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Chip: perché la Cina vince ovunque tranne dove conta davvero


La Cina è impegnata in una complessa e ambiziosa corsa verso l’autosufficienza nel cruciale settore dei semiconduttori, un’impresa che sta ridisegnando le dinamiche della competizione tecnologica globale.

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Un recente rapporto del Center for Security and Emerging Technology (CSET), intitolato Inside Beijing’s Chipmaking Offensive: Where Is China Gaining Ground? e pubblicato il 14 luglio, rivela i significativi progressi raggiunti dall’industria cinese delle apparecchiature per la produzione di semiconduttori (SME) tra il 2019 e il 2024, parallelamente alle persistenti vulnerabilità che ne limitano l’indipendenza strategica.

Investimenti strategici per l’autosufficienza tecnologica

Spinta da ingenti investimenti governativi, tra cui il massiccio “Big Fund”, e ulteriormente incentivata dai rigorosi controlli all’esportazione imposti dagli Stati Uniti e dai loro alleati, la Cina ha guadagnato terreno in settori chiave della fabbricazione, come gli strumenti per la planarizzazione chimico-meccanica (CMP), il dry etch e la deposizione, oltre a rafforzare la sua posizione nell’assemblaggio, test e packaging. Tuttavia, la litografia avanzata rimane il principale “collo di bottiglia”, con le aziende occidentali che mantengono un dominio quasi totale, impedendo alla Cina l’accesso alle tecnologie di punta per i chip più sofisticati.

Questa spinta all’indigenizzazione si scontra e si interseca con le intricate dinamiche geoeconomiche tra Cina e Stati Uniti. La vicenda recente dei chip Nvidia H20 illustra perfettamente questa complessità: nonostante le restrizioni imposte da Washington per limitare l’accesso di Pechino ai semiconduttori più performanti per l’Intelligenza Artificiale, l’azienda americana ha ottenuto il via libera per riprendere le vendite di una versione specifica di questi chip, pensata per conformarsi alle normative. Questo sviluppo, insieme agli sforzi interni di Huawei per colmare il divario tecnologico e le ambizioni cinesi di raggiungere un’elevata autosufficienza nella catena del valore dei semiconduttori entro il 2028, dipinge un quadro di competizione serrata, dove la qualità e l’ecosistema software dei chip nazionali cinesi rappresentano ancora sfide significative. L’articolo approfondirà questi aspetti, analizzando i progressi settoriali, le strategie di Pechino e le fluttuanti relazioni nel mercato globale dei semiconduttori.

La litografia: il tallone d’Achille della Cina e il monopolio occidentale

La litografia, cuore pulsante del processo di fabbricazione dei chip che prevede l’esposizione di wafer di silicio alla luce ultravioletta (UV) per imprimere i complessi schemi dei circuiti, rimane il principale ostacolo per l’ambizione cinese. I dati del CSET sono inequivocabili: “Il guadagno quasi nullo della Cina nel mercato complessivo della litografia sottolinea i minimi progressi compiuti dai fornitori nazionali nel segmento più complesso delle SME.”

Anche nel sottosegmento degli strumenti di litografia i-line, impiegati per la produzione di chip meno avanzati (i cosiddetti “legacy”, con feature size di 28 nanometri o più grandi, basati su tecnologie mature da 10-20 anni), la quota di mercato cinese si attesta a un modesto 4%. Questo dato evidenzia chiaramente come la litografia rimanga il “collo di bottiglia” critico, dove i giganti stranieri mantengono una leadership incontrastata. Il principale attore cinese in questo ambito è Shanghai Micro Electronics Equipment (SMEE), azienda che dal 2022 è stata inserita nell’Entity List del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, per presunte attività di acquisizione di componenti di origine statunitense a supporto della modernizzazione militare cinese.

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Il dominio globale nella litografia è saldamente nelle mani di pochi. I Paesi Bassi continuano a consolidare la loro posizione come fornitore leader, con una quota di mercato del 79%, a discapito principalmente del Giappone, che ha perso circa 11 punti percentuali in questo segmento e detiene ora il 17%. L’azienda olandese ASML detiene un monopolio virtuale nella produzione di apparecchiature per la litografia a ultravioletto estremo (EUV), indispensabili per la fabbricazione dei semiconduttori più all’avanguardia (che possono arrivare a dimensioni tra i 10 nm e i 3 nm). Le esportazioni di ASML verso la Cina sono soggette a severe restrizioni fin dal 2019. Questa politica di controllo all’esportazione è considerata cruciale, come ribadito a maggio da David Sacks, già consigliere per l’AI nell’amministrazione Trump, che l’ha definita “il più importante controllo sulle esportazioni” degli Stati Uniti nel settore dei semiconduttori.

La risposta cinese ai limiti nella litografia EUV

La Cina si trova ad affrontare una sfida complessa nel raggiungere l’autonomia nei nodi tecnologici più avanzati. Attualmente, il produttore di chip logici più all’avanguardia in Cina è SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corporation). Il suo stabilimento SN2 a Shanghai è l’unico con una linea di produzione attiva di chip logici a 7 nm, operativa da luglio 2021, ben prima dell’introduzione della prima serie di controlli sulle esportazioni di apparecchiature per semiconduttori da parte dell’amministrazione Biden.

Nonostante questo traguardo, l’espansione della capacità produttiva a 7 nm di SMIC (denominata “N+2” nel loro sistema di nomenclatura) è ostacolata non tanto dalla litografia quanto dalla carenza di strumenti statunitensi cruciali per l’incisione, la deposizione, l’ispezione e la metrologia. Questa carenza ha rappresentato un fattore significativo che ha impedito a SMIC di migliorare la propria resa produttiva, sebbene si preveda che l’azienda possa raggiungere una capacità di 50.000 wafer al mese (WPM) a 7 nm entro la fine del 2025.

Nel frattempo, SMIC e Huawei stanno collaborando per portare in produzione su larga scala un nodo a 5 nm. Questa ambizione si scontra però con la realtà che Pechino non dispone di un produttore nazionale di apparecchiature di litografia EUV, e i continui controlli sulle esportazioni impediscono l’importazione di tali macchine all’avanguardia. Di conseguenza, il loro sforzo per il nodo a 5 nm deve procedere senza l’accesso alla tecnologia EUV.

Huawei al centro della ricerca per l’autosufficienza in litografia

In questo scenario di sfide e ambizioni, Huawei si è posta come un attore chiave nello sviluppo di un’alternativa nazionale alla tecnologia litografica EUV di ASML. L’azienda ha istituito due importanti centri di ricerca e sviluppo dedicati agli strumenti per semiconduttori, situati rispettivamente a Shanghai e a Shenzhen. Solo nello stabilimento di Shanghai, Huawei starebbe investendo circa 1,66 miliardi di dollari. Parallelamente a questi ingenti investimenti finanziari, l’azienda sta attivamente reclutando un gran numero di veterani dell’industria dei chip, attingendo talenti con esperienza da giganti del settore come Applied Materials, Lam Research, KLA, ASML, TSMC, Intel e Micron. Questo massiccio sforzo di acquisizione di competenze e capitale umano sottolinea la determinazione di Huawei e della Cina nel superare il divario tecnologico nella litografia e raggiungere una maggiore autosufficienza nel settore dei semiconduttori.

Progressi mirati nella fabbricazione e nelle fasi a valle della produzione

Nonostante le difficoltà nella litografia, il rapporto del CSET evidenzia una crescita “notevole” della Cina in altri settori chiave delle SME tra il 2019 e il 2024. Questa crescita è il risultato di ingenti investimenti statali e della spinta all’indigenizzazione incentivata dai controlli all’esportazione.

  • Strumenti per la planarizzazione chimico-meccanica (CMP). La Cina ha compiuto passi da gigante in questo segmento cruciale per la levigatura delle superfici dei wafer. La sua quota di mercato è balzata dall’1,5% nel 2022 a quasi l’11% nel 2023, con un guadagno complessivo di otto punti percentuali nel quinquennio. Questo successo è trainato quasi interamente da Hwatsing Technology, un’azienda di Tianjin che sta sfidando il predominio di Applied Materials (USA), leader con il 60% del mercato. La crescente collaborazione di Hwatsing con le principali fonderie cinesi come SMIC, Hua Hong Semiconductor, YMTC e CXMT, sta supportando i suoi sforzi di ricerca e sviluppo, sebbene Hwatsing sia stata aggiunta all’Entity List statunitense nel dicembre 2024. Sebbene meno complessi di altri, gli strumenti CMP sono critici per la fabbricazione di chip avanzati.
  • Strumenti dry etch e clean. La Cina ha dimostrato una notevole capacità di guadagnare terreno in questi strumenti critici. Nel sottosegmento degli strumenti di dry stripping, la Cina ha raggiunto la parità con il Giappone, diventando il fornitore leader con il 35% del mercato. Questo è dovuto in parte all’acquisizione della statunitense Mattson Technology da parte di Beijing E-Town nel 2016 (poi finita anch’essa nella Entity List), e al contributo di aziende nazionali come NAURA e AMEC, entrambe beneficiarie di cospicui investimenti statali. Nel mercato più ampio del dry etch, essenziale per i nodi di processo avanzati, la Cina ha incrementato la sua quota di mercato di otto punti percentuali, raggiungendo quasi l’11%, mentre fornitori statunitensi e coreani hanno visto le loro quote ridursi. NAURA e AMEC hanno ciascuna guadagnato tra i 4 e i 5 punti percentuali, attestandosi intorno al 5% del mercato ciascuna nel 2024. I progressi nel dry etch sono particolarmente rilevanti in quanto questa tecnica è generalmente più essenziale del wet etch per i nodi di processo avanzati.
  • Strumenti di deposizione. La spinta all’indigenizzazione sta dando i suoi frutti anche nella deposizione, un processo fondamentale per rivestire i wafer con strati sottilissimi di materiali. La quota di mercato cinese è salita dal 2% nel 2019 al 7% nel 2024. Questo progresso è saldamente ancorato ai campioni nazionali come NAURA, Piotech e AMEC. NAURA, in particolare, ha visto la sua quota nel mercato PVD (Physical Vapor Deposition) balzare dall’1% al 10% in soli cinque anni. Nel mercato CVD (Chemical Vapor Deposition), la Cina è emersa come il secondo fornitore leader con il 7% del mercato, grazie a Piotech (+4 pp) e NAURA (+2 pp), con AMEC che ha fatto il suo ingresso nel 2024. Nonostante questi progressi, gli Stati Uniti mantengono un controllo ferreo sul settore (61% del mercato totale della deposizione), specialmente nei segmenti più avanzati come la deposizione a strato atomico (ALD), che è critica per ottenere le prestazioni dei chip nei processi di fabbricazione più avanzate, dove la Cina detiene ancora meno dell’1% del mercato.

Packaging e test: avanzamenti nella filiera finale

La Cina sta consolidando la sua presenza anche nelle fasi finali della produzione di chip, un’area sempre più critica per le innovazioni, specialmente quelle legate all’intelligenza artificiale, data la crescente importanza di tecnologie come l’integrazione di “chiplet”.

  • Strumenti per il packaging avanzato. Le aziende cinesi stanno guadagnando terreno negli strumenti per il packaging avanzato, tecnologia necessaria per integrare strettamente i “chiplet” (il CSET definisce gli strumenti di packaging avanzato solo come gli strumenti di fabbricazione specifici per i processi di packaging avanzato, escludendo gli strumenti di assemblaggio, packaging o test tradizionali). La Cina rappresenta il 7% di questo mercato, sebbene sia ancora dietro a Stati Uniti (65%) e Giappone (15%). I guadagni più pronunciati si sono verificati negli strumenti di etch e clean per il packaging avanzato (+10 pp) e negli strumenti di deposizione per il packaging avanzato (+3 pp), con AMEC e NAURA che guidano questa espansione. Questi progressi sono particolarmente significativi considerando che quattro delle prime dieci aziende OSAT (outsourced semiconductor assembly and test) per fatturato nel 2024 sono cinesi, suggerendo un aumento nell’approvvigionamento di strumenti domestici.
  • Strumenti di test. La Cina ha mostrato una rapida progressione negli strumenti di test, un segmento con barriere tecniche relativamente più basse rispetto alle apparecchiature di fabbricazione. La Cina ha guadagnato 24 punti percentuali negli strumenti di test lineari e discreti, dominando il mercato con il 69% della quota. Ha inoltre visto guadagni significativi negli strumenti di test burn-in (+9 pp, raggiungendo il 9%) e negli strumenti di test System-on-a-Chip (SoC) (+5 pp, raggiungendo il 5%), nei quali è entrata nel 2020. I principali fornitori cinesi in questo settore sono Hangzhou Changchuan Technology e AccoTEST.

Chip ai cinesi: tra ambizione e limiti qualitativi

La corsa all’autosufficienza nei chip per l’intelligenza artificiale (IA) sta accelerando in Cina. Durante un incontro il 17 febbraio tra il Presidente del PCC Xi Jinping e i dirigenti tecnologici cinesi, tra cui l’amministratore delegato di DeepSeek Liang Wenfeng, il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, ha espresso un rinnovato ottimismo. Ren ha dichiarato a Xi che le sue precedenti preoccupazioni riguardo alla mancanza di produzione nazionale di semiconduttori avanzati e all’impatto dannoso dei controlli sulle esportazioni statunitensi si sono attenuate, grazie alle recenti scoperte di Huawei e dei suoi partner. L’imprenditore ha inoltre rivelato di essere a capo di una vasta rete di oltre 2.000 aziende cinesi che stanno collaborando collettivamente per garantire che la Cina raggiunga un’autosufficienza di oltre il 70% nell’intera catena del valore dei semiconduttori entro il 2028.

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Questa ambizione appare sempre più concreta, con la previsione che entro il prossimo anno o due Pechino sarà in grado di produrre milioni di microprocessori dedicati all’IA, come il Huawei Ascend. Tuttavia, la questione non è puramente quantitativa. È soprattutto sul piano qualitativo che si registrano i maggiori problemi per la Cina. Questi chip, infatti, pur rappresentando un passo avanti nell’indigenizzazione, presentano prestazioni notevolmente inferiori rispetto a quelli prodotti da Nvidia nell’addestramento di modelli di IA avanzati. Inoltre, sono supportati da un ecosistema software molto più debole, con molte problematiche complesse che richiederanno probabilmente anni per essere risolte, ponendo un freno alla loro competitività su scala globale.

Il caso Nvidia e il contesto geopolitico globale

Le politiche di controllo all’esportazione sono soggette a continue revisioni e interpretazioni, evidenziando le complesse intersezioni tra commercio, tecnologia e sicurezza nazionale. Un recente sviluppo, annunciato da Nvidia il 14 luglio, ha segnato un’importante svolta. Il CEO di Nvidia, Jensen Huang, aveva già anticipato questo passo durante la sua visita a Pechino all’inizio di luglio, dove ha incontrato funzionari governativi e industriali cinesi per discutere la promozione di un’intelligenza artificiale (AI) sicura e protetta.

Nvidia ha dichiarato di prevedere la ripresa delle vendite delle sue unità di elaborazione grafica (GPU) H20 alla Cina, dopo aver ricevuto assicurazioni dal governo degli Stati Uniti che le richieste di licenza saranno accettate. “Il governo degli Stati Uniti ha assicurato a NVIDIA che le licenze saranno concesse e NVIDIA spera di iniziare presto le consegne”, ha affermato l’azienda in un post sul blog. Questo annuncio arriva dopo che l’amministrazione Trump aveva imposto controlli sulle esportazioni di questi chip ad aprile. È cruciale notare che le GPU H20 erano state esplicitamente progettate da Nvidia per conformarsi alle restrizioni precedentemente imposte sull’esportazione di chip AI avanzati e ad alte prestazioni verso la Cina. Sebbene il chip H20 abbia un numero di core ridotto rispetto alle varianti più potenti, il che lo rende meno performante, è comunque in grado di offrire funzionalità AI fondamentali, inclusa l’inferenza (il processo mediante cui un modello AI addestrato trae conclusioni da nuovi dati). Tuttavia, permangono interrogativi sulla possibilità che questi chip possano essere aggregati in grandi quantità per costruire supercomputer, suscitando preoccupazioni tra gli osservatori. Nel suo rapporto sugli utili del 28 maggio, Nvidia aveva già reso noto di essere stata informata dal governo statunitense della necessità di una licenza per l’esportazione dei prodotti H20 in Cina, interrompendo di conseguenza la spedizione di beni per un valore di 2,5 miliardi di dollari.

Parallelamente a questi sforzi in Cina, Huang ha incontrato il presidente Donald Trump e i responsabili politici a Washington prima della sua visita a Pechino, per riaffermare il sostegno di Nvidia al mantenimento della leadership globale degli Stati Uniti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, all’incremento della creazione di posti di lavoro e al potenziamento dell’infrastruttura nazionale di AI e della produzione domestica. Nvidia ha sottolineato che gli incontri di Huang con i funzionari sia statunitensi che cinesi miravano a riaffermare l’impegno dell’azienda nel supportare la ricerca open source, i modelli di base e le applicazioni, considerati essenziali per un’innovazione positiva nell’AI. Questi sforzi, ha affermato l’azienda, contribuiranno a “democratizzare l’intelligenza artificiale” e a rafforzare le economie emergenti in ogni regione del mondo. “La ricerca e i modelli di base open source e di uso generale sono la spina dorsale dell’innovazione nell’intelligenza artificiale”, ha dichiarato Huang ai giornalisti a Washington, aggiungendo: “Crediamo che ogni modello civile dovrebbe funzionare al meglio sullo stack tecnologico statunitense, incoraggiando le nazioni di tutto il mondo a scegliere l’America”.

Il 13 luglio, durante un’intervista alla CNN, Huang ha minimizzato le preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo al potenziale utilizzo militare dei chip AI di Nvidia da parte del Partito Comunista Cinese. “Non dobbiamo preoccuparcene, perché le forze armate cinesi – come quelle americane – non cercheranno di costruire tecnologie basate sulle proprie. Semplicemente non possono contare su di esse”, ha affermato Huang, aggiungendo: “Potrebbe ovviamente essere limitato in qualsiasi momento. Per non parlare del fatto che la Cina ha già un’ampia capacità di calcolo. Non hanno certo bisogno dei chip Nvidia, né delle tecnologie americane, per costruire il loro esercito”.

Parallelamente a queste dinamiche di mercato e alle posizioni aziendali, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha avviato, ad aprile, un’indagine ai sensi della Sezione 232 per determinare le implicazioni per la sicurezza derivanti dall’importazione di semiconduttori e delle relative apparecchiature di produzione. Questa indagine potrebbe portare all’imposizione di dazi qualora tali importazioni fossero considerate una minaccia per la sicurezza nazionale. L’ambito della revisione include un’ampia gamma di prodotti, dai substrati semiconduttori e wafer, ai chip legacy e all’avanguardia, ai componenti microelettronici e alle stesse SME, oltre ai prodotti derivati.

Chip AI cinesi: una corsa contro il tempo e la tecnologia

Il quadro tracciato dal rapporto CSET e le recenti dinamiche di mercato mostrano una Cina determinata a ridurre la sua dipendenza estera nel settore dei semiconduttori, con progressi tangibili in molti segmenti cruciali delle SME. Questi guadagni sono il frutto di una strategia nazionale a lungo termine, supportata da massicci investimenti e da un ecosistema che si rafforza anche in risposta alle restrizioni internazionali. L’ottimismo espresso da Huawei sull’autosufficienza nei chip IA entro il 2028, sostenuto da una vasta rete di aziende, dipinge un quadro ambizioso. Le nuove entrate e le maggiori quote di mercato consentiranno probabilmente alle aziende cinesi di reinvestire in ricerca e sviluppo, spingendole a “fare breccia in segmenti di strumenti più avanzati”. È inoltre atteso un consolidamento del mercato che rafforzerà ulteriormente una manciata di campioni nazionali forti, tra cui NAURA, AMEC, Piotech e SMEE.

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Tuttavia, il divario tecnologico nella litografia rimane un ostacolo imponente. La mancanza di un’alternativa nazionale agli strumenti EUV di ASML e le persistenti restrizioni all’esportazione costringono la Cina a cercare percorsi innovativi e potenzialmente più lenti per i nodi avanzati. I chip AI cinesi, pur in aumento nella produzione, mostrano ancora un gap prestazionale e di supporto software rispetto ai leader di mercato come Nvidia, un problema che richiederà anni per essere colmato. Le dinamiche geoeconomiche, esemplificate dal caso Nvidia H20 e dall’indagine Sezione 232, evidenziano una tensione costante tra la volontà di contenimento tecnologico degli Stati Uniti e le pressioni commerciali delle aziende globali. La strada verso la piena autosufficienza nel settore dei semiconduttori è complessa e costosa, ma l’impegno strategico della Cina e l’ingente mobilitazione di risorse finanziarie e umane stanno indubbiamente ridisegnando il panorama competitivo globale. La capacità di superare il “collo di bottiglia” della litografia e di elevare la qualità dei chip IA nazionali sarà il vero banco di prova per le ambizioni tecnologiche cinesi.



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