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Venture capital, così l’AI riscrive le regole per startup e investimenti


L’intelligenza artificiale sta ridisegnando i confini dell’economia dell’innovazione guidata dal venture capital.

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Le startup AI attirano capitali con velocità e valutazioni mai viste prima, mentre i venture capitalist abbandonano i criteri tradizionali per inseguire sogni da mille miliardi. Ma quanto è sostenibile questa euforia?

In un ecosistema dove le metriche classiche vacillano e l’offerta si moltiplica, il rischio di una bolla è reale. Due scenari si contrappongono: un’AI economy consolidata, fondata su infrastrutture e utili, e un tracollo selettivo che separa le promesse dalle illusioni.

I VC ora destinano una quota molto maggiore delle loro crescenti riserve di liquidità alle startup mature, piuttosto che a quelle alle prime armi

Il nuovo mito della Silicon Valley. Nvidia a 4mila miliardi (4 trillion) e non finisce qui

“Silicon Valley is racing to build the first $1trn unicorn”, titola l’Economist.

Non è solo un titolo suggestivo, ma la perfetta sintesi di ciò che oggi anima il cuore della finanza tecnologica americana.

Due anni fa, Nvidia era entrata nel club delle aziende da mille miliardi di dollari, suscitando timori tra gli investitori per una possibile sopravvalutazione. Eppure, da allora il valore delle sue azioni si è quadruplicato.

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Il 9 luglio 2025, Nvidia ha raggiunto una capitalizzazione di 4mila miliardi di dollari, l’intero ecosistema VC è entrato in una fase di corsa sfrenata verso il prossimo traguardo simbolico: il primo unicorno privato da mille miliardi.

Questo traguardo, fino a pochi anni fa impensabile, oggi sembra alla portata. Non grazie a solidi flussi di cassa o business model consolidati, ma grazie all’esplosione dell’intelligenza artificiale generativa, che ha trasformato la promessa tecnologica in narrativa finanziaria.

Da “vibe coding” a “vibe valuing”

L’euforia ha dato vita a nuove espressioni che catturano lo spirito del tempo: vibe coding, ovvero la capacità di generare codice tramite AI senza scrivere una riga, vibe valuing, la tendenza dei venture capitalist a gonfiare le valutazioni basandosi più sull’“aura” e sulle aspettative che su metriche concrete.

Esempio paradigmatico: Thinking Machines Lab, fondata da Mira Murati, ex CTO di OpenAI, ha raccolto 2 miliardi di dollari con una valutazione di 10 miliardi al primo round, senza ricavi, senza un piano strutturato. Il vero asset? Un team di ex-ricercatori OpenAI e la possibilità teorica di costruire qualcosa di straordinario.

VC, i numeri dell’euforia

Secondo PitchBook, quasi due terzi dei capitali VC nella prima metà del 2025 sono stati investiti in startup AI. Inoltre, nello stesso periodo, la quota del valore complessivo dei deal destinata alle startup mature è salita al 78%, rispetto al 59% dell’anno precedente sono stati investiti in startup AI. La categoria degli “unicorni” ha lasciato spazio a decacorni (oltre 10 miliardi) e persino a hectocorni (oltre 100 miliardi), con aziende come OpenAI (300 miliardi), Anthropic e altri player emergenti.

I fondi di venture capital americani gestiscono asset per oltre 1.300 miliardi di dollari e le startup ricevono valutazioni aggressive ben prima di generare utili. Il 78% del valore totale dei deal nel 2025 è concentrato in aziende in fase “growth”, mentre le fasi early e seed rappresentano ormai una frazione marginale.

Venture capital, con l’AI tramonto delle metriche tradizionali

In questo contesto, parametri storici come l’ARR (Annual Recurring Revenue) perdono rilevanza. Startup come Anysphere o Windsurf mostrano crescite vertiginose, ma prive di stabilità. Gli investitori parlano oggi di ERR , Experimental Run Rate, una metrica che riflette la natura instabile di ricavi legati a progetti in test, abbandonati con facilità dai clienti. Tassi di churn superiori al 20%, fatturazione a consumo, marginalità incerte. Ma le valutazioni volano: Perplexity, che ha generato 34 milioni di dollari di ricavi e ne ha bruciati 65, è valutata 14 miliardi. OpenAI ha speso 5 miliardi in R&D nel 2024 ed è oggi stimata 300 miliardi. Il mercato scommette sulla scala del mercato potenziale, non sulla solidità attuale.

Nuovi strumenti, nuova architettura del capitale

Per trattenere queste aziende in portafoglio e catturare più valore, i fondi stanno cambiando modello operativo. Sequoia Capital, ad esempio, ha dichiarato obsoleto il fondo a dieci anni già nel 2021, sostituendolo con una struttura permanente; Lightspeed Venture Partners ha recentemente fatto ricorso ai cosiddetti continuation funds per mantenere le partecipazioni in aziende promettenti.

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  • Sequoia Capital ha creato un fondo permanente, rinunciando al classico ciclo decennale.
  • Lightspeed e altri utilizzano continuation funds per reinvestire su posizioni già detenute.
  • Crescono le offerte secondarie (60 miliardi nel Q1 2025), che danno liquidità agli investitori iniziali.
  • Emergono fondi come Thrive Capital e Greenoaks, con Thrive che ha investito oltre 1 miliardo di dollari in OpenAI e che sta esplorando un modello simile al private equity nei servizi IT, che adottano approcci più selettivi, simili al private equity: pochi investimenti, grandi scommesse, visione industriale.

Vc, la corsa a mille miliardi per l’AI: due futuri possibili

In questa corsa, due gli scenari più probabili secondo vari analisti.

Scenario 1 – L’economia AI si consolida

Se la corsa ai mille miliardi sarà guidata da infrastrutture solide, una nuova economia dell’AI potrebbe emergere e stabilizzarsi. Le startup oggi in fase growth potrebbero diventare utility digitali che forniscono modelli linguistici, servizi semantici, automazione di processo e assistenti specializzati. I giganti come Nvidia, OpenAI, Amazon, Google e i nuovi unicorni privati o semi-privati si dividerebbero il mercato globale in un sistema oligopolistico fluido, ma integrato.

La finanza VC troverebbe nuovi equilibri, fondati su flussi ricorrenti, reti di partner industriali e una seconda ondata di IPO più matura. I fondi più innovativi assumerebbero un ruolo simile a quello del private equity o delle holding strategiche.

Scenario 2 – Implosione selettiva e ritorno alla realtà

Ma se le metriche restano ignorate troppo a lungo, come già accaduto in passato: nel 2021 furono creati ben 344 unicorni negli Stati Uniti, ma nel 2023 il numero era crollato a soli 45. Molti di quei cosiddetti “unicorni zombie”, le cui valutazioni erano gonfiate e oggi sarebbero ben inferiori se rivalutate, continuano a infestare il panorama della Silicon Valley, quando l’offerta supera la domanda reale è possibile un ritorno alla brutale realtà. Alcuni “hectocorni” potrebbero rivelarsi insostenibili. Le entrate non arrivano, il burn rate cresce, e i fondi più esposti potrebbero ritrovarsi con partecipazioni illiquide e sopravvalutate. In questo scenario, le metriche tradizionali (ARR, CAC, cash flow) tornerebbero in auge. Gli investitori più prudenti sarebbero premiati. Le startup che hanno costruito infrastrutture e mercati veri, non solo hype, emergerebbero come vincitori in un nuovo “AI winter selettivo”.

E quindi?

In questo momento, la Silicon Valley è guidata più dalla speranza che dai fondamentali. Ma le storie di crescita straordinaria e le valutazioni audaci non sono di per sé una bolla. A patto che nel lungo periodo emergano modelli di business scalabili, sostenibili e integrati nei processi reali delle imprese e dei cittadini.

Chi vincerà la corsa da mille miliardi? Forse nessuno. Forse più di uno. O forse sarà il mercato stesso, con le sue regole mutevoli, a riscrivere le gerarchie. Intanto, un mantra silenzioso sembra guidare gli investitori:
“Don’t overthink. Just feel the vibes.”



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