Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 22 luglio scorso il disegno di legge di delegazione europea 2025, uno strumento essenziale per recepire direttive e regolamenti dell’Unione Europea e adeguare l’ordinamento nazionale. Il testo, articolato in 13 articoli e suddiviso in tre capi, abilita il recepimento di due direttive e l’attuazione di dieci regolamenti UE in settori strategici come cybersicurezza, proprietà industriale, transizione verde e tutela ambientale.
Tuttavia, a generare una reazione compatta da parte delle principali realtà del settore edile, ambientale e dei consumatori è stata l’assenza di ogni riferimento esplicito alla direttiva 2024/1275/UE (EPBD IV) sulla prestazione energetica degli edifici. Un vuoto che secondo il tavolo interassociativo “Un patrimonio da salvare” rischia di compromettere obiettivi ambientali, economici e sociali, aggravando i ritardi già accumulati nell’efficienza del patrimonio immobiliare nazionale.
Cosa prevede la legge di delegazione europea 2025
Il provvedimento approvato dal Governo, proposto dal Ministro per gli Affari Europei, il PNRR e le Politiche di Coesione Tommaso Foti, include una serie di misure pensate per rafforzare l’integrazione normativa con il diritto UE e rispondere alle 66 procedure d’infrazione attualmente aperte contro l’Italia di cui 12 riguardano il mancato recepimento delle direttive comunitarie, che nel complesso dal 2012 a causa delle condanne hanno comportato un costo per l’Italia di 1,205 miliardi di euro. Secondo Tommaso Foti, “non si tratta di un passaggio burocratico, ma di una scelta politica e strategica per ridurre le infrazioni e aumentare la competitività del Paese”.
“Il testo – continua il Ministro – prende in considerazione gli atti europei pubblicati tra aprile 2024 e giugno 2025 e permette il recepimento di due direttive e l’adeguamento a 10 regolamenti europei“.
Nel dettaglio, il disegno di legge recepisce normative europee relative alla protezione dei disegni e modelli industriali, alla sicurezza delle macchine, all’integrità dei rating ESG e alla progettazione di prodotti digitali con requisiti avanzati di cybersicurezza (regolamento UE 2024/2847). Inoltre, promuove la riparazione dei beni di consumo e l’economia circolare (direttiva UE 2024/1799) si adegua ai regolamenti sulle sostanze che riducono lo strato di ozono e introduce nuove regole per la gestione dei rifiuti e la tracciabilità ambientale delle installazioni industriali.
Una particolare attenzione è riservata alle tecnologie a zero emissioni nette (regolamento UE 2024/1735), con l’obiettivo di stimolare occupazione, innovazione e competitività industriale nel contesto della transizione energetica europea. Ma proprio su quest’ultimo fronte si apre una crepa significativa.
Il tavolo “Un patrimonio da salvare” chiede il recepimento della direttiva EPBD IV
Proprio mentre il Governo pone l’accento sulla necessità di innovare e rafforzare la sicurezza normativa, le principali associazioni di settore esprimono forte preoccupazione per una “dimenticanza” strategica che potrebbe trasformarsi in un boomerang. Il disegno di legge, infatti, non include alcuna menzione alla direttiva EPBD IV, approvata a livello europeo per guidare la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio entro il 2050.
A lanciare l’allarme sono 30 realtà tra associazioni professionali, ordini tecnici, organizzazioni ambientaliste e rappresentanze della filiera delle costruzioni, riunite nel tavolo interassociativo “Un patrimonio da salvare”*. Secondo il comunicato congiunto, l’omissione della direttiva Case Green (EPBD IV) rappresenta “una scelta politica che marginalizza la transizione energetica degli edifici nel quadro della strategia energetica nazionale”.
Le associazioni, tra cui Legambiente, Kyoto Club, Consiglio Nazionale degli Ingegneri, AiCARR, ANACI, ANIT, Altroconsumo e Rete Professioni Tecniche, denunciano che l’Italia non ha ancora avviato un percorso operativo per recepire la direttiva, pur essendo tenuta a farlo entro maggio 2026. Il rischio, si legge nel documento, è un ulteriore rallentamento delle attività di riqualificazione energetica, già in forte contrazione, con ricadute negative sull’occupazione, sull’innovazione e sulla sicurezza energetica nazionale.
Le conseguenze per la filiera e le richieste del settore
Questa scelta risulta difficilmente conciliabile con quanto dichiarato ufficialmente dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica nell’atto di indirizzo politico 2024–2026, in cui si ribadisce l’impegno al recepimento della direttiva EPBD IV e alla definizione degli strumenti attuativi entro le scadenze fissate a livello europeo.
“Non è più possibile ricondurre i ritardi a mere contingenze tecniche. La scelta di non inserire l’EPBD IV nella legge di delegazione rappresenta un segnale di discontinuità rispetto agli impegni formalmente assunti dal Governo nell’atto di indirizzo 2024–2026 del Ministero dell’Ambiente”, si legge nel comunicato.
Questa mancanza di coerenza si inserisce in un quadro già segnato da rallentamenti evidenti: le attività di riqualificazione energetica hanno subito un drastico calo, con volumi d’intervento oggi ampiamente inferiori rispetto alle previsioni europee e nazionali.
Le stime dicono che in Italia sarà necessario intervenire su oltre 9,7 milioni di edifici residenziali attualmente classificati in classe energetica E, F o G, ovvero più del 75% del patrimonio abitativo nazionale. Un’azione di questa portata permetterebbe di tagliare oltre 14 milioni di tonnellate di CO₂, contribuendo in modo significativo alla decarbonizzazione. Le associazioni ricordano inoltre che la direttiva EPBD IV stabilisce obiettivi precisi: una riduzione dei consumi energetici degli edifici residenziali almeno del 16% entro il 2030, e tra il 20 e il 22% entro il 2035, rispetto ai livelli del 2020. Più della metà di questo risparmio energetico – esattamente il 55% – dovrà essere ottenuto intervenendo sul 44% degli immobili con le peggiori performance energetiche.
Senza un ricadute sull’economia reale e sull’innovazione di settore sono pesanti. La filiera dell’edilizia sostenibile, che rappresenta un asset strategico per PIL, occupazione e specializzazione tecnologica, rischia un progressivo depotenziamento.
Senza un intervento normativo tempestivo, le conseguenze possono essere molteplici e gravi: un’ulteriore contrazione degli investimenti nel settore della riqualificazione, l’aggravarsi della povertà energetica per milioni di famiglie italiane, la perdita di competenze tecniche e know-how, nonché l’indebolimento della capacità nazionale di raggiungere gli obiettivi di sicurezza e autonomia energetica.
In questo scenario, anche il rischio di nuove procedure di infrazione da parte dell’UE diventa concreto, con ulteriori impatti sulla credibilità dell’Italia nel contesto comunitario e sui già rilevanti costi economici dovuti al mancato allineamento con il diritto europeo.
Le associazioni chiedono con forza che la direttiva venga inclusa quanto prima nel percorso normativo e che venga definito un calendario operativo chiaro e trasparente. Ribadiscono inoltre la disponibilità a un confronto costruttivo con le istituzioni, per contribuire alla definizione di strumenti efficaci e sostenibili.
*Le associazioni che aderiscono al tavolo interassociativo “Un patrimonio da salvare”: AEM – Associazione Energy Managers | AiCARR | AIPE -associazione italiana polistirene espanso | Altroconsumo | ANACI Milano | Anfit | ANING – Associazione Nazionale Ingegneri | Anit- Associazione Nazionale per l’Isolamento termico e acustico | ANPE – Associazione Poliuretano Espanso rigido | ARSE | Assocond CO.NA.FI | Assovernici | Gruppo pitture e vernici Federchimica-Avisa | Consiglio Nazionale degli Ingegneri | Cortexa– Eccellenza nel Sistema a Cappotto | Energiesprong Italia | Federcomated | Federazione Filiera Legno | F.I.V.R.A. | ISI Ingegneria Sismica Italiana | Legambiente | Kyoto Club | Rete Professioni Tecniche | Renovate Italy | Rete Irene | SBA -Smart Buildings Alliance for Smart Cities ETS
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