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Commento Capital Group – Resistere ai dazi


I dazi continuano a essere al centro dell’attenzione mediatica. Con lo stallo delle assunzioni e dei piani di spesa in conto capitale, e con la persistente incertezza geopolitica che continua a mettere sotto pressione le catene di approvvigionamento, emerge una domanda cruciale: cosa rende un’azienda resiliente ai cambiamenti della politica commerciale?

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In questo documento, analizzeremo i vari fattori che influenzano la capacità delle aziende di affrontare le difficoltà legate ai dazi.

1: Potere di determinazione dei prezzi

Le società in grado di trasferire efficacemente gli aumenti dei costi sui clienti possiedono un forte potere di determinazione dei prezzi. Si tratta di un vantaggio tipico delle aziende con una domanda relativamente anelastica, come quelle che offrono beni essenziali, vantano un brand solido, dispongono di una clientela fidelizzata od operano con accordi contrattuali specifici.

Beni essenziali: Le aziende che vendono prodotti o servizi ritenuti essenziali hanno un vantaggio nella determinazione dei prezzi di vendita sul mercato. Ad esempio, i sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria (HVAC) sono spesso considerati beni essenziali in contesti in cui si rivelano determinanti nel mantenere confortevoli e sicuri gli ambienti chiusi.

Fedeltà dei clienti/branding: Alcune aziende possono contare su una base clienti fidelizzata grazie a un brand consolidato e alla differenziazione dei prodotti. Giganti della tecnologia come Apple, ad esempio, hanno una clientela meno sensibile ai prezzi rispetto ad altri marchi del settore mobile. La forza della base consumatori di Apple è tale che l’azienda potrebbe trasferire integralmente su di loro eventuali dazi. Naturalmente, resta da vedere se, e di quanto, scenderà la domanda in conseguenza a un significativo aumento di prezzo, ma è comunque ragionevole affermare che i consumatori di Apple siano probabilmente più propensi a tollerare un aumento dei prezzi rispetto agli utenti di altri brand di telefonia mobile.

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Accordi contrattuali: Le società del comparto della difesa hanno in genere un forte potere di determinazione dei prezzi grazie alla struttura dei loro contratti. Oltre il 50% dei contratti di difesa prevede, infatti, almeno una fase su base “cost-plus”, mentre il resto, invece, è a prezzo fisso[1].  Anche i contratti a prezzo fisso, tuttavia, sono negoziati a lotti per cui, alla scadenza, il prezzo è concordato nuovamente in base ai costi correnti. Per alcuni Paesi, inoltre, la difesa è considerata un’industria strategica fondamentale, il che rende la domanda meno elastica anche di fronte all’aumento dei costi.

Offerta limitata: Il prezzo è determinato da domanda e offerta e, in caso di offerta limitata, i prezzi si adeguano per compensare. Le società di semiconduttori leader nell’ambito IA sembrano ben posizionate per stabilire i prezzi in maniera aggressiva e gestire l’impatto che i dazi potrebbero avere sui propri margini. Sia NVIDIA che Broadcom operano in un contesto di grande carenza di offerta e la mancanza di alternative valide implica una maggiore probabilità di poter trasferire i costi più elevati sui prezzi finali.

2: Assorbimento dei costi

Assorbire i costi può contribuire a mantenere la fidelizzazione dei clienti e la domanda, soprattutto se i dazi sono considerati temporanei. Al contrario, se i dazi dovessero rivelarsi duraturi, ciò potrebbe portare a margini di profitto più bassi.

L’assorbimento dei costi può essere una strategia efficace, soprattutto per le società che hanno una minore esposizione ai dazi e in particolare per quei business ancora in grado di aumentare i prezzi sul lungo termine.

Le società operanti in settori con elevati margini lordi sono meglio posizionate per assorbire costi di produzione più elevati.

3: Adeguamenti della catena di approvvigionamento

Le società in grado di riorganizzare le proprie catene di approvvigionamento per ridurre la dipendenza dai Paesi soggetti a dazi più elevati avranno un vantaggio strategico. Questo potrebbe comportare, ad esempio, l’approvvigionamento di materiali o prodotti da Paesi con dazi più bassi, l’aumento della produzione domestica o la creazione di capacità produttive locali nei mercati serviti.

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Le multinazionali tendono ad essere piuttosto agili nell’adeguare le proprie catene di fornitura. Per definizione, infatti, queste società operano in molteplici mercati e molte lo fanno in qualità di società “multi-local”: ciò significa che beneficiano dei vantaggi di avere una presenza globale – economie di scala, basi clienti diversificate, brand recognition globale – ma con gli asset e le risorse necessari per rispondere alle esigenze del singolo consumatore e delle normative locali.

Le società con modelli di business local-to-local, catene di approvvigionamento localizzate e capacità produttive nei mercati chiave come gli Stati Uniti potrebbero non solo avere più resilienza nell’approvvigionamento, ma anche essere meglio posizionate per mitigare l’impatto dei dazi e delle restrizioni ai commerci.

4: Dinamiche di settore

Un’altra ragione per cui le società di cui sopra potrebbero essere meglio posizionate per affrontare eventuali dazi è che operano nei settori dei beni industriali. Queste, infatti, in genere importano componenti con un ridotto margine di guadagno e aggiungono valore a livello domestico. La natura dei prodotti industriali, spesso ingombranti e costosi da trasportare, implica che la fornitura a livello locale e le dinamiche di domanda siano più rilevanti rispetto alle considerazioni legate al commercio internazionale.

Il settore auto, invece, è più vulnerabile ai dazi. Vari produttori di automobili europei e asiatici hanno fermato le spedizioni verso gli Stati Uniti dopo l’annuncio di dazi al 25% su veicoli e componenti. Per molti, il mercato statunitense è uno dei più redditizi; se i dazi resteranno in vigore, è probabile che i produttori di automobili riallocheranno parte della produzione negli Stati Uniti, il che implicherebbe una duplicazione delle catene di approvvigionamento, un’operazione che richiederebbe almeno 3-5 anni. Per questo motivo, le società che hanno differenziato le strategie sulla supply chain potrebbero essere più resilienti. Tesla è nota per la sua integrazione verticale; con gran parte della produzione – dalla produzione delle batterie all’assemblaggio dei veicoli – gestita internamente, Tesla ha un maggiore controllo sulla sua catena di approvvigionamento.

Il contesto in evoluzione delle politiche commerciali presenta innegabilmente delle sfide, potenzialmente in grado di portare a una crescita economica più lenta e a una maggiore inflazione, se persiste l’incertezza. Tuttavia, queste dinamiche sottolineano anche il valore duraturo di imprese fondamentalmente solide e adattabili. Identificando gli indicatori della resilienza delle aziende – operazioni localizzate, leva sui prezzi, forze settoriali, e agilità all’adattamento – gli investitori potranno guardare oltre l’immediato rumore di fondo del mercato.

 

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