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Nella Valle della Biodiversità si accende il dibattito sulla sostenibilità


«Sostenibilità fa rima con creatività». Da qui è nato il desiderio di parlare di ecologia, scienza, riciclo, produzione di energia da parte di eco.bergamo, il supplemento mensile de L’Eco, e del suo comitato di imprese partner, nel contesto suggestivo del Copenhagen Institute of Interaction Design, che ha sede nei locali del 1100 ristrutturati magistralmente dalla Fondazione Mia e adiacenti il monastero di Astino. A dare il primo spunto per attivare la discussione sono stati Mara Sugni e Gabriele Rinaldi, curatori e custodi della Valle della Biodiversità, dove sono messe a dimora oltre mille varietà di coltivazioni che il nostro territorio è in grado di generare grazie al contributo del sole, prima fonte di energia vitale.

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Quale migliore assist per parlare di nucleare? Dopo gli approfondimenti e la discussione moderati da Daniela Taiocchi, a fare da sottofondo della fase conclusiva della mattinata sono stati gli ottoni del «Db brass quintet», un ensemble composto da giovani musicisti che, ancora studenti del Politecnico delle Arti, propongono un repertorio che spazia dalla musica barocca alla contemporanea, passando per l’opera e le colonne sonore. Come a dire che da creatività e sostenibilità può nascere davvero la bellezza. Quella di una valle tutelata dal Parco dei Colli e presa a cuore dai bergamaschi.

Carlo Proserpio: bisogna prepararsi all’ecodesign

Non si deve cadere nel tranello di pensare all’economia circolare solo come all’azione del chiudere un cerchio, ovvero passare da un’economia lineare in cui si produce, si utilizza, infine si butta, a un’economia in cui si fa attenzione solo alla fase di riciclo e riutilizzo dei materiali. La parola chiave, in tal senso, è ecodesign, in cui la sostenibilità si incontra con la progettazione. Carlo Proserpio, docente al Politecnico di Milano, ne ha parlato, all’incontro, organizzato dalla redazione di eco.bergamo al editoriale di imprenditori sostenitori del supplemento mensile di ambiente, ecologia, green economy de L’Eco di Bergamo.

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«Si parla di design nel Piano d’azione dell’economia circolare previsto dal Green Deal dell’Unione europea», ha esordito il professore, che insegna ai master in Design for Sustainability and Regeneration e Life Cycle Assesment. «È importante sottolineare che fino all’80% dell’impatto ambientale di un prodotto è determinato nelle fasi di design. Significa che le fasi di progettazione, realizzazione e certificazione giocheranno un ruolo chiave nel ripensare i prodotti nel loro intero ciclo di vita».

Qual è la novità a cui le aziende sono tenute ad adeguarsi? Il nuovo Regolamento sull’ecodesign per i prodotti sostenibili (Espr), in vigore da luglio dell’anno scorso, che sarà seguito da una serie di obblighi nei prossimi anni: «Non è una novità assoluta – ha puntualizzato Proserpio –, è un ampliamento del regolamento già introdotto nel 2009, quando il focus furono i prodotti che consumavano energia in fase d’uso. Allora si era ragionato solo su come migliorare gli impatti da questo punto di vista, dando vita alle etichette energetiche. Il Regolamento sull’ecodesign, invece, è un piano per trasformare i prodotti in beni più duraturi, riparabili, circolari ed efficienti, rafforzando al contempo la competitività delle imprese».

Questa evoluzione prevede, innanzitutto, un ampliamento delle categorie di prodotti che devono seguire determinati standard di progettazione per essere messi in commercio. «Sono undici le categorie che, secondo un rapporto del Joint Research Center 2024, hanno alto potenziale di impatto – ha riferito il professore –, tra cui cosmetici, giocattoli, attrezzi da pesca e prodotti per l’igiene assorbente». Le regole dell’Espr prevedono, al momento, «requisiti generali a cui faranno seguito, tra il 2025 e il 2027, atti delegati che saranno declinati nei vari comparti, in riferimento soprattutto a riparabilità, riuso, impronte ambientali, manutenzione, riciclabilità, efficienza e durabilità».

«Il primo step – ha chiarito Proserpio – è adottare l’approccio del Life Cycle Assessment, l’analisi del ciclo di vita di un prodotto che permette di quantificarne i potenziali impatti sull’ambiente e la salute, a partire dal consumo di risorse e dalle emissioni. In un secondo momento si applica il Life Cycle Design, «per generare strategie di ecodesign non solo a livello di impatti, ma definendo le priorità progettuali ed elaborando coerentemente il “concept”, l’idea del prodotto».

Uno dei quesiti da porsi è se queste nuove regole entrino, in qualche modo, in contrasto con i modelli di business delle aziende. «La domanda è lecita», ha confermato Proserpio. «Una delle risposte potrebbe essere quella dei sistemi prodotto-servizio che permettono non più la vendita di prodotti ma l’offerta di servizi». Un esempio è il sistema, che si sta sviluppando lentamente, del «pay for wash».

«La lavatrice rimane di proprietà del produttore. Il consumatore paga per il servizio», ha spiegato Proserpio. «Sono inclusi, però, i costi di acqua, energia e manutenzione del prodotto, così che, se la lavatrice è più efficiente e durabile, sarà la stessa azienda ad avere vantaggio a investire nei requisiti di sostenibilità». Per rendere questi strumenti applicabili, non si può prescindere da formazione e consapevolezza: «Il designer è stato spesso l’anello debole della catena, come è confermato da una recente indagine nel Regno Unito: solo il 13 per cento dei progettisti si sente pronto e formato sui temi ambientali. La formazione e la consapevolezza, dunque, sono i primi passaggi su cui le aziende devono investire per dotarsi degli strumenti e delle conoscenze da applicare negli studi di progettazione», ha concluso Proserpio.

Raee: materie prime critiche da recuperare e valorizzare

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Frigorifero, lavatrice, televisore, cellullari, lampadine. Quando sono sostituiti, diventano Raee, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Smaltirli in modo corretto ha un impatto ecologico globale ed economico nazionale, perché dagli apparecchi elettronici si possono ricavare materie prime critiche costose.

Il tema è stato al centro di uno dei tre incontri del comitato di eco.bergamo: le relatrici Sara Mussetta e Federica Porta del Centro di Coordinamento Raee hanno fornito una panoramica di questo mondo. «Il Centro ha l’obiettivo di migliorare la raccolta, il ritiro e la gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici in Italia. Si occupa della raccolta dei Raee sia domestici sia “dual use”, domestici e professionali, di origine commerciale, industriale e istituzionale», ha spiegato Porta.

In Italia la raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici è ferma al 29,6%. La buona notizia è l’aumento del 2,5% rispetto al 2023. Anche i dati sui primi cinque mesi del 2025 mostrano un +1,6% rispetto allo stesso periodo del 2024. «Il dato della provincia di Bergamo è positivo e più alto di quello nazionale», ha riportato Porta: «Nei primi cinque mesi dell’anno c’è stato un incremento del 4,2%». Siamo ancora lontani, però, dal raggiungere l’obiettivo fissato dall’Unione europea del 65% di raccolta. «Il dato interessante è quello relativo al raggruppamento 4, a cui appartengono apparecchiature informatiche di piccole dimensioni come cellulari e computer, che ha visto un incremento nella raccolta del 7,5%. È un segnale che si sta combattendo la tendenza a lasciare i cellullari nel cassetto o a disperderli in altre frazioni di rifiuti come la plastica o l’indifferenziata», conclude Porta.

Sara Mussetta è intervenuta sul trattamento dei Raee. «Il Centro si occupa anche del monitoraggio e della gestione delle materie prime critiche contenute in frazioni residuali dei Raee, come schede e polveri fluorescenti, in piccolissime quantità. Per recuperare e valorizzare questi materiali è importante incrementare la raccolta e avere impianti in grado di trattarli». A livello nazionale si sta studiando una strategia: «L’importanza per l’Europa di essere indipendente sull’approvvigionamento di materie prime critiche mira a mettere in atto una serie di linee guida: rafforzare la raccolta dei rifiuti, non solo incrementandola, ma attuando adeguati controlli affinché segua il corretto canale di trattamento. Investire su una maggiore comunicazione ai cittadini e alle imprese, perché ancora oggi la conoscenza è bassa. Infine, sviluppare nuove tecnologie di recupero di queste materie prime critiche», ha concluso Mussetta.

Nucleare: Bergamo studia le reazioni a bassa energia

Presentata al comitato di eco.bergamo la terza via al nucleare di Prometheus, startup del Kilometro Rosso specializzata in reattori di nuova generazione che sfruttano le reazioni nucleari a bassa energia (Lenr). «La nostra storia è iniziata quando Mario Draghi era presidente del Consiglio», ricorda Fabrizio Petrucci, ad di Prometheus, che continua: «Il premier e l’allora ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, furono affascinati dalla nostra tecnologia e ci chiesero di svilupparla utilizzando strumenti, materie prime e maestranze italiane. Ci dissero di lavorare su reattori puliti, senza scorie, radiazioni ed emissioni. Noi abbiamo sposato questo percorso, ma Draghi e Cingolani ce l’hanno suggerito».

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Negli ultimi anni, la startup si è focalizzata sullo sviluppo del «minimo dispositivo possibile»: «Abbiamo puntato sulle eccellenze della meccanica e abbiamo usato materiali facilmente reperibili. Il nostro obiettivo era di realizzare al più presto un prodotto che potesse entrare nelle case», continua Petrucci. Oggi, la compagnia è giunta al suo terzo prototipo, nome in codice «Um 3.0», che permette di scalare le dimensioni fino a venti volte quelle del modello precedente e di aumentare le frequenze operative di duecento volte. «Questi risultati ci permetteranno di entrare presto nella fase di pre-industrializzazione», conferma l’ad di di Prometheus. «Abbiamo già degli accordi con alcuni produttori: il prossimo passo è produrre in serie dei reattori domestici che sostituiscano le caldaie».

La sfida per la startup non è industriale, ma sociale: Petrucci ammette che «dobbiamo vincere le reticenze di chi teme un impianto che, pur senza emettere radiazioni, può comunque definirsi “nucleare”. Ma ci arriveremo». Le Lenr sono reazioni nucleari vere e proprie: molti potrebbero spaventarsi all’idea di uno scaldabagno nucleare. Ma da Prometheus rassicurano: «Um 3.0» non produce scorie e, soprattutto, non genera alcuna radiazione misurabile. Si tratta di un reattore verde, che utilizza acqua e sale marino come combustibile e che sfrutta l’energia elettrica per cambiare la struttura della materia, trasformandola in plasma. Il naturale ritorno dell’acqua allo stato liquido rilascia calore, idrogeno e pressione: «Le Lenr – conclude Petrucci – sono un mondo poco esplorato, a metà tra la fisica nucleare e la chimica , di cui non conosciamo il funzionamento. Noi non abbiamo l’ambizione di spiegarle. Vogliamo sfruttarle per produrre energia pulita senza la violenza della fissione e della fusione, senza grandi reattori e senza dover raggiungere temperature elevatissime».

Rinnovabili e recupero dei rifiuti per gli obiettivi di sostenibilità

Fonti rinnovabili, decarbonizzazione, riciclo: così le aziende del comitato di eco.bergamo vogliono raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. La soluzione, per molti, è il fotovoltaico: «Quello del solare è un settore in crescita, tanto a livello domestico quanto nelle aziende», esordisce Luca Zanchi, direttore generale di Metano Nord, che continua: «Le oscillazioni degli incentivi hanno avuto un impatto inferiore alle attese. Oggi, infatti, gli impianti non sono più investimenti che richiedono anni per rientrare dai costi iniziali». Anche Siad, colosso bergamasco dei gas industriali, guarda con attenzione al solare: «Stiamo valutando un parco fotovoltaico da 2 MW nello stabilimento di Osio Sopra, non dissimile da quello che già abbiamo in Campania. Sarà fondamentale in vista dell’installazione di un elettrolizzatore per la produzione di idrogeno», racconta Giangiacomo Caldara, consigliere delegato del gruppo. A fine ciclo vitale, i pannelli fotovoltaici, se opportunamente smaltiti, sono una miniera di materie prime seconde: «Dalle cornici si ricava l’alluminio puro, dal resto del corpo preleviamo vetro e plastica. E poi ci sono le celle solari, che contengono silicio», spiega il fondatore di Ing, Gabriele Ghilardi. Puntare sulle rinnovabili permette anche di risolvere il problema dell’instabilità della rete elettrica. «La gestione energetica è fondamentale per le imprese, soprattutto alla luce dei blackout delle scorse settimane», dichiara Stefano Piffari, responsabile ambiente e sicurezza di Lovato Electric, che aggiunge: «Il solare garantisce autonomia energetica, specie se affiancato dalle batterie di accumulo. Noi di Lovato consigliamo anche prodotti per mitigare altri rischi, come le sovratensioni e i danni dei fulmini».

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L’energia verde non è solo quella del sole: «L’idroelettrico resta imprescindibile – ammonisce Enrico Felter, general counsel di Italgen – perché si tratta di una risorsa preziosa e programmabile. Pianificare la produzione delle dighe è possibile, mentre è più complesso per le centrali ad acqua fluente: molto dipende dalla portata dei fiumi». E poi c’è il calore generato dalla valorizzazione dei rifiuti: Bergamo è un caso virtuoso, grazie al teleriscaldamento di Rea Greenthesis e A2A. «Tra giugno e luglio abbiamo ottenuto risultati sopra le aspettative», conferma il chairman di Rea Dalmine, Marco Sperandio: «Per il futuro vogliamo migliorare questi livelli, grazie anche all’espansione della rete di telescaldamento». Accanto al risparmio energetico e alle rinnovabili, le aziende orobiche credono nell’economia circolare e nel disinquinamento. L’esempio di Heidelberg Materials è emblematico: «Il nostro Gruppo è in prima fila a livello mondiale nel percorso verso la decarbonizzazione dei materiali per le costruzioni. Lo scorso mese, primi nel nostro settore, abbiamo inaugurato in Norvegia una cementeria dotata di tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2», riporta Lorenzo Colombo, direttore della comunicazione.

Quello per la circolarità economica è un impegno trasversale e riguarda anche il trasporto pubblico: lo conferma l’ad di Teb, Gianni Scarfone, secondo cui «la promozione del riciclo e del riuso è parte integrante del nostro lavoro. Dalla manutenzione predittiva ai materiali dei nuovi tram, fino ai pezzi di ricambio: tutto è valutato attentamente in ottica ecologica». Ma non è tutto oro quel che luccica: per continuare a essere virtuosi occorre guardare alla sostenibilità economica. Lo dice il presidente di Montello, Roberto Sancincelli: «L’industria del riciclo sta vivendo un momento di stagnazione, se non di arretramento. È colpa dei prezzi dell’energia e dei costi elevati dello smaltimento dei residui. Oggi questi freni sono mitigati dagli incentivi, ma in futuro potrebbe non essere più così: dobbiamo lavorare per creare le condizioni che permetteranno alle imprese del riciclo di reggersi in piedi da sole».



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