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PNRR: la promessa interrotta – Paese Italia Press


Dove finiscono i miliardi europei quando lo Stato arranca e le mafie osservano: tra ritardi, progetti fermi e infiltrazioni crescenti.

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di Francesco Mazzarella

Quando nel 2021 l’Italia ha varato il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’opinione pubblica ha assistito con fiducia a quello che doveva essere il più grande investimento pubblico della storia repubblicana dal Dopoguerra. Con 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 a fondo perduto e il resto in prestiti a tasso agevolato, il PNRR era molto più di un programma economico: rappresentava la promessa di un nuovo inizio, una transizione verso un Paese più digitale, verde, equo e resiliente. A distanza di quattro anni dall’avvio e con una prima scadenza intermedia superata, il bilancio reale di questa colossale operazione si rivela meno brillante delle aspettative, in molti casi opaco, e in altri decisamente allarmante. L’attuazione del piano sta mostrando limiti cronici dell’apparato amministrativo italiano, inefficienze territoriali, sprechi di risorse e, quel che è peggio, una crescente vulnerabilità alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Le sei missioni in cui si articola il piano – digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, istruzione, inclusione sociale e salute – avrebbero dovuto generare oltre 500mila posti di lavoro, rilanciare i territori marginali, migliorare le prestazioni della pubblica amministrazione e stimolare l’innovazione. Tuttavia, una parte significativa di questi fondi è rimasta bloccata o mal impiegata. Secondo i dati ufficiali e l’analisi dell’Unità di missione PNRR della Presidenza del Consiglio, al 30 giugno 2025 soltanto il 39% dei progetti è stato concluso, mentre il 46% risulta ancora in fase esecutiva e il restante 15% non è mai partito, nonostante i fondi siano stati stanziati. Questo significa che circa 28 miliardi di euro risultano fermi su conti di enti locali, aziende o istituzioni che non hanno mai avviato i lavori. Le ragioni sono molteplici: ritardi burocratici, carenze progettuali, ricorsi amministrativi, ma anche resistenze politiche locali e – in alcuni casi documentati – pressioni da parte di soggetti legati alla criminalità organizzata.

Uno dei campi più colpiti da questo stallo è quello delle infrastrutture per la mobilità sostenibile nel Mezzogiorno. La promessa di un’alta velocità ferroviaria estesa al Sud resta ad oggi largamente disattesa. Interi tratti progettati tra Battipaglia e Reggio Calabria, o tra Catania e Palermo, hanno ricevuto assegnazioni economiche, ma sono ancora al palo. Alcuni bandi sono andati deserti, altri sono stati bloccati da contenziosi, e molti altri sono stati impantanati nella complessità delle autorizzazioni ambientali e delle conferenze di servizi. Ma c’è un altro elemento che aggrava questo quadro: l’attenzione sempre più concreta delle mafie verso i fondi del PNRR. La Direzione Investigativa Antimafia (DIA), nella sua relazione semestrale, ha dichiarato che tra gennaio e giugno 2024 ha ricevuto oltre 11.800 richieste di attivazione delle misure antimafia per imprese coinvolte in progetti PNRR. Di queste, almeno 8 hanno portato a provvedimenti interdittivi formali, ma molte altre sono ancora sotto osservazione. La DIA ha rilevato come le organizzazioni criminali, in particolare in Campania, Sicilia e Calabria, abbiano assunto un atteggiamento “mimetico”, attraverso imprese di comodo, prestanome e strutture apparentemente pulite. Queste si candidano regolarmente ai bandi, soprattutto negli appalti di media entità, sotto soglie che obbligherebbero a verifiche più approfondite, infiltrandosi così nel sistema degli appalti pubblici con una strategia di bassa visibilità ma ad alto rendimento.

A confermare la tendenza è anche il rapporto 2024 dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, secondo il quale le segnalazioni di operazioni sospette legate al PNRR sono aumentate sensibilmente: 805 quelle registrate nel solo 2024, contro le 309 del 2023. L’incremento è pari al 160%, un dato che non può essere trascurato. Le segnalazioni riguardano operazioni bancarie anomale, investimenti improvvisi di imprese precedentemente inattive, movimenti di denaro verso conti esteri e triangolazioni con fornitori non tracciabili. Una delle modalità più comuni è l’utilizzo di società “filtro”: imprese create ad hoc che vincono un appalto, incassano i fondi e poi subappaltano a imprese legate alla criminalità, trattenendo una percentuale e scomparendo entro pochi mesi. In alcuni casi, queste società sono state costituite da soggetti con precedenti penali, ma grazie a vuoti normativi o alla mancanza di controlli in tempo reale, sono riuscite a operare nel circuito PNRR senza ostacoli.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto, in risposta, una serie di strumenti di monitoraggio e prevenzione: uno su tutti il Fraud Risk Assessment, obbligatorio per ogni amministrazione che gestisca fondi PNRR. Il documento prevede un’autovalutazione dei rischi corruttivi e un piano di misure correttive. Tuttavia, il problema non è la carenza normativa, ma l’effettiva applicazione e l’omogeneità dei controlli sul territorio. Molti enti locali, soprattutto i più piccoli o quelli con minori competenze tecniche, si sono trovati impreparati o hanno sottovalutato i rischi. Ciò ha aperto spazi a pressioni indebite, consulenze “suggerite” da ambienti opachi, e talvolta a ricatti.

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L’università di Padova, in un’analisi pubblicata da Il Bo Live, ha evidenziato come tra il 2020 e il 2021 siano state emesse 3.919 interdittive antimafia, pari a circa 178 al mese, con un incremento del 33% rispetto al biennio precedente. Questo aumento è stato letto dagli esperti come un effetto diretto della disponibilità di fondi pubblici eccezionali, che ha attirato le attenzioni della criminalità. Se a ciò si aggiunge che molte di queste interdittive riguardano aziende attive in edilizia, logistica, smaltimento rifiuti e trasporti – settori centrali per l’attuazione del PNRR – è evidente quanto il rischio sia strutturale. La questione non è se le mafie cercheranno di infiltrarsi nei fondi PNRR, ma quanto lo abbiano già fatto e con quale successo.

Il primo bilancio sul PNRR italiano non può dunque essere separato da una riflessione profonda sulla tenuta democratica e civile del Paese. I fondi europei, pensati per rilanciare la fiducia e la coesione, rischiano in alcuni territori di rafforzare il controllo delle mafie sull’economia e sul consenso. Senza un’azione decisa, coordinata, e soprattutto condivisa tra Stato, enti locali e società civile, il più grande piano di rilancio economico della storia italiana rischia di diventare una gigantesca occasione mancata o, peggio, un’occasione sfruttata da chi ha fatto della legalità un ostacolo e del silenzio un metodo.

Fonti:

  1. Agenzia Nova, “Rischio interesse delle organizzazioni mafiose per i fondi PNRR”
  2. Unità di Informazione Finanziaria – Banca d’Italia, “Rapporto UIF 2024”
  3. Presidenza del Consiglio – Ufficio PNRR, dati aggiornati al 30 giugno 2025
  4. Ministero dell’Economia – Linee guida Fraud Risk Assessment PNRR
  5. Il Bo Live – Università di Padova, “Nel biennio 2020-2021 emesse 3.919 interdittive antimafia”
  6. InformaEntiLocali.net, “Aumento delle anomalie nei fondi PNRR secondo UIF 2024”
  7. 7. Libera e Avviso Pubblico – Monitoraggio legalità fondi europei 2023-2024





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