(AGENPARL) – Roma, 16 Luglio 2025
(AGENPARL) – Wed 16 July 2025 X Commissione della Camera dei deputati
(Attività produttive, commercio e turismo)
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo,
al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e
al Comitato delle regioni, Il Patto per l’industria pulita:
una tabella di marcia comune verso la competitività
e la decarbonizzazione (COM(2025) 85 final)
Testimonianza del Capo del Servizio Struttura economica
della Banca d’Italia
Roberto Torrini
Camera dei deputati
Roma, 16 luglio 2025
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
ringrazio questa Commissione per aver invitato la Banca d’Italia a svolgere
le proprie considerazioni sul “Patto per l’industria pulita” presentato dalla
Commissione europea.
Data l’ampiezza della strategia delineata nel Patto, non è qui possibile
affrontarne tutti gli aspetti trattati dal documento. Mi limiterò ad alcune
considerazioni di carattere generale, rimandando all’appendice per un
approfondimento su alcuni degli ambiti in cui la Commissione negli ultimi mesi
ha già proposto misure o avviato specifiche iniziative, particolarmente rilevanti
per la competitività dell’Unione europea. Si tratta degli interventi in materia di
disciplina degli aiuti di Stato, di quelli per favorire gli investimenti utilizzando
la leva fiscale, delle azioni proposte per fronteggiare gli alti costi dell’energia
sostenuti dalle imprese e delle modifiche al meccanismo per tassare le emissioni
legate ai prodotti importati da paesi non appartenenti all’UE (Carbon Border
Adjustment Mechanism, CBAM).
Il Patto: obiettivi e linee di intervento
Il Patto1 delinea una strategia per coniugare la transizione verde con il rilancio
della competitività dell’industria europea. Si inserisce nel quadro del programma
di lavoro per l’intero mandato delineato dalla Commissione lo scorso gennaio
con la Bussola per la competitività2, definito anche alla luce dei rapporti Letta e
Draghi3, e si integra con altre linee di azione strategica della Commissione, come
quelle connesse con l’obiettivo di semplificare e di rendere più efficiente l’impianto
normativo e regolatorio dell’Unione.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico
e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Il patto per l’industria pulita: una tabella di marcia
comune verso la competitività e la decarbonizzazione, COM(2025) 85 final, 26 febbraio 2025.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al
Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Bussola per la competitività
dell’UE, COM(2025) 30 final, 29 gennaio 2025.
Dedicati rispettivamente al mercato unico (E. Letta, Much more than a market. Speed, security
solidarity. Empowering the Single Market to deliver a sustainable future and prosperity to all
EU citizens, 2024) e al futuro della competitività europea (M. Draghi, The future of European
competitiveness, 2024).
Per contemperare l’esigenza di accrescere la competitività dell’industria
con quella di progredire nella decarbonizzazione delle economie europee, la
Commissione propone di agire prioritariamente in due ambiti, quello delle
industrie ad alta intensità energetica e quello dello sviluppo delle tecnologie verdi,
facendo leva su sei fattori: il contenimento dei prezzi dell’energia; l’aumento
della domanda e dell’offerta di prodotti ‘puliti’; il reperimento delle risorse
finanziarie necessarie alla transizione verde; lo sviluppo dell’economia circolare
e di meccanismi per coordinare l’approvvigionamento di materie prime critiche,
anche al fine di allentare la dipendenza dall’estero; il rafforzamento della capacità
dell’Unione di agire a livello internazionale, ad esempio attraverso accordi di
partenariato e cooperazione e la revisione del meccanismo per tassare le emissioni
legate ai prodotti importati da paesi non appartenenti all’Unione europea (CBAM);
infine, promuovendo il rafforzamento delle competenze necessarie a sostenere la
trasformazione dei processi produttivi e supportando i lavoratori lungo questo
percorso, il Patto intende assicurare che tutte le comunità, le persone e le imprese
abbiano accesso ai benefici della transizione verde.
Quella delineata è una strategia molto articolata, complessa e ambiziosa, che
si dispiegherà lungo diverse linee di intervento. Al fine di consentire una mappatura
e il monitoraggio degli interventi, il Patto include un dettagliato cronoprogramma
degli atti e dei processi attuativi. Per alcuni di essi di recente la Commissione ha
già presentato le prime proposte.
Alcune valutazioni
Gli interventi necessari per l’attuazione del Patto sono numerosi ed eterogenei
e coinvolgono tutti i livelli di governo (europeo, nazionale, regionale). Andranno
disegnati in modo coerente evitando oneri eccessivi per famiglie e imprese e
mantenendo chiara la visione di insieme e dando stabilità al contesto normativo
ed economico di riferimento. È uno sforzo che richiede un’attiva e continua
collaborazione fra gli Stati membri, la Commissione, il Parlamento europeo, il
settore produttivo e i cittadini.
Dal punto di vista macroeconomico la transizione verde manifesta i suoi effetti
positivi nel medio-lungo periodo, mentre nel breve termine potrà imporre costi per
le imprese e le famiglie, con il rischio di erodere il consenso per le iniziative da
intraprendere. Gli obiettivi del Patto, che mirano a stimolare la crescita attraverso
un’accelerazione dell’innovazione e della produttività e a ridurre allo stesso tempo
l’impatto ambientale delle attività economiche, possono contrastare tale rischio.
I risultati più significativi emergeranno gradualmente, ma proprio per questo
è importante procedere da subito con decisione affinché la distanza in termini
di competitività e innovazione con le economie più dinamiche non si ampli
ulteriormente e possa anzi essere ridotta.
Nella transizione verde l’Europa ha già ottenuto progressi significativi.
Negli ultimi anni l’Unione è stata all’avanguardia nel disegno e utilizzo di
strumenti, come lo European Union Emissions Trading System (EU ETS), che
hanno contribuito alla riduzione delle emissioni. Risultati tangibili sono stati
conseguiti nell’ampliamento della capacità di produzione di energia da fonti
rinnovabili, come solare ed eolico. Queste ora coprono circa il 25 per cento dei
consumi energetici europei, triplicando il proprio peso in vent’anni4.
Nello stesso periodo in Italia la quota è passata dal 6 al 20 per cento5.
Inoltre, l’industria italiana ha già dimostrato di sapersi muovere nel percorso
impegnativo che coniuga efficienza energetica e competitività: tra il 2013 e il
2023, il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è aumentato del 7 per
cento, mentre l’intensità energetica dello stesso si è ridotta di quasi un quinto6.
L’Italia detiene una posizione competitiva favorevole in alcuni prodotti legati
alle tecnologie a basso impatto ambientale (low-carbon technologies, LCT)7.
Il saldo commerciale in questo tipo di beni si è progressivamente deteriorato
(-2,5 miliardi nel 2024) per via del disavanzo crescente relativo alle batterie e ai
veicoli elettrici e ibridi, ma nell’insieme degli altri comparti si registra un saldo
commerciale positivo e in crescita8. Ciò evidenzia come la transizione verde sia
una sfida che può costituire una occasione di sviluppo e innovazione.
Cfr. Eurostat, Share of energy from renewable sources.
Cfr. anche M. Alpino, L. Brugnara, M.G. Cassinis, L. Citino, F. David, A. Frigo, G. Papini,
P. Recchia e L. Sessa, Il recente sviluppo delle energie rinnovabili in Italia, Banca d’Italia, Questioni
di economia e finanza, 908, 2025.
L’intensità energetica è misurata come rapporto fra consumi di energia e valore aggiunto. Cfr. Conti
e aggregati economici nazionali annuali e Conti dei flussi fisici di energia (PEFA).
Secondo una classificazione recentemente adottata dal Fondo Monetario Internazionale, i beni LCT
sono prodotti che contribuiscono, direttamente o indirettamente, alla riduzione delle emissioni di
anidride carbonica e quindi alla transizione verso un’economia sostenibile. L’Italia è un esportatore
netto e detiene un vantaggio comparato nei prodotti legati alla riduzione dell’impatto ambientale
(quali refrigeratori, pompe di calore, purificatori), nei prodotti per la gestione e lo smaltimento dei
rifiuti solidi o pericolosi, e nei prodotti per la produzione di energia pulita o da fonti rinnovabili (quali
turbine, motori elettrici, generatori). Cfr. il riquadro: L’andamento delle esportazioni dell’Italia
nell’ultimo quinquennio e le loro prospettive del capitolo 9 nella Relazione annuale sul 2024,
e V. Della Corte, S. Federico e G. Oddo, Trade in low-carbon technology products: Macro and micro
evidence for Italy, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 882, 2024.
Da 10,6 miliardi a 12,7 miliardi tra il 2019 e il 2024.
Tuttavia, è necessario uno sforzo importante, sia per raggiungere gli obiettivi
di riduzione delle emissioni9, sia per ripensare il modello di sviluppo del continente
e ridurre il ritardo rispetto alle aree più dinamiche a livello globale10.
Guardando al Patto nel suo insieme e agli ambiti in cui la Commissione
europea ha iniziato a intervenire nelle recenti settimane, vi sono alcuni aspetti
trasversali che meritano particolare attenzione.
In primo luogo, vi è il problema del finanziamento, data la necessità di
mobilitare un ampio volume di risorse e di assicurare un adeguato disegno delle
misure.
Da questo punto di vista è importante sottolineare come il finanziamento del
Patto non possa essere affidato solo ai bilanci pubblici dei singoli Paesi membri,
per le seguenti ragioni:
Innanzitutto, la necessità di rispettare le compatibilità finanziarie e le marcate
differenze nello spazio di bilancio a disposizione dei vari paesi potrebbe
determinare effetti distorsivi sulla concorrenza nel mercato unico europeo che
deriverebbero dai maggiori sostegni forniti alle imprese nelle giurisdizioni
con maggiore capacità di spesa;
in secondo luogo, i ritorni degli investimenti nella transizione verde, economici
o in termini di minori emissioni, non vanno a beneficio esclusivo del singolo
paese finanziatore11. In assenza di un coordinamento europeo potrebbero
emergere comportamenti opportunistici e un livello degli investimenti
inferiore a quello ottimale per l’Unione nel suo complesso;
in terzo luogo, il fabbisogno di finanziamento è così elevato da non poter
ricadere integralmente sui bilanci pubblici. Secondo le valutazioni di vari
istituti riportate in un recente studio pubblicato dalla Banca centrale europea12,
Gli obbiettivi comunitari prevedono un abbattimento delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 del
55 per cento entro il 2030, per poi raggiungere la neutralità climatica netta nel 2050. La Commissione
ha recentemente proposto un emendamento (COM(2025) 524) alla normativa europea sul clima
(regolamento UE/2021/1119) fissando al 90 per cento del livello del 1990 l’obbiettivo intermedio
da raggiungere entro il 2040.
Cfr. Considerazioni finali del Governatore, Roma, 30 maggio 2025.
Ad esempio, interventi che riducono le emissioni beneficiano tutti i paesi non solo quello sul cui
territorio è stato realizzato il progetto e investimenti sulle infrastrutture che migliorano l’integrazione
delle reti elettriche rendono più efficiente tutto il sistema non solo un singolo paese.
C. Nerlich, P. Köhler-Ulbrich, M. Andersson, C. Pasqua, L. Abraham, K. Bańkowski, T. Emambakhsh,
A. Ferrando, C. Grynberg, J. Groß, L. Hoendervangers, V. Kostakis, D. Momferatou, M. Rau-Goehring,
E.-J. Rariga, D. Rusinova, R. Setzer, M. Spaggiari, F. Tamburrini, J. M. Vendrell Simon, F. Vinci,
Investing in Europe’s green future, European Central Bank, Occasional Papers Series, 367, 2024.
gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030
sarebbero compresi tra i 403 e i 558 miliardi di euro all’anno; è indispensabile
il coinvolgimento del settore privato13. Il completamento di un mercato dei
capitali europei pienamente integrato darebbe un contributo determinante14.
Un secondo aspetto riguarda il disegno delle misure e la governance, partendo
dall’individuazione del livello adeguato (nazionale o europeo) per le diverse
iniziative da intraprendere. In molte aree su cui interviene il Patto, progetti e
programmi gestiti (e come detto anche finanziati) a livello europeo presentano
chiari vantaggi. Ne sono un esempio gli investimenti nell’integrazione delle
infrastrutture e delle reti elettriche, i cui benefici vanno oltre i confini nazionali e
che contribuirebbero, attraverso una maggiore efficienza del sistema, anche a un
contenimento del costo dell’energia. Ne beneficerebbe l’intera Unione.
Anche nel campo del sostegno all’innovazione tecnologica con applicazioni
ambientali, il potenziamento delle iniziative europee è un passaggio necessario
per dispiegare interventi di scala adeguata che consentano di competere con i
leader globali.
Un insieme di fattori incide sulle scelte degli utenti e degli investitori, fra
questi i costi e i prezzi relativi e i rendimenti dei progetti, oltre alla qualità del
contesto normativo e regolamentare. Il disegno degli interventi dovrà essere
attento a fornire incentivi efficaci. Questi ultimi, soprattutto se i programmi
sono credibilmente stabili, possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale
dell’attività economica e a favorire lo sviluppo di imprese innovative.
In sintesi, la strategia delineata dal Patto ha obiettivi condivisibili, ma non è
sufficientemente ambiziosa nel prevedere azioni comuni, anche con riferimento
alle modalità di finanziamento. Quella dell’innovazione è una delle aree per
il momento poco sviluppate del Patto e che andrebbe valorizzata e rafforzata,
mirando a conseguire posizioni di leadership in alcune tecnologie verdi. Per
ridare slancio all’economia, va inoltre data priorità alle iniziative legate alla
transizione energetica, che consentirebbe non solo di abbattere le emissioni, ma
anche di ridurre la dipendenza dall’estero e contenere il costo dell’energia e la
sua volatilità.
F. Panetta, Investing in tomorrow: Future-proofing fiscal policies and governance in Europe, discorso
di apertura al workshop delle istituzioni fiscali indipendenti europee e del Sistema europeo di banche
centrali sul tema “European fiscal policy and governance reform in uncertain times”, Francoforte sul
Meno, 20 settembre 2023.
F. Panetta, Finanza e innovazione per il futuro dell’economia, intervento all’assemblea dell’Associazione
bancaria italiana, Milano, 11 luglio 2025.
Nell’attuale contesto economico e geopolitico rimane prioritario proseguire
nella transizione verde, ma bisogna farne un’opportunità di crescita economica.
È un percorso complesso, ma abbandonarlo non porterebbe vantaggi né sul
piano ambientale né su quello economico. È evidente che il cambiamento climatico
impone già ingenti costi al sistema economico15 e non investire sull’innovazione
collegata alla transizione verde nei diversi ambiti in cui il progresso tecnologico
sta avanzando non farebbe che perpetuare il ritardo nella crescita della produttività
che frena lo sviluppo europeo e mina la competitività della nostra economia.
S. Mauderer e L. Stracca, Climate risks: no longer the tragedy of the horizon, ECB Blog, 9 luglio 2025.
Appendice
La nuova disciplina sugli aiuti di Stato
La nuova disciplina sugli aiuti di Stato (Clean Industrial Deal State Aid
Framework o Cisaf), adottata dalla Commissione europea il 25 giugno scorso16
e in vigore fino al 2030, prevede regole più favorevoli rispetto a quelle ordinarie
per la concessione di aiuti di Stato per la realizzazione del Patto per l’industria
pulita, facendo ricorso a risorse nazionali. In particolare, le nuove disposizioni
riguardano interventi per lo sviluppo di energie e tecnologie pulite, il miglioramento
dell’efficienza energetica delle attività industriali e il sostegno agli investimenti
privati connessi con gli obiettivi del Patto.
Le nuove norme riprendono in larga parte quanto previsto dal Quadro
temporaneo di crisi e transizione17, che a sua volta ha fatto seguito ai quadri
temporanei adottati per fare fronte alle conseguenze economiche della pandemia
(2020) e dell’aumento dei prezzi dell’energia seguiti all’invasione russa
dell’Ucraina (2022). L’orizzonte temporale di cinque anni è coerente con i tempi
di programmazione pluriennale dell’attività di investimento delle imprese e può
favorire lo sviluppo di politiche pubbliche di medio periodo.
Il ricorso a fonti di finanziamento nazionali potrebbe però ulteriormente
accentuare l’elevata eterogeneità tra gli Stati membri nell’ammontare di aiuti
autorizzati (Fig. 1), che riflette, tra l’altro, le condizioni di partenza dei conti
pubblici (ad esempio il livello del debito pubblico in rapporto al PIL). Bilanci
pubblici caratterizzati da margini di manovra più ristretti sono associati di norma
a minori interventi a sostegno del sistema produttivo (Fig. 2, Pannello a), con
possibili effetti negativi sul funzionamento del mercato unico derivanti dalla
maggiore possibilità di accedere agli aiuti per le imprese localizzate in paesi che
possono concederne in misura più ampia18. Solo in una fase emergenziale come
quella conosciuta tra il 2020 e il 2022 (Fig. 2, Pannello b), caratterizzata dalla
sospensione del Patto di stabilità e crescita e dallo stanziamento di risorse a livello
europeo, anche i Paesi più indebitati hanno potuto autorizzare importi più elevati
Comunicazione della Commissione, Disciplina per le misure di aiuto di Stato a sostegno del patto
per l’industria pulita¸ C/2025/3602.
Comunicazione della Commissione, Quadro temporaneo di crisi e transizione per misure di aiuto
di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, 2023/C
101/03, 9 marzo 2023.
A. Hodge, R. Piazza, F. Hasanov, X. Li, M. Vaziri, A. Weller e Y.C. Wong, Industrial Policy in
Europe: A Single Market Perspective, IMF Working Papers, 249, 2024.
di aiuti19; superata l’eccezionalità della pandemia e la conseguente riattivazione
delle ordinarie regole di bilancio, peraltro riviste di recente nei loro principali
meccanismi di funzionamento, è fisiologico il riemergere dei limiti connessi con il
perseguimento di queste politiche solo con risorse nazionali.
La nuova disciplina, indicando le aree prioritarie di intervento, potrebbe
contribuire a ridurre la frammentazione che tipicamente si osserva negli obiettivi
perseguiti dai singoli paesi dell’Unione europea (Fig. 3) e che era stata solo
transitoriamente superata dal convogliamento delle risorse verso il supporto alle
imprese per fronteggiare la pandemia e la crisi energetica.
In sintesi, al fine di evitare distorsioni alla concorrenza nel mercato unico
e per rafforzare la coerenza delle politiche, andrebbe accresciuta la dimensione
europea degli interventi, sul modello degli importanti progetti di comune interesse
europeo, con misure coordinate e l’aumento dei finanziamenti comuni20. È inoltre
cruciale che tali iniziative possano essere indirizzate a colmare, con un approccio
più generale, le lacune che ostacolano la competitività dell’Unione, per quanto
riguarda in particolare gli investimenti per la produttività e l’innovazione.
Gli incentivi agli investimenti
Oltre alla disciplina generale sugli aiuti, la Commissione ha anche fornito
raccomandazioni agli Stati membri su come disegnare interventi di incentivo
fiscale21, in particolare quelli per stimolare gli investimenti in tecnologie pulite, con
la finalità di renderne semplice, accessibile e prevedibile l’utilizzo da parte delle
imprese. Si suggerisce ad esempio il ricorso a strumenti come l’ammortamento
accelerato (fino all’immediato ammortamento della totalità delle spese) e i crediti
d’imposta rimborsabili e cumulabili, prevedendo la possibilità di compensazione
con altre imposte oltre a quella sul reddito delle società. È un tipo di misure già
ampiamento utilizzato in Italia in anni recenti.
Più specificamente, l’Italia ha fatto ricorso agli incentivi fiscali, nella forma di
crediti di imposta, per stimolare gli investimenti in nuove tecnologie potenzialmente
in grado di consentire una riduzione dei consumi energetici, in particolare con il
Tra il 2010 e il 2019, gli aiuti autorizzati hanno rappresentato in media l’1 per cento l’anno del PIL
in Germania contro lo 0,3 per cento in Italia. Nel triennio 2020-22 la media annua è del 2,8 e 1,8 per
cento, rispettivamente.
C. Giordano, G. Roma, A. Schiavone, F. Vergara Caffarelli, S. Villa, EU industrial policy between
crises and the twin transition, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 931, 2025.
Raccomandazione della Commissione sugli incentivi fiscali a supporto del patto per l’industria pulita
e alla luce della disciplina per le misure di aiuto di Stato a sostegno del patto per l’industria pulita,
C(2025) 4319 final, 2 luglio 2025.
piano Transizione 4.022. L’evidenza disponibile suggerisce che lo strumento abbia
dato impulso agli investimenti, con effetti positivi sull’occupazione e sui ricavi
delle imprese beneficiarie23 anche se con un impatto significativo sui conti pubblici,
e con alcune criticità sul piano del monitoraggio della spesa.
Con il piano Transizione 5.024, questo tipo di misure è stato indirizzato più
espressamente a favorire investimenti in efficienza energetica delle imprese e
incentivare l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Rispetto alle attese, vi è stato un
più limitato utilizzo delle agevolazioni. Oltre a una fase ciclica meno favorevole
per il settore industriale, sul minor ricorso allo strumento hanno pesato il ritardo
nella definizione del quadro normativo di riferimento e le difficoltà procedurali
incontrate dalle imprese, in larga parte corrette da alcuni interventi previsti dalla
legge di bilancio per il 2025. Sul piano delle procedure di spesa, l’introduzione
di una pre-autorizzazione costituisce un onere per le imprese pienamente
giustificato dalla possibilità di monitorare in tempo reale l’impatto della misura
sui conti pubblici, elemento non previsto dalle precedenti misure automatiche di
incentivo.
In sintesi, nell’esperienza italiana le agevolazioni fiscali si sono dimostrate
uno strumento efficace per stimolare gli investimenti; le modalità di intervento
sono complessivamente risultate in linea con quelle suggerite dalla recente
raccomandazione della Commissione. Questo tipo di interventi possono, rispettando
l’equilibrio dei conti pubblici, continuare a dare un contributo al percorso di
decarbonizzazione coniugando – all’interno di un quadro normativo stabile –
la necessità di una maggiore selettività, con quella di evitare oneri procedurali
eccessivi in un impianto complessivo che permetta di monitorarne puntualmente i
riflessi di finanza pubblica25.
Nei primi tre anni di vigenza della misura sono stati maturati complessivamente 29 miliardi di euro
di credito d’imposta, di cui circa 23 (oltre l’80 per cento) relativi a investimenti in beni materiali 4.0.
Ministero dell’Economia e delle finanze-Banca d’Italia-Ministero delle Imprese e del made in Italy,
Gli incentivi in investimenti 4.0: una valutazione dell’impatto della misura, novembre 2024.
Per Transizione 5.0, in vigore nel biennio 2024-25, sono state al momento prenotate o utilizzate
risorse per 1,4 miliardi di euro a fronte di uno stanziamento complessivo di 6,3 miliardi di euro.
Gli incentivi alle imprese rivestono un ruolo importante qualora la presenza di frizioni informative,
problemi di coordinamento, o esternalità porti a un sotto investimento da parte dei privati; al di fuori
di questi casi specifici, imporre un prezzo sulle emissioni di gas serra (carbon pricing) costituisce una
modalità efficiente per la loro riduzione. Nell’Unione europea, tale misura è in vigore e copre sia le
emissioni da generazione elettrica sia l’industria pesante (cfr. sezione 4). Se ne prevede un’ulteriore
estensione ad altri settori nel 2027.
Le misure per fronteggiare gli alti costi dell’energia
In Europa, il costo dell’energia elettrica per le imprese industriali è oltre il
doppio rispetto a Stati Uniti e Cina26. Vi incide una pluralità di fattori. Innanzitutto,
la significativa dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, con una
spesa complessiva che nel 2023 si è attestata a 427 miliardi di euro27 (2,5 per cento
del PIL dell’Unione), che, come evidenziato dalla recente crisi energetica, espone
l’economia europea alla volatilità dei prezzi sui mercati internazionali e a rischi
geopolitici, la cui mitigazione per motivi di sicurezza non è senza costi (si pensi alla
necessità di ridurre le importazioni di gas dalla Russia sostituendole con quelle da
una pluralità di fornitori). Contribuiscono al costo complessivo dell’energia elettrica
anche gli oneri per il trasporto e la distribuzione, oltre a quelli per il finanziamento
dell’espansione delle fonti rinnovabili, e la tassazione. Infine, un fattore non
secondario è l’incompletezza delle reti dell’energia in Europa. Nonostante quella
europea sia una rete elettrica tra le più integrate al mondo, persistono carenze nelle
interconnessioni e nella flessibilità del sistema, che rallentano il ricorso a fonti più
economiche e pulite28.
Al fine di ridurre il differenziale nel costo dell’energia e a sostegno diretto
del Patto per l’industria pulita, in febbraio la Commissione ha presentato il Piano
d’azione per un’energia a prezzi accessibili29 che prevede iniziative sugli aspetti
critici elencati. Rivestono un ruolo di rilievo, tra le altre, le misure per accrescere
il contributo delle fonti rinnovabili al mix energetico che sono vantaggiose sotto
molti aspetti: abbattono le emissioni e la dipendenza dall’estero possono contribuire
alla riduzione della volatilità e del livello dei prezzi dell’elettricità nella misura in
cui riducono il numero di ore in cui il gas naturale risulta essere la tecnologia
marginale (che determina il prezzo dell’elettricità per tutto il mercato).
Una condizione necessaria per il dispiegarsi di questi effetti è la realizzazione
degli investimenti per la produzione e distribuzione da fonti pulite e di quelli per
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico
e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Piano d’azione per un’energia a prezzi accessibili,
COM(2025) 79 final, 26 febbraio 2025.
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle regioni, Relazione su prezzi e costi dell’energia in Europa, COM(2025)
72 final, 26 febbraio 2025.
Cfr. C. Heussaff, Decarbonising for competitiveness: four ways to reduce European energy prices,
Policy Brief, Bruegel.
Cfr. la Comunicazione citata alla nota 25.
il rafforzamento e l’integrazione delle reti di trasmissione30. La Commissione
intende presentare un pacchetto di provvedimenti in favore di tali investimenti
entro il primo trimestre del 2026. La realizzazione di investimenti nella rete e
in infrastrutture richiede anche un contesto normativo favorevole, e trarrebbe
beneficio da una semplificazione dei processi autorizzativi per i nuovi impianti,
come evidenziato anche da studi empirici relativi all’installazione di impianti
fotovoltaici31. Gli investimenti nel rafforzamento e nell’integrazione delle reti
determinano benefici non circoscritti al contesto locale e nazionale, e andrebbero
dunque sostenuti anche con risorse comuni.
Il Piano propone inoltre di favorire la diffusione di strumenti finanziari a lungo
termine che consentano di ancorare il prezzo dell’energia, evitando oscillazioni
significative. Fra questi strumenti sono richiamati i contratti per differenza tra
operatori e regolatore (Contracts for differences) e i contratti bilaterali per lo
scambio di energia a lungo termine (Power Purchasing Agreements, PPA)32. Le
evidenze disponibili a livello internazionale33 confermano che prezzi meno volatili
incoraggiano gli investimenti, favorendo la decarbonizzazione.
Quando la produzione da fonti pulite – dipendente da fattori atmosferici – supera la domanda locale
e non può essere esportata verso altre aree, gli operatori sono costretti a limitare la generazione degli
impianti per evitare il sovraccarico del sistema. Questo comporta lo spreco di elettricità priva di
emissioni e a costo marginale nullo, riducendo la redditività degli impianti e scoraggiando ulteriori
investimenti. La realizzazione di nuovi collegamenti tra le aree a maggiore disponibilità di rinnovabili
e i centri di domanda consentirebbe di valorizzare tali risorse, incentivando i produttori a investire in
nuova capacità produttiva, destinata a essere redditizia nel futuro mercato integrato. Cfr. M. Alpino,
L. Brugnara, M.G. Cassinis, L. Citino, F. David, A. Frigo, G. Papini, P. Recchia e L. Sessa, Il recente
sviluppo delle energie rinnovabili in Italia, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 908,
2025. Per evidenze empiriche sugli effetti di un’espansione della produzione di energia rinnovabile
sui prezzi si veda S. Clò, A. Cataldi, e P. Zoppoli, The merit-order effect in the Italian power market:
the impact of solar and wind generation on national wholesale electricity prices, “Energy Policy”,
77, 2015, pp. 79-88.
F. Daniele, A. Pasquini, S. Clò, e E. Maltese, Unburdening regulation: The impact of regulatory
simplification on photovoltaic adoption in Italy, “Energy Economics”, 125, 2023, 106844.
Un PPA è un contratto a lungo termine tra un produttore di energia (tipicamente da fonti rinnovabili)
e un acquirente (come un’impresa o un distributore di energia), in cui si stabiliscono in anticipo il
prezzo, la quantità e la durata della fornitura di energia elettrica. Il Piano prevede l’introduzione di
garanzie della Banca europea per gli investimenti (BEI), al fine di mitigare i rischi di controparte
e di rinegoziazione. Un Contract for Differences è un meccanismo di sostegno pubblico in cui un
produttore di energia riceve (o restituisce) la differenza tra un prezzo di riferimento fisso (strike
price) e il prezzo di mercato dell’energia. Se il prezzo di mercato è inferiore allo strike price,
il produttore riceve un’integrazione; se è superiore, restituisce la differenza. La Commissione sta
elaborando orientamenti per gli Stati membri su come strutturare i contratti per differenza, pur senza
prevedere obblighi vincolanti.
N. Ryan, Holding up green energy, NBER, Working Paper, 29154, 2021.
Le modifiche al Carbon border adjustment mechanism (CBAM)
All’interno della strategia delineata nel Patto per l’industria pulita, il CBAM34
svolge un ruolo importante per garantire la coerenza tra decarbonizzazione e
competitività industriale.
Il Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra
(European Union Emissions Trading System, EU ETS) impone per le imprese
che operano nell’Unione l’acquisito di specifici certificati, disponibili in quantità
limitata, per consentire questo tipo di emissioni in alcuni settori industriali35. Il
CBAM affiancherà il sistema di carbon pricing imponendo dazi proporzionali alla
quantità di gas a effetto serra emessi per la produzione dei prodotti importati che
sarebbero soggetti al sistema EU ETS se prodotti in Europa36. Per ogni tonnellata
di CO2 equivalente incorporata nei beni importati, l’importatore dovrà pagare un
ammontare equivalente al costo che il produttore avrebbe dovuto sostenere nel
sistema EU ETS se la produzione avesse avuto luogo all’interno della UE37. Dopo
una fase transitoria che non comporta oneri aggiuntivi per gli importatori, ma solo
obblighi di rendicontazione, il CBAM entrerà gradualmente in vigore dal 2026,
anno in cui i dazi saranno calcolati solo sul 2,5 per cento delle emissioni incorporate
nei beni importati; tale quota aumenterà progressivamente fino a raggiungere il
100 per cento nel 2034 (Fig. 4).
L’obiettivo è duplice: da una parte evitare che le riduzioni delle emissioni delle
imprese soggette all’EU ETS siano vanificate dalla eventuale delocalizzazione
dell’attività industriale; dall’altra annullare il vantaggio competitivo di cui godono
aziende che operano in paesi dove le emissioni di gas a effetto serra non sono
soggette a imposizione fiscale. L’introduzione del CBAM verrà accompagnata
dalla contemporanea graduale eliminazione dell’allocazione gratuita di certificati
EU ETS alle imprese che producono i beni coinvolti.
La modifica più importante al CBAM prevista dal Patto, su cui il Parlamento
europeo e il Consiglio hanno già trovato un accordo politico provvisorio,
Regolamento UE/2023/956.
L’EU ETS è un sistema di tipo cap-and-trade. Il meccanismo fissa un tetto massimo alle emissioni
totali di gas a effetto serra generate dagli impianti industriali soggetti alla regolamentazione. Ogni
anno le imprese interessate devono restituire all’autorità competente un numero di certificati EU
ETS pari alle proprie emissioni (espresse in tonnellate di CO2 equivalente). Tali certificati possono
essere acquisitati e venduti sul mercato a titolo oneroso, ma gli impianti appartenenti a settori
particolarmente esposti alla concorrenza internazionale ne ricevono un certo quantitativo a titolo
gratuito.
Tra cui ferro, acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, elettricità e idrogeno.
Eventuali importi già pagati nel paese di origine a titolo di carbon price verranno dedotti dal dazio
CBAM.
riguarda l’esenzione dal meccanismo per chi importa meno di 50 tonnellate di
beni soggetti a CBAM all’anno38. Secondo la Commissione l’introduzione di tale
soglia esenterebbe dagli oneri imposti dalla regolamentazione il 90 per cento delle
imprese coperte dalla formulazione originale, mantenendo però nel perimetro del
nuovo meccanismo il 99 per cento delle emissioni. Nostre analisi riguardanti il caso
italiano confermano questa valutazione: dopo la riforma rimarrebbe interessata
dalla normativa la quasi totalità delle emissioni, anche se il numero delle imprese
coinvolte scenderebbe significativamente, da più di 11.000 a circa 2.000.
Inoltre, il 1° luglio la Commissione ha indetto una consultazione pubblica
sulla possibilità di estendere il CBAM ai prodotti a valle nella catena di fornitura
rispetto a quelli attualmente inclusi. Modifiche in questo senso sono auspicabili
in quanto le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere soggette allo stesso
livello di imposizione ambientale indipendentemente dal settore che le produce.
Tuttavia, tale estensione comporterebbe maggiori difficoltà di attuazione rispetto
a quella per beni intermedi omogenei come i metalli e va dunque disegnata con
attenzione.
Infine, la Commissione presenterà entro la fine del 2025 una proposta volta a
compensare le imprese esportatrici soggette a EU ETS per l’eliminazione dei relativi
certificati gratuiti. Questi ultimi saranno meno necessari poiché l’introduzione del
CBAM dovrebbe aumentare la competitività dei produttori europei sul mercato
interno. D’altro canto, tali imprese subirebbero una maggiore concorrenza nei
mercati extra-UE da parte dei paesi che non tassano le emissioni, giustificando
così le nuove compensazioni proposte dalla Commissione. Nel tempo la necessità
di prevedere questo tipo di supporto andrà verificata e rivalutata anche alla luce
della possibile introduzione o revisione di sistemi di carbon pricing in altri paesi
(uno degli effetti attesi del CBAM39).
L’utilizzo di strumenti di mercato per risolvere problemi ambientali comporta
notevoli vantaggi in termini di efficienza; l’Unione europea è stata fra le prime aree
ad adottare questa strategia. Secondo gli studi disponibili, il sistema EU ETS ha
contribuito in maniera decisiva alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra,
Le altre modifiche includono la posticipazione dei termini per presentare le dichiarazioni CBAM e la
possibilità di usare valori di default forniti dalla Commissione per calcolare le emissioni incorporate
nei beni e le imposizioni sulle stesse già pagate nei paesi di origine.
Cfr. K. Clausing, M. Elkerbout, K. Nehrkorn e K. Wolfram, How Carbon Border Adjustments Might
Drive Global Climate Policy Momentum, Resource For The Future, Report, 24-20, 2024.
senza minare la competitività delle imprese europee40. L’introduzione del CBAM
si pone in continuità con questa esperienza, mirando a migliorare alcuni aspetti del
sistema EU ETS e a prevenire alcuni problemi che potrebbero sorgere in futuro con
il previsto abbassamento del tetto alle emissioni, la rimozione dei permessi gratuiti
e le conseguenti pressioni al rialzo sul prezzo degli stessi. Il CBAM dell’UE è il
primo strumento di questo tipo al mondo, ed è dunque difficile prevederne con
esattezza gli effetti. Le simulazioni attualmente disponibili in letteratura sono
concordi nel valutare che il nuovo sistema ridurrà le emissioni a livello globale,
ma alcuni studi suggeriscono possibili effetti negativi sui settori coinvolti e sui
consumatori, che possono essere tuttavia compensati utilizzando i nuovi introiti
generati dai dazi41. Nel quadro del monitoraggio già previsto dalla normativa, sarà
importante analizzare gli effetti della sua introduzione ed eventualmente apportare
correttivi, traendo vantaggio dalla sua prevista applicazione graduale.
Si vedano per esempio J.M. Colmer, R. Martin, M. Muûls, e U.J. Wagner, Does Pricing Carbon
Mitigate Climate Change? Firm-Level Evidence from the European Union Emissions Trading System,
“The Review of Economic Studies”, 92(3), 2025, pp. 1625-1660; e per l’Italia A. Locatelli, G. Marin,
A. Palma, e G. Dal Savio, The impact of EU-ETS on trade: Evidence on Italian manufacturing firms,
“Politica economica, Journal of Economic Policy”, 2, 2022, pp. 253-278.
Si vedano per esempio K.A. Clausing, J.M. Colmer, A. Hsiao, e C. Wolfram, The global effects
of carbon border adjustment mechanisms, NBER Working Paper Series, 33723, 2025; P. Coster,
J. di Giovanni e I. Mejean, Firms’ Supply Chain Adaptation to Carbon Taxes, Federal Reserve
Bank of New York, Staff Report, 1136, 2024; A. Dechezleprêtre, A. Haramboure, C. Kögel,
G. Lalanne, e N. Yamano, Carbon Border Adjustments: The potential effects of the EU CBAM
along the supply chain, OECD Science, Technology and Industry Working Papers, 2, 2025.
Figure
Figura 1
Aiuti di Stato per paese
(miliardi di euro, prezzi costanti)
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea, State Aid Scoreboard.
Figura 2
Aiuti di Stato e capacità fiscale
Pannello a
2010-19
Pannello b
2020-22
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat e Commissione europea, State Aid Scoreboard.
Figura 3
Aiuti di Stato nell’UE per obiettivo
(miliardi di euro, prezzi costanti)
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea, State Aid Scoreboard.
Figura 4
Introduzione del CBAM e rimozione dei certificati EU ETS gratuiti
(valori percentuali)
Fonte: elaborazioni su Direttiva UE/2023/959.
(1) Quota calcolata rispetto al livello del 2025 per i produttori di beni soggetti a CBAM. – (2) Quota calcolata sul totale di
emissioni soggette a CBAM a regime.
Questa pubblicazione è stata stampata
su carta certificata Ecolabel UE
(numero di registrazione: FR/011/003)
Inoltre l’impatto ambientale connesso con il ciclo di vita della carta utilizzata
è stato compensato con l’acquisto di crediti di carbonio e piantando alberi in aree del territorio italiano.
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia
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