Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

Dazi, Italia allarme: cibo, vini, farmaci, moda: colpo durissimo al made Italy – Quanto costa e le conseguenze della mossa di Trump all’Italia


Dazi: Confindustria Moda, minaccia seria per industria italiana della moda

“I dazi imposti dagli Stati Uniti rappresentano una minaccia seria per l’industria italiana della moda, già colpita da tariffe elevate sui prodotti. Un ulteriore aumento metterebbe in difficoltà l’intera filiera, dai materiali alla produzione e distribuzione, con effetti globali sui costi e sui consumi sia diretti che indiretti. Tuttavia, questa sfida può diventare anche un’opportunità per rafforzare filiere innovative e sostenibili e per spingere sul nearshoring, ricostruendo produzioni più vicine in Italia e nel Mediterraneo e creando nuovi legami commerciali come quello con il Mercosur”. Ad affermarlo in una nota è Luca Sburlati, Presidente Confindustria Moda, su dazi Usa al 30% per Ue. “Condividiamo pienamente quanto affermato dal Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, sulla necessità di mantenere la calma e i nervi saldi. Ora serve un’azione decisa: l’Europa deve muoversi unita, e l’Italia dotarsi finalmente di una politica industriale chiara per difendere il primato del Made in Italy”, sottolinea ricordando che nel 2024 “il settore Tessile & Abbigliamento ha esportato verso gli Stati Uniti beni tessili e di abbigliamento per oltre 2,75 miliardi di euro. È il terzo mercato di sbocco per l’export del comparto”.

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

Dazi: Confartigianato, ‘a rischio 17,8 mld export di Pmi negli Usa’

L’annuncio del Presidente degli Stati Uniti Trump di dazi al 30% sui prodotti europei rischia di assestare un duro colpo all’export italiano negli Usa, in particolare alle micro e piccole imprese. E’ l’allarme di Confartigianato che mette in evidenza il valore delle nostre vendite negli Usa: nei dodici mesi a fine aprile 2025 ammonta a 66,6 miliardi di euro. Di questi, ben 17,87 miliardi di euro provengono dalle piccole imprese. L’annuncio dei nuovi dazi arriva in un contesto già fragile: nel primo quadrimestre 2025, a fronte di una crescita complessiva dell’export verso gli USA dell’8,2%, il comparto manifatturiero (escluso il farmaceutico) registra una contrazione del 2,6%. Le piccole imprese hanno retto grazie al buon andamento dell’alimentare (+9,3%) e della moda (+3,6%), ma risultano in flessione le esportazioni di occhialeria e gioielleria (-9,7%), prodotti in metallo (-6,8%) e mobili (-2%).

Secondo Confartigianato, le regioni italiane più esposte all’effetto dazi per la forte quota di export delle piccole imprese verso gli Stati Uniti sono: Lombardia: 4.419 milioni, con la moda al 45,5%; Veneto: 3.094 milioni di euro, con gioielleria e occhialeria al 56%; Toscana: 2.943 milioni, con moda (51,6%) e alimentare (21,8%); Emilia-Romagna: 1.636 milioni dominati da alimentare (52,9%) e moda (21,5%). A livello provinciale l’export delle piccole imprese negli Usa è maggiore a: Firenze: 1.546 milioni, con la moda all’83,7%; Vicenza: 933 milioni di cui gioielleria (46,9%) e moda (31,6%); Belluno: 805 milioni di euro, quasi interamente legati all’occhialeria; Arezzo: 557 milioni (4,8% del pil), gioielleria all’89,6%.

Confartigianato invita le istituzioni nazionali ed europee a un’azione coordinata per non compromettere la tenuta economica e occupazionale di interi distretti produttivi, riconosciuti a livello internazionale per la qualità e l’identità del Made in Italy. L’Italia e l’Unione Europea, sottolinea Marco Granelli, Presidente di Confartigianato, “mantengano aperto il dialogo con Washington. Allo stesso tempo, chiediamo al Governo misure concrete per sostenere la competitività internazionale delle nostre imprese: strumenti per la diversificazione dei mercati, incentivi all’innovazione e investimenti infrastrutturali ed energetici che rafforzino la resilienza del nostro sistema produttivo. I nostri imprenditori artigiani e le nostre Pmi hanno dimostrato di saper affrontare le sfide globali con qualità, flessibilità e radicamento nei territori. Serve una visione strategica che le accompagni e le tuteli in questa nuova fase di incertezza”.

Dazi: al 30% impatto su export farmaci, oltre 2,5 mld costi per imprese in Italia

Secondo Farmindustria ci sarebbe un effetto negativo anche per gli Usa, ‘carenze e aumento prezzi’ L’annuncio del presidente Usa Donald Trump di imporre dazi al 30% sulle importazioni dall’Unione Europea dal prossimo primo agosto avrà conseguenze non da poco – se poi sarà tramutato in realtà operativa – per le imprese farmaceutiche che operano in Italia. Secondo gli ultimi dati presentati da Farmindustria all’assemblea annuale di inizio luglio, l’Italia ha raggiunto nel 2024 un export record di 54 miliardi che conferma un ruolo da leader in Ue insieme a Germania e Francia. L’export, molto verso gli Usa (nel 2024 sono stati esportati farmaci e vaccini per un valore di oltre 10 mld), in 10 anni è aumentato del 157%, più della media Ue (+137%). La volontà di Trump potrebbe costare molto al settore farmaceutico italiano che conta circa 200 aziende associate a capitale nazionale e a capitale estero con oltre 130 stabilimenti su tutto il territorio. Il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, che più volte era intervenuto sul tema dei dazi, aveva fatto uno stima nei mesi passati. “Nella malaugurata ipotesi di dazi al 25%, si tratterebbe di un costo di oltre 2,5 miliardi; un valore molto importante, che avrebbe un forte impatto sulla nostra filiera produttiva”. Se però i dazi “dovessero arrivare sui farmaci avrebbero un impatto immediato sulla possibile carenza di medicinali e aumento dei prezzi per i cittadini americani”, ricordava Cattani rispondendo alle domande dei giornalisti a margine dell’evento ‘Ricerca e futuro’ ad aprile a Roma. Secondo il presidente di Farmindustria, ci sarà “un aumento di costi non solo dei farmaci ma del sistema di cura americano. I dazi, inoltre, frenano l’economia e aumentano l’inflazione”.

Dazi: Grana Padano, impatto 10 euro/Kg, così Trump nemico

“Trump ha fissato i dazi al 30% sui prodotti dell’Unione Europea. La sua decisione equivale ad una vera dichiarazione di guerra economica. Quindi, da oggi l’Europa non può più considerarlo un competitor, ma così diventa un nemico”. Lo afferma Stefano Berni, Direttore Generale del Consorzio Tutela Grana Padano commentando la lettera inviata alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, in cui si annunciano dazi al 30% sulle merci provenienti dai Paesi europei. “É necessario ricordare a tutti che Grana Padano da tanti anni sta scontando un dazio storico che era del 15% nelle esportazioni verso gli Stati Uniti – sottolinea Berni – una gabella che dopo i primi mesi di presidenza Trump, è salita al 25% che quindi oggi incide per quasi 6 dollari al kg”.

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Per il Direttore Generale del Consorzio Grana Padano, ad una prima stima “il dazio ora salirebbe a circa 10 dollari al chilogrammo di Grana Padano. Ma gli importatori e i distributori americani mettono in vendita al consumatore il Grana Padano moltiplicando per 2 il prezzo di partenza e tutti i costi logistici che hanno negli USA. Ciò vuol dire che oggi lo pongono in vendita poco sotto i 40€ al kg; ma con un ulteriore dazio aggiuntivo del 30% che quindi porterà quello totale al 45%, il prezzo al consumo supererà ampiamente i 50 dollari al chilogrammo”. “Con un tale dazio saranno ovviamente ridotti i nostri consumi negli Stati Uniti – conclude Berni – E questo drammatico errore sarà anche un danno per il consumatore americano che comunque consumerà, anche se di meno, grana padano, tanto che negli anni i consumatori Usa ci hanno premiato con una continua crescita del consumo. Ma contro l’Europa Trump ha compiuto un autentico e pesante atto di guerra, condotto con miope tracotanza e che rischia di sconvolgere anche gli equilibri geopolitici generali. É evidente che gli europei così perdono un paese amico”.

Dazi: Coldiretti, 30% colpo mortale da oltre 2,3 mld per cibo made in Italy

I dazi al 30% annunciati dal presidente Usa Donald Trump sui prodotti europei potrebbero costare alle famiglie statunitensi e all’agroalimentare italiano oltre 2,3 miliardi di euro. E’ quanto emerge da una stima Coldiretti, effettuata sulla base dell’impatto per le filiere nazionali già sperimentato in occasione delle tariffe aggiuntive imposte dal tycoon nel suo primo mandato, che aveva portato a un calo delle vendite a doppia cifra per i prodotti colpiti. L’impatto in termini di prezzi maggiorati per i consumatori americani si tradurrebbe inevitabilmente in ricadute anche sulle aziende italiane, vista la richiesta di “sconti” da parte degli importatori riscontrata nelle scorse settimane. La diminuzione dei consumi porta inevitabilmente a prodotto invenduto per le imprese tricolori, costrette a dover cercare nuovi mercati. Il tutto senza dimenticare il pericolo falsi, con gli Stati Uniti primo produttore mondiale di falso cibo Made in Italy.

L’eventuale scomparsa di molti prodotti italiani dagli scaffali rappresenterebbe un assist per la già fiorente industria del tarocco, stimata in un valore di 40 miliardi. Al danno immediato in termini di un probabile calo delle esportazioni andrebbe ad aggiungersi quello causato dalla mancata crescita, con il cibo Made in Italy in Usa che quest’anno puntava a superare il traguardo dei 9 miliardi di euro, dopo aver raggiunto lo scorso anno il valore record di 7,8 miliardi di euro, grazie a un incremento delle vendite del 17% rispetto al 2023, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. A pesare è anche il fatto che le nuove tariffe aggiuntive andrebbero a sommarsi a quelle già esistenti, penalizzando in particolar modo alcune filiere cardine, a partire da quelle già sottoposte a dazio. Con il dazio al 30%, le tariffe aggiuntive per alcuni prodotti simbolo del Made in Italy arriverebbero al 45% per i formaggi, al 35% per i vini, al 42% per il pomodoro trasformato, al 36% per la pasta farcita e al 42% per marmellate e confetture omogeneizzate, secondo una proiezione Coldiretti.

“Imporre dazi al 30% sui prodotti agroalimentari europei – e quindi italiani – sarebbe un colpo durissimo all’economia reale, alle imprese agricole che lavorano ogni giorno per portare qualità e identità nel mondo, ma anche ai consumatori americani, che verrebbero privati di prodotti autentici o costretti a pagarli molto di più oltre ad alimentare il fenomeno dell’italian sounding – afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – Purtroppo non possiamo che constatare, laddove dovessero essere confermati i dazi il 1 agosto, il totale fallimento della politica esercitata dalla Von der Leyen a danno dei settori produttivi e delle future generazioni. La Presidente deve spendersi per una soluzione vera, come non ha ancora fatto. In un momento delicatissimo per gli equilibri geopolitici ed economici globali, colpisce la totale assenza di coraggio e di visione strategica da parte dell’Europa. Mentre il mondo si riarma, le filiere si ricompongono e le grandi potenze investono nel rafforzamento della propria sovranità alimentare ed energetica, Bruxelles pensa a tagliare risorse proprio ai settori produttivi più strategici come l’agricoltura e dell’economia reale”.

“Dopo la decisione europea di aumentare il proprio contributo alla Nato per superare quello degli Stati Uniti – afferma il segretario generale di Coldiretti Vincenzo Gesmundo – la scelta americana di colpire il nostro agroalimentare con dazi punitivi appare profondamente ingiusta e del tutto asimmetrica. Non si può chiedere all’Europa maggiore responsabilità strategica e poi penalizzarla economicamente sul commercio. Serve uno scatto di lucidità da parte di tutti: ci auguriamo che un supplemento di razionalità, non solo diplomatica, riporti la discussione sul terreno del buon senso e dell’equilibrio tra alleati”.

Dazi: Uiv, dazi al 30% sarebbe quasi embargo per 80% vini italiani

“È bastata una lettera per scrivere la pagina più nera dei rapporti tra due storici alleati dell’Occidente. Il 30% di dazio sul vino, se venisse confermato, sarebbe quasi un embargo per l’80% del vino italiano”. Così il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, ha commentato la lettera dell’amministrazione Trump che annuncia tariffe aggiuntive all’Unione europea del 30% a partire dal 1° agosto. A questo punto, rileva, “il destino nostro e di centinaia di migliaia di posti di lavoro è vincolato ai tempi supplementari, che saranno fondamentali, perché è impensabile poter collocare altrove nel breve periodo questi volumi di vino. Contestualmente, servirà senz’altro un intervento straordinario dell’Ue”.

L’export di vino italiano verso gli Stati Uniti vale circa 2 miliardi di euro, pari al 24% dell’export totale di vino italiano. Di conseguenza, il vino italiano è più esposto al mercato statunitense rispetto alla Francia (dove la quota Usa è al 20%) e alla Spagna (11%). A sua volta, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), il vino italiano rappresenta il 40% dell’export totale dell’Ue verso gli Stati Uniti. Ad aprile 2025 – primo mese soggetto ai dazi – l’export di vino italiano verso gli Usa ha registrato una battuta d’arresto, con un calo del 7,5% a volume e del 9,2% a valore. Allargando lo sguardo all’Ue, l’export di vino europeo verso gli Usa vale quasi 5 miliardi di euro l’anno, quello proveniente da oltreoceano arriva a 318 milioni di euro. Complessivamente le vendite di alcolici europei negli Usa (vino incluso) generano un fatturato di 8 miliardi di euro a fronte di un import degli stessi prodotti pari a 1,3 miliardi.

Dazi: Stoppani, ‘a rischio export da quasi 70 mld, tema recessione legato anche a tasso di cambio con dollaro’

“Sul tema dei dazi è evidente che l’impatto ricade direttamente sul sistema produttivo. In particolare, per quanto riguarda l’agroalimentare, sono emersi chiaramente anche i rischi legati alle esportazioni: pensiamo al vino, ai prodotti alimentari, ai formaggi e così via. L’export italiano verso gli Stati Uniti, se non erro, si aggira intorno ai 70 miliardi di euro — una cifra tutt’altro che trascurabile. Si tratta quindi di un mercato strategico, da tutelare con attenzione, e politiche di tipo protezionistico certamente non vanno in questa direzione”. Così Lino Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, commenta all’Adnkronos la lettera di Trump inviata all’Ue: tariffe al 30% dal 1 agosto.

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

Ieri, ad esempio, il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha affrontato apertamente il tema, sottolineando che – se certe condizioni dovessero concretizzarsi – esiste un reale rischio di recessione. “La situazione è complessa – spiega Stoppani – perché questi fattori incidono anche sul tasso di cambio con la valuta americana. Un eventuale deprezzamento del dollaro aggraverebbe ulteriormente i danni previsti, raddoppiandone l’impatto. Infatti, un dollaro più debole rende più costosi per gli americani i beni importati e, allo stesso tempo, riduce la competitività del nostro sistema turistico”, sottolinea.

“Basta pensare a quanti americani, che vivono delle proprie entrate e redditi, rappresentano una parte importante del flusso turistico verso l’Italia. Perdere una fetta di quel turismo – proprio a causa della perdita di competitività dovuta al cambio sfavorevole – significherebbe subire un danno economico concreto e significativo”, prosegue ancora. Alla domanda se ci siano tatticismi nel comportamento di Trump, Stoppani risponde: “Non so se ci siano dietro dei tatticismi”, risponde. “È evidente, però, che i comportamenti di Trump — anche quelli più recenti — hanno mostrato una certa instabilità nelle sue decisioni: prima interviene, poi rettifica, poi sospende… Insomma, non si tratta certo di una linea diplomatica coerente. Queste oscillazioni, in ogni caso, non giovano all’economia, perché generano instabilità, incertezza e complicano anche la gestione commerciale delle attività”, conclude.

Dazi: Cgia, con 30% impatto fino a 35 mld euro l’anno

Con i dazi al 30% sui prodotti europei potrebbe arrivare una stangata da almeno 35 miliardi di euro l’anno. A sostenerlo è l’Ufficio studi della Cgia che ha effettuato una stima, in via molto prudenziale. I settori più colpiti dovrebbero essere medicinali, preparati farmaceutici; autoveicoli; navi e imbarcazioni; macchinari; bevande (vini);prodotti raffinazione petrolio; abbigliamento; occhialeria; gioielleria e mobili.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Prestito personale

Delibera veloce

 

Dilazione debiti

Saldo e stralcio