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la legge per il diritto alla disconnessione


Intervista a due promotori della proposta di legge “Lavoro e poi stacco” per il diritto alla disconnessione: Giovanni Crisanti, fondatore di AsSociata e consigliere politico presso il Parlamento europeo, e Marco Carlomagno, Segretario Generale di FLP.

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Il diritto alla disconnessione è al centro di una proposta di legge detta “Lavoro e poi stacco” e depositata alla Camera dei Deputati il 17 settembre 2024. È stata poi presentata ufficialmente il 2 ottobre 2024 dal capogruppo del Partito Democratico in Commissione Lavoro, Arturo Scotto e una ventina di deputati dell’area progressista.

A promuovere e sostenere fortemente la proposta è stata “L’asSociata”, un’associazione giovanile fondata da studenti e giovani professionisti romani, tra Giovanni Crisanti, consigliere politico presso il Parlamento europeo, che ci ha raccontato come è nata l’idea e a che punto è la proposta in Parlamento. Tra i sostenitori anche Marco Carlomagno, Segretario Generale di FLP, che ci ha spiegato perché la Federazione Lavoratori Pubblici ritiene doverosa una legge sul diritto alla disconnessione.

L’impegno di L’asSociata per il diritto alla disconnessione: intervista a Giovanni Crisanti

 

Le origini di L’asSociata: una voce indipendente nel panorama giovanile

L’asSociata nasce a Roma nel 2018 per iniziativa di un gruppo di giovani studenti e professionisti universitari che, come racconta Giovanni Crisanti, uno dei fondatori, “non si sentivano comodi all’interno di alcune realtà giovanili partitiche, che in quel momento storico ci sembravano un po’ settarie”. Da lì l’idea di organizzare un grande evento di confronto pubblico: un’iniziativa costruita con mesi di lavoro, il coinvolgimento di sponsor e l’adesione di circa 200 partecipanti.

“Abbiamo dato vita a nove tavoli tematici su questioni legate al mondo giovanile, alla città di Roma, all’alternanza scuola-lavoro. Ogni tavolo metteva in dialogo giovani con rappresentanti delle istituzioni e dirigenti d’azienda, con l’obiettivo di proporre soluzioni concrete”, spiega Crisanti.

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Crescendo, L’asSociata ha spostato il focus su temi vicini alla vita lavorativa dei giovani adulti. È in questo contesto che è nata la prima battaglia politica e culturale dell’associazione: la promozione del diritto alla disconnessione.

Una necessità vissuta sulla propria pelle

La proposta di legge sul diritto alla disconnessione è nata da un’esperienza diretta e diffusa tra i membri dell’associazione. “Molti di noi, appena entrati nel mondo del lavoro, si sono trovati in ambienti in cui non si staccava mai davvero: telefonate, email, messaggi anche nel weekend, sul numero personale, con il senso di colpa se rispondevamo tardi”, racconta Crisanti.

Questa condizione ha spinto L’asSociata a riflettere sulla necessità di aggiornare il quadro normativo italiano: “I contratti collettivi e la struttura sindacale italiana tutelano il lavoro, ma oggi serve qualcosa di più: una norma che riconosca che anche fuori dall’orario, se sei connesso, stai lavorando e devi essere retribuito”.

Secondo Crisanti, non si tratta solo di una questione di tutele, ma anche di benessere organizzativo e di produttività: “Il work-life balance aiuta anche le aziende: se alterni tempo di lavoro e tempo privato, sei più fresco e rendi di più”.

Dal racconto dei lavoratori alla proposta di legge

Il percorso verso la proposta parlamentare non è stato immediato. “All’inizio abbiamo iniziato a raccogliere testimonianze tramite i nostri canali social. Era un tema poco esplorato, di cui si parlava poco, nonostante toccasse la vita quotidiana di tantissimi”, ricorda Crisanti.

L’asSociata ha quindi organizzato un tour in oltre 30 tappe, incontrando associazioni, partiti giovanili, aziende. Da questi incontri è nata una proposta di legge, depositata ufficialmente alla Camera il 17 settembre 2024 e presentata il 2 ottobre, con il supporto di Arturo Scotto (PD) e altri deputati.

La proposta di legge e il suo impianto normativo

Crisanti chiarisce che il diritto alla disconnessione non è un concetto inedito nel panorama normativo: “Era già stato introdotto nel contesto dello smart working, soprattutto durante il periodo del COVID. Ma si trattava di un diritto limitato a quella modalità lavorativa”.

La proposta presentata da L’asSociata, invece, mira a riconoscere il diritto alla disconnessione per tutte le categorie di lavoratori: subordinati, autonomi e professionisti. “Non è pensabile che chi lavora in ufficio, appena uscito, debba continuare a essere reperibile tramite dispositivi digitali, senza limiti”.

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Il testo normativo prevede, tra l’altro:

  • un intervallo minimo di 12 ore tra la fine e l’inizio di un turno di lavoro, in cui vige il divieto di contatto da parte del datore, salvo urgenze;
  • estensione del diritto anche a liberi professionisti attraverso aggiornamenti ai codici deontologici;
  • obblighi per le aziende con oltre 15 dipendenti di fornire dotazioni digitali adeguate;
  • sanzioni da 500 a 3.000 euro per violazioni documentate.

Difficoltà politiche e resistenze culturali

Nonostante il crescente interesse, la proposta fatica a essere discussa in Parlamento. “Essendo sostenuta da partiti di opposizione, come il PD, è difficile ottenerne la calendarizzazione. La priorità ce l’ha la maggioranza”, spiega Crisanti.

Alcuni partiti di centrodestra hanno riconosciuto il tema, ma non ne condividono l’impostazione normativa: “Temono che un’eccessiva tutela renda troppo difficile il lavoro del datore. Ma noi abbiamo chiarito: non è che se telefoni fuori orario finisci in prigione. Le sanzioni si attivano solo in assenza di accordi, straordinari o recuperi previsti”.

Il messaggio dell’associazione è chiaro: “Questa proposta tutela il lavoratore, ma anche la qualità e l’efficienza del lavoro stesso”.

Un incentivo anche per le aziende

Per Crisanti, è importante evidenziare che il disegno di legge non impone solo divieti, ma prevede anche strumenti positivi per le imprese: “Ci sono incentivi fiscali per le aziende che forniscono ai lavoratori dotazioni tecnologiche adeguate, per distinguere l’ambito professionale da quello privato”.

Uno degli articoli più innovativi della proposta è quello relativo alla formazione dei neoassunti: “Come per i corsi obbligatori sulla sicurezza, ogni lavoratore dovrebbe essere informato fin dal primo giorno del suo diritto alla disconnessione. Soprattutto nelle grandi società di consulenza, dove questa cultura è spesso del tutto assente”.

A che punto è la proposta: una battaglia culturale prima che legislativa

Secondo Crisanti, il diritto alla disconnessione è prima di tutto una questione culturale. “In Italia e altrove c’è ancora l’idea che sia giusto ‘farsi il mazzo’ anche oltre l’orario. Ma c’è differenza tra lavorare con criterio e farlo senza criterio. Il tempo libero è parte integrante della produttività”.

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Informare i giovani lavoratori sui propri diritti, educare le aziende, costruire una nuova cultura del lavoro sono per L’asSociata obiettivi primari: “La legge può aiutare, ma serve un cambiamento di mentalità”.

Il ruolo dell’Europa nel promuovere il diritto alla disconnessione

In chiusura, Crisanti sottolinea che il tema è ormai presente anche a livello europeo: “La Commissione europea, sotto la guida di Ursula von der Leyen, ha avviato un dialogo con stakeholder e imprese per affrontare la questione”.

Sebbene al momento non ci sia ancora una direttiva europea sul diritto alla disconnessione, il tema è stato incluso nella missione del commissario europeo al lavoro e alle politiche sociali. “Anche se l’instabilità politica può rallentare i processi, le promesse fatte all’inizio del mandato sono destinate a restare”.

E conclude: “Capisco che con la guerra o le crisi economiche qualcuno possa pensare che questi temi siano minori. Ma i legislatori sono tanti, le commissioni sono divise per competenze proprio per questo. Anche i diritti dei lavoratori meritano attenzione”.

“Lavoro e poi stacco”: la posizione di Marco Carlomagno Segretario Generale di FLP

 

Una trasformazione organizzativa necessaria

Il diritto alla disconnessione è diventato un tema centrale nel dibattito sindacale contemporaneo, soprattutto alla luce del crescente utilizzo del lavoro agile e da remoto. Marco Carlomagno, Segretario Generale della FLP (Federazione Lavoratori Pubblici), sottolinea come lo smart working abbia rappresentato “un formidabile strumento di innovazione organizzativa e di trasformazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa”.

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Nonostante sia stato spesso oggetto di «numerosi “stop and go” negli ultimi anni», questo nuovo modello ha portato benefici tangibili. Secondo Carlomagno, «la maggiore flessibilità, la possibilità di lavorare per obiettivi anziché per adempimenti formali, la spinta all’autonomia decisionale e il senso di responsabilità accresciuto» hanno migliorato sia la qualità del lavoro che l’efficienza dei servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione.

Il rischio dell’iperconnessione

Tuttavia, insieme alle opportunità, sono emerse anche nuove criticità. Il rischio principale, osserva Carlomagno, è legato alla crescente reperibilità: “La flessibilità organizzativa non può trasformarsi in reperibilità h24”.

L’uso intensivo di strumenti digitali – email, chat aziendali, notifiche su smartphone – ha infatti esteso i confini dell’orario di lavoro in modo non sempre controllato, con effetti negativi sulla salute psicofisica dei lavoratori. Proprio per questo motivo, il diritto alla disconnessione diventa una tutela imprescindibile per garantire l’equilibrio tra vita privata e professionale.

Le misure nei contratti collettivi

FLP ha già ottenuto risultati concreti su questo fronte attraverso la contrattazione collettiva. Come spiega Carlomagno, “nei Contratti collettivi nazionali di lavoro, abbiamo definito con chiarezza che la contattabilità non può eccedere l’orario di lavoro”. In aggiunta, sono state introdotte fasce orarie di inoperabilità durante le quali non possono essere richieste prestazioni lavorative, nemmeno tramite strumenti informatici.

Nel CCNL delle Funzioni Centrali è stato sancito anche il principio della disconnessione prolungata: “Il lavoratore deve poter godere di almeno 11 ore consecutive di disconnessione, con un divieto assoluto di prestazione lavorativa in caso di lavoro notturno, dalle 22:00 alle 6:00 del giorno successivo”.

Una legge nazionale per tutelare tutti

Nonostante i progressi contrattuali, FLP sostiene fermamente anche l’introduzione di una regolamentazione normativa del diritto alla disconnessione. Secondo Carlomagno, “laddove la contrattazione stenta a decollare o vi è un’evidente asimmetria tra datore di lavoro e lavoratore, una norma nazionale – che salvi comunque le disposizioni contrattuali più favorevoli – può rappresentare un argine efficace per garantire il rispetto di questo diritto fondamentale”.

Tuttavia, il percorso legislativo è ancora bloccato. Due proposte di legge, una alla Camera e una al Senato, “giacciono ormai da tempo senza essere neppure calendarizzate in Commissione”. Per Carlomagno, questa è “la prova concreta delle resistenze ancora presenti in alcuni settori della politica, delle amministrazioni e dei datori di lavoro”.

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