e simboli del Made in Italy. Su tutti spicca Ferrari, emblema di eccellenza tecnica e mito globale. Ma Ferrari è anche cultura: racconto di stile, velocità e visione italiana proiettata nel mondo. A testimoniarlo, da quasi trent’anni, ci sono i Musei Ferrari di Maranello e Modena, che sotto la direzione di Michele Pignatti Morano hanno vissuto una profonda trasformazione. Accanto all’industria, cultura e turismo sono asset strategici. Progetti come «Discover Ferrari & Pavarotti Land» integrano arte, musica e motori, trasformando il territorio in un’esperienza immersiva, un turismo culturale di qualità che racconta il Made in Italy garantendo uno sviluppo sostenibile e coerente con l’identità territoriale, la tutela del capitale culturale e paesaggistico e l’integrazione di turismo e filiere locali, contribuendo a rafforzare la credibilità del brand Italia.

Nato in Sudafrica, con un background internazionale maturato tra Africa, Austria e Regno Unito, Pignatti Morano è entrato in Ferrari nel 2004, ricoprendo ruoli strategici tra marketing e sviluppo del brand. Dal 2007 al 2016 ha fatto parte della Scuderia Ferrari, dove negli ultimi due anni ha guidato il team sponsorizzazioni e ha seguito lo sviluppo dei progetti legati ai parchi a tema, come Ferrari World ad Abu Dhabi e Ferrari Land a PortAventura. Dal 2016 è alla guida dei Musei Ferrari, che ha trasformato in veri e propri poli culturali: luoghi capaci di attrarre un pubblico globale e, al tempo stesso, restituire al territorio un racconto identitario profondo, fondato su storia industriale, ricerca estetica e innovazione tecnologica. Sotto la sua guida, il Museo Ferrari di Maranello ha vissuto una profonda trasformazione, registrando record di affluenza e consolidando il suo ruolo come polo culturale e turistico di rilevanza internazionale.

Il Museo Ferrari di Maranello è stato inaugurato nel 1990 come Galleria Ferrari e il Museo Enzo Ferrari di Modena nel 2012, sulla scia della Fondazione Casa di Enzo Ferrari-Museo, istituita nel 2003 con la collaborazione di Comune, Provincia e Camera Provincia e Camera di Commercio di Modena, Automobile Club d’Italia e Ferrari. I Musei Ferrari sono un simbolo identitario per il territorio e non solo. Qual è il legame culturale con la regione e in che modo questa connessione viene valorizzata nell’esperienza museale?
Il legame con il territorio è profondissimo: basti pensare che il giallo, il colore scelto da Enzo Ferrari (1898-1988) per rappresentare il marchio, è il colore della città di Modena. La storia della Ferrari nasce con la Scuderia fondata a Modena nel 1929, ed è proprio qui che è nato il secondo museo, creato con l’obiettivo di valorizzare il territorio. Il Museo Ferrari di Modena è stato inaugurato nel 2012 grazie a una fondazione composta da enti locali, come il Comune e la Camera di Commercio, con lo scopo di promuovere non solo il marchio Ferrari ma anche la Motor Valley e i marchi legati al mondo automobilistico come Maserati, Ducati, Lamborghini ecc. Tuttavia, non avendo ottenuto i risultati sperati, nel 2014 Ferrari ha deciso di assumere direttamente la gestione del museo. Da allora si sono consolidate due identità museali: quella di Modena, che celebra soprattutto le corse, e quella di Maranello, più focalizzata sull’azienda. I Musei Ferrari rappresentano un unicum nel panorama dei musei d’impresa: due realtà distinte, ma complementari. Per valorizzare il legame con il territorio, sono nati progetti come «Discover Ferrari & Pavarotti Land», che mettono in luce anche altre eccellenze locali a partire dal celebre tenore. Il percorso tra i due musei diventa così un’esperienza completa per i visitatori, che possono arricchirla con la scoperta delle produzioni simbolo della regione: i caseifici del Parmigiano Reggiano, le cantine del Lambrusco e le acetaie dell’aceto balsamico. È un legame autentico e profondo, di cui andiamo fieri: l’anno scorso abbiamo superato le 850mila visite complessive tra le due sedi, un dato che dimostra come i Musei Ferrari siano ormai un asset turistico fondamentale per la regione. Molti visitatori scelgono Modena e Maranello principalmente per visitarli e per vivere questa esperienza culturale. 

Qual è la provenienza del pubblico dei Musei Ferrari e che tipo di collaborazioni instaurate con enti e istituzioni locali per promuovere insieme il turismo e il brand dell’Emilia-Romagna?
Il rapporto con gli enti locali è molto stretto. Partecipiamo regolarmente a iniziative territoriali come il Motor Valley Fest, la Notte Rossa, e altri eventi simili che rafforzano il legame con la comunità locale. I musei sono frequentati da un pubblico italiano (circa il 40%), mentre il restante 60% è composto da turisti internazionali che arrivano da tutto il mondo: Brasile, Nuova Zelanda ecc. Ferrari rappresenta un simbolo del Made in Italy, riconoscibile a livello globale. Nonostante ciò, ci aspetteremmo un’affluenza ancora più significativa dal pubblico nazionale. Ferrari è un brand del lusso, ma con una forte componente popolare. Il nostro pubblico è molto eterogeneo: dai proprietari di auto Ferrari agli appassionati del Cavallino Rampante. All’interno dell’azienda ci sono divisioni che si rivolgono a target specifici, mentre i Musei hanno il compito di essere trasversali, devono parlare sia a un pubblico esclusivo sia ai tifosi per cui la visita costituisce un’esperienza altamente significativa e desiderata. Non siamo un museo da visita ripetuta, ma siamo diventati una vera e propria tappa turistica, anche grazie alla nostra posizione strategica: vicini sia a Milano che a Firenze. 

In che modo i musei d’impresa, come Ferrari, possono valorizzare la promozione dell’identità italiana e del Made in Italy?
Ferrari è uno dei simboli più potenti del Made in Italy. I Musei Ferrari non sono solo luoghi espositivi: raccontano la storia dell’industria automobilistica italiana, del design, dell’innovazione tecnologica e culturale.

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In che modo la dimensione globale di Ferrari influenza le strategie del museo in termini di collaborazioni con istituzioni estere e iniziative itineranti?
Possiamo definirci una realtà «isolata», nel senso che vogliamo mantenere il focus sull’Italia e sul nostro patrimonio. All’estero esistono realtà diverse, come i parchi tematici Ferrari ad Abu Dhabi, PortAventura e Barcellona, con i quali manteniamo rapporti diretti e continui. Organizziamo spesso mostre temporanee e partecipiamo a eventi internazionali legati al mondo delle corse o del lifestyle. Ad esempio, a giugno abbiamo partecipato con uno stand alla 24 Ore di Le Mans. Quando l’evento è in sintonia con i nostri valori, il museo partecipa attivamente, contaminando e lasciandosi contaminare dal contesto.

Come scegliete il tema delle mostre temporanee?
La scelta è un processo aziendale condiviso che coinvolge l’intera Ferrari. Entrambi i musei sono una «vetrina», ciascuno con una sua linea curatoriale. A Maranello vi sono pezzi permanenti e mostre temporanee di breve durata. A Modena, invece, ogni anno cambiamo circa il 90% dei contenuti espositivi, rendendo il percorso dinamico e sempre attuale. Le mostre sono spesso legate ad anniversari, messaggi particolari o al lancio di nuove vetture. L’anno scorso ci siamo concentrati sul mondo delle personalizzazioni. Quest’anno, con l’uscita della nuova F80 per l’80mo anniversario, abbiamo lanciato la mostra «Supercars», con un racconto che parte dal prototipo per arrivare al modello finale. Le nostre mostre sono in costante evoluzione, anche perché l’80% delle auto esposte proviene da collezioni private. Abbiamo inoltre lanciato un progetto in collaborazione con lo chef Massimo Bottura e il ristorante Cavallino: un menù degustazione ispirato alle supercar, che rafforza ulteriormente il legame tra museo, territorio e alta cucina.

Qual è il rapporto dei collezionisti con i Musei Ferrari?
Invitiamo direttamente i nostri clienti a esporre le proprie vetture. Questo ci permette di selezionare i pezzi più significativi. L’azienda non ha conservato molte auto storiche, Enzo Ferrari diceva spesso che «la Ferrari più bella è sempre la prossima», quindi le più belle si trovano oggi in collezioni private. I collezionisti non si sentono semplici proprietari, ma custodi della storia Ferrari. Amano condividere la propria passione con il pubblico ed è per questo che partecipano alle mostre. Ogni veicolo viene selezionato in base allo storytelling della mostra: ogni macchina deve inserirsi coerentemente nel percorso espositivo. Alla fine di ogni esposizione rilasciamo un certificato di partecipazione che aumenta il prestigio e la tracciabilità storica del veicolo. Abbiamo anche rapporti consolidati con case d’asta di rilievo internazionale.

In che modo il museo si prepara alle sfide del futuro in termini di sostenibilità, innovazione e digitalizzazione?
L’obiettivo è mantenere le automobili protagoniste, ma siamo sempre attenti alle nuove tecnologie per interagire meglio con i visitatori. Nonostante il nostro target principale siano le famiglie, attraverso strumenti digitali puntiamo a coinvolgere anche le nuove generazioni. Da anni, e in particolare con l’ultima mostra, abbiamo adottato un approccio più contemporaneo, offrendo esperienze immersive, coinvolgenti e digitali. I social media rappresentano un canale fondamentale per noi: entrambi i musei condividono un profilo unico che ci garantisce visibilità e ci permette di valorizzare il nostro patrimonio, soprattutto attraverso contenuti tratti dagli archivi storici.

Quali sono le sfide più urgenti e le opportunità più interessanti per il futuro culturale dell’Emilia-Romagna?
L’obiettivo della regione deve essere quello di mantenere alta l’attenzione sulla Motor Valley di cui facciamo parte. Per fare ciò è fondamentale che le realtà del settore lavorino in sinergia e non in isolamento: co-work, come diceva Pontremoli, solo attraverso il networking possiamo promuovere l’intero territorio. Come già sottolineato, ogni anno portiamo oltre 850mila visitatori nella regione: è importante che le istituzioni pubbliche colgano l’occasione per trattenere i turisti sul territorio, facendo loro scoprire le tante gemme che lo rendono unico. I dati lo dimostrano: il turismo regionale è cresciuto anche grazie ai nostri musei. La sfida che lanciamo è questa: valorizzare ciò che abbiamo attirando i visitatori, ma soprattutto coinvolgendoli nella scoperta dell’intera Emilia-Romagna.



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