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Turismo del gusto a caccia di nuove professionalità


Il turismo enogastronomico è uno dei segmenti più dinamici e strategici del comparto turistico italiano.

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Secondo l’ultima analisi condotta dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, il valore complessivo del settore supera i 40 miliardi di euro, di cui 9,2 miliardi generati direttamente, con un moltiplicatore economico pari a 6,9.

In un contesto in cui cresce la sensibilità verso viaggi sostenibili e autentici, l’enogastronomia rappresenta una risposta concreta alle sfide dell’overtourism e alla ricerca di esperienze legate ai territori.

Enogastronomia tra le prime scelte dei viaggiatori

Un dato rilevante arriva dai comportamenti dei viaggiatori: il 77% dei turisti enogastronomici italiani visita i luoghi di produzione, a conferma di un bisogno crescente di esperienze immersive. Per i viaggiatori extraeuropei, la componente food & wine è il secondo motivo di interesse per scoprire la cultura locale, mentre per quelli europei si posiziona subito dopo le esperienze nella natura.

In testa ai mercati amanti della cultura enogastronomica italiana ci sono Stati Uniti, Regno Unito e Germania, turisti che stanno ridefinendo le priorità delle destinazioni e rendono urgente il rafforzamento dell’offerta e delle competenze legate a questo comparto.

Manca personale qualificato per sostenere la crescita

A fronte di un mercato in pieno sviluppo, il settore soffre di una carenza strutturale di professionalità adeguate. È quanto emerge dal Libro Bianco sulle professioni del turismo enogastronomico, primo documento organico, trainato da Roberta Garibaldi, che analizza il fabbisogno di nuove competenze per una proposta turistica integrata. E per rendere più competitivo il nostro paese su un terreno, quello del turismo enogastronomico, usato come leva sempre più strategica da molti paesi nostri competitor.

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Nuove assunzioni tra le priorità

Il gap tra domanda e offerta è evidenziato anche dalle imprese del comparto, in particolare quelle vitivinicole. Tra quelle che registrano oltre 5.000 visitatori l’anno, il 71% dichiara l’intenzione di assumere nuovo personale nei prossimi 12 mesi, ma oltre la metà segnala difficoltà nel reperire figure con competenze specifiche.

In molti casi, le mansioni legate al turismo vengono affidate a risorse interne, che hanno le capacità ma che sono prive di un inquadramento professionale definito.

Professioni strategiche per la crescita

Dall’indagine coordinata da Roberta Garibaldi emerge con forza la necessità di investire su nuove figure professionali per sostenere l’evoluzione del settore. L’obiettivo è chiaro: trasformare il turismo enogastronomico in un volano di crescita occupazionale, creando competenze specifiche che sappiano integrare la dimensione produttiva con quella esperienziale.

Tra le professionalità più strategiche spicca quella del product manager del turismo enogastronomico, figura da inserire all’interno di dmo e consorzi territoriali, con il compito di costruire esperienze integrate e attivare sinergie tra imprese e destinazioni.

A questa si affianca l’hospitality manager, ruolo svolto dalla proprietà in oltre il 70% delle microimprese del settore e attraverso una business unit dedicata nel 43% delle aziende che superano i 5.000 visitatori annui.

Otto aziende su dieci la considerano la funzione di hospitality management un processo entrale per coordinare l’accoglienza e migliorare la qualità dell’esperienza offerta.

Consulenti di turismo enogastronomico

Sempre più richiesto anche il consulente di turismo enogastronomico, una figura paragonabile a un “enologo dell’esperienza”, in grado di supportare le imprese nella gestione multicanale, nel marketing e nei processi di revenue. A completare il quadro si trovano il curatore di esperienze, professionista esterno che spesso lavora su base stagionale, specializzato nella progettazione di food tour e attività immersive, e l’addetto alle visite, figura operativa fondamentale nelle aziende più strutturate, incaricata di guidare i visitatori e raccontare i processi produttivi in modo coinvolgente e autentico.

Secondo le simulazioni contenute nel Libro Bianco, l’introduzione di queste professionalità può portare a un incremento occupazionale compreso tra il 33% e il 71%, in base alla dimensione dell’impresa.

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Un potenziale enorme, che conferma come il turismo del gusto non sia soltanto un’opportunità economica, ma anche un motore di sviluppo per l’occupazione qualificata nei territori.

L’Europa come leva per l’innovazione territoriale

Il turismo enogastronomico non può più essere considerato un segmento di nicchia. Lo ha affermato con decisione l’on. Dario Nardella, europarlamentare, durante la presentazione del Libro Bianco: “è necessario portare il tema al centro dell’agenda europea. Serve una visione integrata che coinvolga turismo, occupazione giovanile, tutela del patrimonio e innovazione. Solo così si potranno sfruttare appieno strumenti già esistenti, come il Competitiveness Compass, il pacchetto Omnibus per la semplificazione e le misure dedicate alle pmi”.

Nardella ha sottolineato inoltre che il turismo enogastronomico può essere una leva concreta per contrastare lo spopolamento delle aree interne e sostenere l’economia locale. Fondi come quelli della Politica di Coesione e dello Sviluppo Rurale rappresentano strumenti chiave, a patto che vengano utilizzati con visione strategica e con progetti ben strutturati.

Formazione, linguaggio condiviso e regia nazionale

Secondo Federico Sisti, segretario generale Camera di Commercio dell’Umbria, è indispensabile lavorare su un linguaggio comune e su ruoli professionali definiti: “solo così possiamo offrire esperienze autentiche e memorabili, capaci di rafforzare la competitività del nostro Made in Italy”.

L’appello è condiviso anche a livello governativo. Gianluca Caramanna, parlamentare e consigliere del ministero del Turismo, ha ribadito che la vera sfida è favorire una crescita più strutturata e qualificata del settore.

Il documento è frutto di un lavoro corale promosso dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico con il supporto di UnionCamere, Coldiretti, Cna Turismo, Confartigianato Turismo, Città del Vino, Città dell’Olio, Unione Italiana Vini, con il contributo scientifico dell’Università di Bergamo. 

Francesca Motta

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