Articolo a cura di Massimo Fedeli – Direttore Danni Gruppo Helvetia Italia
Il contesto in cui operano oggi le imprese italiane è profondamente mutato. I cambiamenti climatici stanno aumentando la frequenza e l’intensità degli eventi estremi; la normativa ha introdotto nuovi obblighi assicurativi per le aziende; la tecnologia offre strumenti avanzati per analizzare, prevenire e gestire il rischio. In un Paese in cui oltre il 70% del territorio è esposto a rischio sismico o idrogeologico, e dove meno del 5% delle microimprese risulta assicurato contro questi eventi, la protezione non può più essere lasciata al caso.
È partendo da questo scenario che si è sviluppato il nostro lavoro che ha prodotto un White Paper intitolato “Il Rischio delle calamità naturali in Italia: conoscere, stimare, gestire.”, con l’obiettivo di offrire una fotografia aggiornata dello scenario attuale, individuare i gap di consapevolezza e accompagnare il sistema produttivo nella transizione verso un nuovo approccio alla gestione dei rischi. Abbiamo cercato di costruire una vera “cassetta degli attrezzi” per i professionisti del rischio, integrando tecnologie, pratiche operative e approcci interdisciplinari. Dai modelli predittivi alla space economy, dalle tecnologie satellitari alla formazione, il messaggio è chiaro: la gestione del rischio richiede oggi competenze integrate e soluzioni condivise.
Mutualità, personalizzazione e nuove sfide per le compagnie
La recente introduzione dell’obbligo assicurativo contro sismi, frane e alluvioni ha ridefinito le regole del rischio. Le compagnie si sono adeguate rapidamente, mettendo a disposizione prodotti specifici per il nuovo rischio “Cat Nat”. Tuttavia, la normativa ha lasciato poco margine per la personalizzazione: i perils sono definiti per legge, così come i beni assicurati, i limiti minimi e la platea interessata. In questo contesto, la personalizzazione si concentra principalmente sulle garanzie accessorie, come ad esempio coperture per le merci, le spese di sgombero, i danni indiretti, le interruzioni di attività, che possono però fare la differenza in termini di valore reale per l’impresa.
Emergono tuttavia criticità strutturali, già rilevate nel White Paper. Il tema del pricing differenziato in base all’esposizione geografica è tra i più delicati: le differenze tra compagnie, anche a parità di garanzia, sono molto ampie. Ciò riflette il fatto che il mercato è ancora acerbo, ma anche che la mutualità prevista dalla legge non è stata applicata in modo uniforme. Il rischio di anti-selezione è alto, e il bilanciamento tra mutualità e sostenibilità tecnica richiederà molta attenzione.
In questo quadro, lo strumento della riassicurazione diventa fondamentale: permette infatti di diluire il rischio, sostenere economicamente le compagnie in caso di eventi gravi e contenere i premi. Sarà inoltre essenziale osservare con attenzione l’evoluzione del “Preventivass Nat Cat”.
Guardando a nuovi strumenti, in grado di aiutare concretamente nelle operazioni di valutazione, un ruolo importante sarà ricoperto dai dati geospaziali e dalle tecnologie satellitari. Oggi queste fonti sono in grado di nutrire i modelli predittivi utilizzati per stimare l’esposizione e la vulnerabilità degli asset assicurati. Le immagini ad alta risoluzione, unite a sensori a terra e open data, permettono di ottenere una fotografia precisa del territorio e dei beni da assicurare. L’intelligenza artificiale, attraverso il machine learning, consente poi di elaborare queste informazioni in tempo reale, migliorando le capacità di previsione e classificazione del rischio.
I modelli catastrofali moderni integrano quattro componenti: pericolosità (frequenza e intensità dell’evento), vulnerabilità (suscettibilità dell’asset), esposizione (valore e localizzazione dei beni) e perdita economica e umana. Il risultato è una stima accurata della perdita media annuale e delle probabilità di eventi estremi. Questi strumenti sono ormai imprescindibili per le compagnie, ma anche per i decisori pubblici e per le imprese che vogliono gestire in modo strategico i propri rischi.
In parallelo, si stanno affermando forme alternative di copertura, come le polizze parametriche e i CAT bonds, che consentono di attivare automaticamente indennizzi al superamento di soglie predefinite. Sono soluzioni particolarmente adatte per eventi molto gravi e che potrebbero in futuro integrare l’offerta tradizionale, ma anche diffondersi sui piccoli rischi.
Formazione, gestione del sinistro e cultura del rischio
Un altro punto critico è sicuramente la gestione del post-sinistro. I tempi di ripristino, la disponibilità e la qualità delle reti peritali, la tempestività dell’intervento sono elementi che possono fare la differenza tra la continuità operativa e il collasso di un’impresa. È qui che entrano in gioco nuovi modelli di collaborazione tra compagnie, bonificatori e centri di servizio. La costruzione di protocolli operativi predefiniti, con standard di performance condivisi, può migliorare sensibilmente la qualità della risposta in emergenza.
Ma tutto questo non basta se non si agisce sulla leva culturale. In Italia, la falsa percezione di invulnerabilità resta radicata: molte imprese ritengono che certi eventi non le riguardino in prima persona. Questo atteggiamento è particolarmente diffuso tra le micro e piccole imprese, che rappresentano il cuore del nostro tessuto produttivo. La conseguenza è una drammatica sottoassicurazione che, in caso di evento, può compromettere definitivamente la sopravvivenza dell’azienda.
È necessario dunque investire in cultura del rischio, comunicazione e informazione: occorre spiegare il valore delle polizze in termini di protezione, continuità e competitività, cercando di costruire un linguaggio condiviso del rischio, comprensibile anche per i non addetti ai lavori, che parli di conseguenze reali e soluzioni concrete.
L’assicurazione non è solo uno strumento di protezione: è un abilitatore di sviluppo. Storicamente ha permesso la costruzione di grandi infrastrutture, la diffusione del commercio internazionale, l’innovazione industriale. Anche oggi può e deve accompagnare la transizione climatica e digitale, contribuendo a ridurre l’incertezza, attrarre investimenti e migliorare la competitività del sistema.
Per farlo, è necessario superare la logica dell’adempimento formale e abbracciare una visione più ampia e strategica del rischio. Il nuovo obbligo assicurativo rappresenta solo un punto di partenza: la vera sfida sarà trasformare questa norma in un motore di innovazione nel modo in cui concepiamo protezione, prevenzione e continuità operativa. Le compagnie devono saper cogliere questa opportunità, offrendo non semplici polizze, ma soluzioni integrate, consulenza qualificata, diffusione della cultura del rischio, il tutto supportato da strumenti digitali capaci di semplificare i processi e aumentare l’efficacia delle scelte. Il nostro è quindi un invito a cambiare passo, a costruire insieme un ecosistema del rischio più consapevole con l’impegno pubblico-privato, resiliente e capace di affrontare le sfide del nostro tempo.
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