Il presente contributo analizza il tema della distribuzione di polizze unit linked, soffermandosi sulle regole di condotta applicabili, in particolare quelle di trasparenza informativa, anche alla luce degli ultimi orientamenti dell’ACF.
Abstract
Nel collocamento delle polizze unit linked[1], i distributori sono tenuti a fornire ai contraenti informazioni chiare e complete, in una sola parola trasparenti. In altri termini, il cliente, in particolare se al dettaglio (retail)[2], deve essere messo nella condizione di comprendere pienamente le caratteristiche del prodotto che si appresta a sottoscrivere e di effettuare, pertanto, una scelta consapevole.
L’obbligo di trasparenza non può dirsi assolto solo con la passiva consegna della documentazione essendo necessario che l’informativa resa dal distributore (rectius: dall’intermediario) sia effettiva, personalizzata e concretamente comprensibile. Sul tema, oltre ai giudici, si è più volte espresso anche l’Arbitro per le controversie Finanziarie (ACF), per il quale l’informativa riveste un ruolo cruciale nella distribuzione dei prodotti di tipo unit linked.
1. Premessa
La nozione di prodotto di investimento assicurativo è stata introdotta dall’art. 91 direttiva 2014/65/EU (MIFID II), che lo ha definito come «prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato […]». Per la prima volta, il prodotto di investimento assicurativo ha così acquistato nel panorama giuridico un’autonoma dignità. In altri termini, il legislatore europeo con la MIFID II, partendo dal presupposto che tali prodotti costituiscono una valida alternativa agli strumenti finanziari già regolamentati dalla MIFID I[3], ha sollecitato l’introduzione di una normativa ad hoc che fosse in grado di assicurare ai clienti pari dignità e tutela in termini di trasparenza (Considerando 87). Aderendo a tale necessità, il legislatore europeo è intervenuto dapprima con il Regolamento 1286/2014 (PRIIPS) e, successivamente con la direttiva 2016/97/EU (IDD)[4].
Grazie all’emanazione di una normativa dedicata, con riferimento alla condotta dei distributori, alla diligenza come canone di valutazione del corretto adempimento delle obbligazioni ai sensi dell’art. 1176 c.c., è stato sostituito il concetto di equità, correttezza e trasparenza quale mezzo per garantire il miglior interesse per i contraenti.
2. Natura mista delle polizze unit linked ed effetti sulla distribuzione
Come dimostrato dall’articolata evoluzione legislativa, le polizze unit linked sono un contratto complesso perché combinano in sé una componente assicurativa e una finanziaria (per questo si parla di contratto a natura mista[5]). Tale peculiarità ha attirato l’attenzione della giurisprudenza, la quale chiamata a pronunciarsi sulla specialità di tale natura, ha ritenuto di classificare come pure quelle polizze che non prevedono alcuna garanzia di restituzione di capitale[6]. Simili prodotti, essendo – per la giurisprudenza maggioritaria[7] – privi di una componente assicurativa[8] sono stati trattati, a prescindere dal nomen iuris utilizzato , come dei prodotti di investimento veri e propri con tutte le conseguenze che da ciò sono derivate in termini di trasparenza, tutela e informativa al cliente.
Partendo dall’assunto che le polizze pure non garantiscono la restituzione del capitale, alcuni giudici, ritenendo che si trattasse di prodotti di investimento sic et sempliciter, hanno dichiarato la nullità di una polizza di tipo unit linked per mancanza del contratto quadro, a nulla rilevando la natura (bancaria o assicurativa) dell’intermediario (Trib. Roma, 28 dicembre 2024 n. 19626)[9].
A parte il naturale “scompiglio” che tale pronuncia ha comprensibilmente creato negli operatori di settore, è importante sottolineare che, viceversa, l’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) ha ritenuto infondata la richiesta di nullità per assenza di un contratto quadro chiarendo che il richiamo all’art. 23 TUF non può dirsi più pertinente atteso che, «a seguito delle profonde modifiche che hanno interessato la disciplina assicurativa successivamente al recepimento della direttiva IDD, il novellato articolo 25 ter[10] non opera più alcun rimando alla citata norma (n.d.r. art. 23 TUF). Come noto, infatti, nella nuova formulazione tale articolo prevede che “la distribuzione dei prodotti di investimento assicurativi è disciplinata dalle disposizioni di cui al Titolo IX del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e dalla normativa europea direttamente applicabile”. Il codice delle assicurazioni private non prevede un obbligo di stipula di un contratto quadro in forma scritta né una tale prescrizione è posta dalla normativa europea di riferimento, anche considerato che la disciplina della forma ad substantiam in questo settore non è di ispirazione comunitaria bensì nazionale, essendo stata introdotta per la prima volta con la legge n. 1/1991 e poi confluita nell’evocato art. 23 TUF» (ACF decisione 7443 del 26 giugno 2024). La decisione del Collegio, poc’anzi citata, appare perfettamente in linea con il nuovo assetto normativo introdotto dal D.lgs. 68 del 2018. Sebbene l’art. 25-ter (dedicato proprio ai prodotti di investimento assicurativo) abbia sostanzialmente recepito il contenuto dell’art. 25-bis, il legislatore ha, infatti, scelto di non fare alcuna menzione, nel nuovo art. 25-ter, dell’art. 23 del TUF, da qui la non necessità di un contratto quadro.
3. Distribuzione delle polizze unit linked e il concetto di informazione “in concreto”
Al momento della sottoscrizione, il contraente deve ricevere informazioni chiare, complete e personalizzate riguardo la natura e le caratteristiche del prodotto. Detta in parole più semplici, non basta che l’intermediario dia al cliente senza conoscenze o esperienza i documenti informativi, perché da soli questi non bastano ad aiutarlo a fare scelte consapevoli. Da parte dell’ACF è stata elaborato il concetto di informativa in concreto «che si traduce nel dovere dell’intermediario di valutare, di volta in volta quale tipologia di investimento e quale strumento finanziario è più adatto al cliente, mettendogli a disposizione tutte le informazioni necessarie affinché capisca in che modo sta investendo e quali sono i relativi rischi»[11].
Di contro, l’investitore che solleva una contestazione in merito a delle omissioni informative da parte dell’intermediario deve dimostrare di essere stato parte attiva nel rapporto e, di aver tutto fatto quanto è nelle sue possibilità per comprendere la natura e rischi dell’operazione di investimento.
In estrema sintesi, se l’intermediario è chiamato a valutare l’adeguatezza del prodotto il cliente deve dedicare il giusto tempo a compilare il questionario e a richiedere (all’intermediario) ogni opportuno chiarimento prima di assumersi la paternità del contenuto delle dichiarazioni rese al momento della sottoscrizione (principio di autoresponsabilità).
Tuttavia, anche se con la sottoscrizione del questionario il cliente si assume la paternità delle dichiarazioni rese, l’intermediario sarà ritenuto responsabile laddove il questionario si presenti inadeguato a ad accertare la reale conoscenza da parte del cliente dei prodotti finanziario-assicurativi. Affinché un questionario sia definito appropriato è necessario che preveda domande finalizzate ad appurare l’effettivo grado conoscenza di tali prodotti e non deve, pertanto, contenere solo il riferimento a concetti economici di carattere generale. Riguardo al profilo di adeguatezza, l’Arbitro ha precisato che «l’opzione (selezionata dal Cliente) volta ad affermare la precedente operatività in “azioni e prodotti finanziario-assicurativi”, nell’impedire la scelta soltanto di una delle due categorie, risulta inidonea a far comprendere chiaramente e univocamente di quali tipi di strumenti e prodotti finanziari il ricorrente abbia avuto effettiva esperienza. A ciò potendosi aggiungere che l’esperienza dichiarata risulterebbe maturata presso Intermediari terzi, così traducendosi in un dato non direttamente controllabile dall’Intermediario, il quale prima di proporre un investimento di una portata così importante […] avrebbe dovuto assicurarsi dell’effettiva conoscenza ed esperienza del Cliente in tale tipologia di prodotti» (ACF decisione 7 agosto 2024 n. 7554).
Relativamente all’adempimento degli obblighi di adeguatezza informativa da parte dell’intermediario, il Collegio ha ricordato che la sottoscrizione da parte del cliente della dichiarazione di avvenuta consegna del KID è sufficiente a fare ritenere correttamente assolti gli obblighi di informativa a carico del distributore (ACF decisione n. 6877 del 4 ottobre 2023). Cionondimento, con riferimento ai PRIIPs multi-opzione ovvero prodotti che offrono al cliente la possibilità di scegliere di allocare il premio in diverse opzioni di investimento (MOPs), l’Arbitro ha condannato l’operato di un distributore che aveva consegnato un KID generico comprensivo di tutte le opzioni senza informazioni specifiche riguardo all’opzione prescelta. Per l’Arbitro, una siffatta informativa è censurabile perché si traduce in un’informativa vuota che non consente al cliente di giungere a una scelta consapevole (ACF decisione n. 7532 del 31 luglio 2024).
Nell’ambito dell’attività di distribuzione, a prescindere dal fatto che il cliente dichiari di aver letto e compreso il Set informativo, la cui consegna è obbligatoria prima della sottoscrizione della polizza, per l’Arbitro è cruciale che dalla documentazione sia possibile evincere l’«effettivo e idoneo assolvimento degli obblighi informativi preventivi, non potendo dirsi accertato che essa sia stata effettivamente messa nella disponibilità del cliente e, soprattutto, che sia stato fornito, in tale contesto, anche il regolamento del fondo interno prescelto; documento, quest’ultimo, da ritenersi essenziale per farne scaturire una scelta d’investimento effettivamente consapevole». Quando un cliente si accinge a sottoscrivere una polizza di tipo unit linked deve essere informato sul fatto che non esiste nessuna garanzia di restituzione del capitale investito e deve esserci coerenza tra il prodotto offerto e le informazioni rese dal sottoscrittore (ACF decisione n. 7830 del 3 febbraio 2025)
Ai fini di una chiara informativa è altresì importante che il cliente sia reso edotto dei costi e degli oneri connessi alla prestazione. Dal Collegio è stata ritenuta non conforme alla normativa di settore la documentazione informativa consegnata al cliente al momento della sottoscrizione di una polizza unit linked, che, pur permettendo di comprendere il controvalore complessivo dei costi, non forniva una rappresentazione degli stessi in modo chiaro, corretto e facilmente comprensibile, giacché forniva l’informativa tramite “codici” non aiutando il cliente a capire il sistema degli incentivi e delle retrocessioni previste per l’intermediario (decisione n. 7300 del 16 luglio 2024).
Sempre in tema di costi, è stata ritenuta dall’Arbitro non corretta e fuorviante l’informativa resa da un distributore che aveva consegnato al cliente una documentazione contradditoria che, nella proposta contrattuale per la prestazione del servizio di gestione riportava la presenza di costi di rimborso e la loro progressiva diminuzione sino all’azzeramento decorsi sei anni mentre, nei moduli d’ordine recava l’indicazione che i costi di rimborso riferiti alla gestione erano pari a zero (decisioni n. 7344 e 7345 entrambe del 10 maggio 2024).
In ambito assicurativo, stante l’intrinseca asimmetria contrattuale tra assicurato e assicuratore è essenziale che al momento della distribuzione l’intermediario aiuti il cliente – soprattutto qualora non qualificato o professionale – a prendere una scelta consapevole e a scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze e al proprio profilo di rischio.
4. Conclusioni
La trasparenza e l’adeguatezza delle informazioni rese al momento della sottoscrizione del contratto sono importanti sotto un duplice aspetto: da un lato, aiutano il cliente a fare una scelta consapevole e dall’altro, prevengono il rischio di possibili contenziosi che potrebbero minare la validità dei contratti con conseguenti costi per l’impresa di assicurazione.
[1] Le polizze unit linked sono definite dall’art. 2 del codice delle assicurazioni private (CAP) come le assicurazioni, di cui ai Rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) o di fondi interni. Diversamente, nel caso delle polizze index linked, la prestazione assicurata è direttamente collegata indici azionarti.
[2] Tutti i risparmiatori, quando investono, sono investitori retail, tranne coloro che rientrano nella nozione di clienti professionali ovvero in quella di controparti qualificate. Sono i risparmiatori – anche imprese, società o altri enti – che non possiedono particolari competenze, esperienze e conoscenze in materia finanziaria (art. 2, comma 1, lett. g), del Regolamento ACF).
[3] La Direttiva 2004/39 CE (MIFID I) ha introdotto l’obbligo di profilatura del cliente e ha distinto tre diverse categorie di investitori: professionali, controparti qualificate e clienti al dettaglio
[4] Recepita nel nostro ordinamento dal D.lgs 68 del 2018, il quale ha inciso in misura considerevole sullo statuto della trasparenza applicabile alle polizze unit linked, grazie all’introduzione dell’art. 25 ter e alle modifiche apportate al D.lgs 209 del 2005 (CAP).
[5] Nelle polizze unit linked alberga una componente assicurativa che fornisce la copertura contro il verificarsi di determinati eventi, come la morte dell’assicurato, e una componente finanziaria legata al valore delle quote in cui il premio viene investito.
[6] Cfr. Cass. civ. 18 aprile 2012; Cass. civ. 5 marzo 2019 n. 6319 ha suddiviso le polizze unit linked in: garantite, parzialmente garantite e pure. Nella prima il rischio finanziario è posto totalmente a carico dell’impresa assicuratrice mediante clausole che consentono all’assicurato di ottenere la restituzione dell’intero capitale al termine del periodo contrattuale e di percepire in aggiunta, al capitale, eventuali ulteriori rendimenti; nella secondo ipotesi il rischio finanziario è ripartito tra assicurato e impresa, la quale al termine del periodo contrattuale è tenuta alla restituzione solo di un parte del capitale investito oltre eventuali plusvalenze derivanti dall’investimento effettuato; nella terza ipotesi il rischio finanziario è posto interamente a carico e la compagnia non fornisce alcuna garanzia di restituzione del capitale e di eventuali rendimenti minimi, perché l’importo assicurato è direttamente collegato all’andamento del titolo e dei mercati finanziari ed è, pertanto, incerto.
[7] Riguardo alla natura delle polizze di tipo unit linked merita ricordare G. VOLPE PUTZOLU, Le polizze linked tra norme comunitarie, TUF e codice civile, in Ass., 2012, I, p. 414, secondo la quale le polizze linked non sono prodotti finanziari ma contratti di assicurazione connessi ad un’operazione finanziaria. A parere dell’autrice, il rilievo dell’operazione finanziaria sarebbe solo “indiretto”. L’Autrice sostiene che le polizze linked non sono riconducibili a prodotti di investimento, in quanto la finalità previdenziale, normalmente è attribuita alle polizze vita, non emerge da nessuna norma del codice civile.
[8] A parere della giurisprudenza ormai consolidata, nelle polizze pure il rischio demografico (elemento essenziale nelle polizze Vita) è pressoché insussistente perché non è garantito all’assicurato il riconoscimento di nessuna somma di denaro (seppure minima), che sia disancorata dal valore delle quote di investimento. Sicché, l’evento legato alla durata della vita umana (morte dell’assicurato) figura come semplice parametro temporale per individuare il momento in cui verrà eseguita la prestazione da parte dell’impresa (liquidazione del sinistro) dal momento che, l’assunzione del rischio da parte dell’assicuratore è soltanto apparente (Cass. sez. I, 09 aprile 2024, n. 9418 in senso conforme Trib. Torino, sez. IV, 19 luglio 2024, n. 4173).
[9] Sulla medesima questione, viceversa, il Tribunale di Bergamo con la sentenza del 21 luglio 2021 confermava il c.d. principio del doppio binario in base al quale la normativa del TUF e del Regolamento Intermediari Consob (Regolamento 29 ottobre 2007, n. 16190) sull’intermediazione finanziaria trova applicazione, in caso di collocamento di polizze vita del tipo unit linked, solo se il prodotto è distribuito dai soggetti abilitati ai sensi del TUF e non dai tradizionali intermediari di assicurazione, come i mediatori di assicurazione (i c.d. broker) o gli agenti assicurativi.
[10] L’introduzione dell’art. 25 ter è avvenuto con il recepimento della Direttiva IDD ad opera del D.lgs 68 del 2018, il quale ha inciso in misura considerevole sullo statuto della trasparenza applicabile alle polizze unit linked.
[11] Cfr. Relazione annuale 2022 dell’Arbitro per le controversie finanziarie.
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