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Siemens democratizza l’impiego dell’AI nel manifatturiero


È la velocità la variabile che ormai sta decretando il successo, e a volte la capacità di sopravvivere, delle aziende oggi. E variabile è anche l’aggettivo quanto più adeguato oggi all’andamento dei mercati, in una competizione a livello internazionale che non si gioca più soltanto sul costo del lavoro o sulla scala produttiva, ma sulla capacità di anticipare, e addirittura modellare, ambienti che cambiano con velocità esponenziale e senza troppi preavvisi. Siemens Italia ne è consapevole, e ha voluto confrontarsi su questi temi insieme ai propri clienti e partner in occasione del Tech Talk di quest’anno, giunto alla sua quinta edizione.

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Gli elementi di questo bisogno di reattività scattante vengono identificati dal CEO Floriano Masoero senza girarci intorno: “Accelerazione geopolitica, convergenza hardware-software e intelligenza artificiale diffusa sono i tre assi che stanno ridisegnando la mappa industriale, obbligando le aziende a ripensare processi, modelli di business e cultura manageriale”. E in fretta: “Dal pomeriggio alla mattina può cambiare un governo, un dazio, la disponibilità di una materia prima. La sola risposta possibile è digitalizzare ogni anello della catena decisionale, così da passare in ore da un’idea simulata a un investimento avviato”.

Nel manifatturiero questa corsa alla rapidità era già partita, ma in ordine sparso e con pochi concreti vantaggi. I tanti POC isolati che si sono moltiplicati nei reparti innovazione non sono mai stati trasformati in prassi di fabbrica. “Il problema non è inventare algoritmi, ma rendersi scalabili – osserva Masoero -: ogni volta uno stack software diverso, librerie nuove, hardware da riconfigurare”. Un collo di bottiglia per superare il quale Siemens ha ridisegnato l’architettura di fabbrica con la Siemens AI Suite, un layer standard che unifica modelli, librerie, gestione dei dati e tutti i servizi necessari a distribuire, monitorare e aggiornare i modelli di apprendimento automatico.

 

A sinistra, nella foto, Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, che nel suo talk ha spiegato la direzione che l’azienda sta percorrendo per concretizzare e democratizzare l’uso dell’intrelligenza artificiale nel manifatturiero

Una piattaforma che consente di distribuire applicazioni di visione artificiale, manutenzione predittiva o ottimizzazione energetica con la stessa velocità con cui si lancia una app consumer, trasformando i proof of concept finora confinati ai reparti innovazione in decisioni operative scalabili per l’intera fabbrica.

Le idee sull’AI ci sono. La scalabilità rende i costi sostenibili

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Nel controllo qualità visivo – un esempio su tutti – basta collegare la telecamera. La suite scarica il modello, lo addestra una sola volta su immagini etichettate e lo distribuisce su un pc industriale con moduli Nvidia. Se successivamente il diametro del pezzo/componente in questione passa da 22 a 24 mm, basta aggiornare tre parametri invece che riscrivere interamente il codice. “

Ottenendo una scalabilità che taglia i costi tanto quanto l’accuratezza riduce gli scarti – aggiunge Masoero, che si chiede anche se abbia ancora senso identificare Siemens come azienda di hardware o software -. Una distinzione che è ormai superata. Dopo lo smartphone e l’auto elettrica, tocca alla fabbrica diventare un device connesso. Il valore non è né nell’hardware né nel software, ma nella loro fusione. Per questo ritengo che la prossima corsa non sarà solo ai modelli generativi, ma all’elettronica che li fa girare in tempo reale e vicino all’impianto. Edge device accelerati, gateway industriali e sensori intelligenti”. Che poi tutto questo porta anche a una sorta di democratizzazione della potenza di calcolo, con medie imprese che fino a ieri gestivano un semplice automa programmabile che ora si potranno trovarsi in sala quadri un acceleratore GPU pronto all’uso.

Siemens toglie i freni per l’adozione dell’AI in ambito industriale

Ma portare l’intelligenza artificiale “dal cloud al quadro elettrico” significa anche alzare drasticamente l’asticella dell’affidabilità. Se l’AI consumer ci ha abituati a sopportare allucinazioni e risposte imprecise, in produzione un errore può bloccare la linea, generare scarti o mettere a rischio la sicurezza degli operatori.

Per raggiungere questi livelli di precisione servono però competenze molto più spinte, dalla scelta di hardware dedicato al re-training continuo dei modelli, fino alla validazione in campo. E da qui la sfiducia che rallenta l’adozione dell’AI, con il 92 % delle aziende che non riesce a trovare profili con queste skill specialistiche e, di conseguenza, solo il 16 % si dice soddisfatta dei progetti già avviati. “Percezione di scarsa affidabilità, carenza di talenti e difficoltà nel misurare il ROI frenano l’adozione – conferma Masoero -. La nostra scommessa è rimuovere tutti e tre gli ostacoli con soluzioni plug-and-play che rendano l’AI industriale affidabile quanto un interruttore di sicurezza”.

Uomini e AI, la nuova forza lavoro, mista, da gestire nel futuro

Il passo successivo, già in fase di test, sono gli “agenti industriali”, programmi autonomi all’interno della fabbrica il cui schema lavorativo si riassume in un sistema centrale che riceve i dati di linea, incarica un software di progettazione di aggiornare lo schema elettrico dopo un retrofit, ne attiva un altro che rigenera il manuale in PDF e ne avvia un terzo che prepara il gemello digitale per la riaccensione. Con le interfacce disponibili oggi tutto questo è già tecnicamente fattibile. Ma rimane l’ostacolo della fiducia necessaria per delegare davvero queste attività alle macchine. Per questo la componente umana rimane irrinunciabile, e i manager di domani dovranno imparare a coordinare persone e agenti software, trovando il giusto equilibrio fra autonomia operativa e controlli di sicurezza.

Il fattore energetico. Siemens abbina fonti rinnovabili e AI

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L’onda lunga dell’AI solleva comunque un problema energetico. Gli analisti calcolano che i data center pesano oggi circa il 4% dei consumi elettrici a livello globale e potrebbero toccare il 10-12% entro il 2030. Siemens affronta la questione sia con il progetto di data center “carbon neutral” alimentati da fonti rinnovabili e sistemi di raffreddamento ad alta efficienza, sia chiamando in aiuto l’AI stessa, che riduce del 30-40% i consumi energetici degli impianti industriali grazie a predictive maintenance, algoritmi di scheduling e ottimizzazione termica.

Il saldo può essere positivo se digitalizziamo in fretta i nodi che oggi sprecano energia – insiste Masoero -, creando un circolo virtuoso che porterà benefici sia per l’ambiente sia sul fronte della competitività, dal momento che ogni kilowatt risparmiato è margine operativo che resta in azienda”.

L’Italia va veloce… se non la burocrazia non la frena

Una competitività che pone l’Italia, con il suo tessuto manifatturiero diffuso, la creatività ingegneristica e la presenza di oltre cinquemila costruttori di macchine utensili solo nell’arco padano, su un gradino alto.

Siamo di fronte a una rivoluzione non più differibile – chiude Masoero -. Chi saprà orchestrare persone, dati e macchine in un unico flusso diventerà il benchmark del proprio settore. E in questa partita, l’Italia ha l’opportunità di correre non da follower ma da leader. A patto che la macchina burocratica europea semplifichi autorizzazioni, incentivi e dazi interni. Nel nostro Paese abbiamo imprenditori che sperimentano senza paura, supply chain corte e competenze artigiane che possono diventare digitali più in fretta di quanto si creda. Il futuro, dicevamo, premierà le aziende veloci. Beh, l’ingegno italiano è già veloce di suo, serve solo un ecosistema normativo che non metta il freno a mano”.

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