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Ue, parla il commissario Valdis Dombrovskis: ecco come rilanceremo la difesa europea. E sui dazi Usa resto ottimista




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Ultim’ora news 12 luglio ore 17


Nemmeno un veterano come Valdis Dombrovskis si sarebbe aspettato un terzo mandato a Bruxelles così complicato. Nella scorsa legislatura il commissario all’Economia era responsabile del Commercio, il dossier che oggi è diventato ancora più caldo sul tavolo della Commissione da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, con tanto di lettera sui dazi spedita all’indirizzo di Bruxelles.

La speranza, come si suol dire, è l’ultima a morire anche nella difficile trattativa per attutire al massimo l’aumento delle tariffe per chi vuole esportare in America. «Stiamo lavorando intensamente con gli Stati Uniti e nell’ultima settimana abbiamo fatto molti progressi nei negoziati. Il nostro impegno proseguirà sia a livello politico che tecnico», spiega Dombrovskis in questa intervista esclusiva a Milano Finanza, mentre è a Roma per la Conferenza sulla Ripresa dell’Ucraina, che ha assicurato a Kiev 10 miliardi di investimenti pubblico-privati per la ricostruzione.

«La scadenza del 9 luglio è stata prorogata all’1 agosto e ora abbiamo qualche settimana in più per trattare. Allo stesso tempo, se non raggiungeremo un’intesa, siamo pronti a difendere le aziende e gli interessi dell’Europa», aggiunge l’ex premier della Lettonia. «Sappiamo che la posta in gioco è alta perché le relazioni economiche tra Ue e Usa sono le più importanti al mondo. Quindi la priorità è sempre quella di trovare un accordo per evitare un’escalation commerciale».

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Domanda. Oltre ai dazi al 10%, in quali concessioni possiamo sperare?

Risposta. Stiamo negoziando con gli Stati Uniti per ottenere delle eccezioni in ambiti strategici come l’acciaio e l’alluminio, l’auto e l’agricoltura. I negoziati sono ancora in corso, quindi non entrerò nei dettagli, né intendo sbilanciarmi sulla reazione dell’Ue in caso di fallimento delle trattative. Voglio però sottolineare che il confronto con gli Stati membri sui dazi è costante e c’è un forte allineamento sulla strategia che stiamo adottando.

D. Le scontro con gli Usa vi ha spinto verso la Cina.

R. Se gli Stati Uniti sono il nostro primo partner, Pechino è il secondo. Si tratta quindi di una relazione economica davvero importante per l’Ue, ma va risolto il tema dello squilibrio commerciale. Il mercato europeo è aperto da sempre alle aziende e alle merci cinesi, trattamento che però non viene ricambiato da Xi Jinping. Dobbiamo anche stare attenti a non sviluppare dipendenze strategiche da Pechino, ad esempio nelle terre rare. Ecco perché stiamo diversificando le relazioni commerciali con altri partner in giro per il mondo.

D. C’è anche il problema della sovracapacità cinese. Come difendersi?

R. È una delle ragioni dello squilibrio economico esistente. Ne abbiamo parlato direttamente con la Cina e con i partner che la pensano come noi, compresi gli Usa e gli altri membri del G7. Serve una risposta coordinata e se riscontreremo comportamenti commerciali scorretti, come merci che ricevono sussidi dall’estero o pratiche di dumping, potremmo adottare altre misure protezionistiche in settori strategici. Lo abbiamo già fatto per l’acciaio e l’alluminio e per le batterie dei veicoli elettrici. Nel settore dell’auto abbiamo anche condotto un’indagine anti-sussidi e imposto dei dazi per riequilibrare il mercato.

D. Per voi non è un problema l’alleanza della Cina con la Russia?

R. Non ignoreremo il sostegno di Pechino allo sforzo bellico di Mosca. Il governo cinese rifornisce tutt’oggi Vladimir Putin e così continua ad alimentare la macchina bellica russa. Questo appoggio preoccupa l’Ue e inevitabilmente condiziona il nostro modo di pensare i rapporti con la Cina.

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D. Lei è in Italia proprio per aiutare l’Ucraina…

R. L’Ue sosterrà Kiev per tutto il tempo necessario, anche nella ricostruzione. Nel solo 2025 il nostro apporto supererà i 30 miliardi, portando i finanziamenti forniti finora dall’Unione a circa 180 miliardi, somma che ci rende i maggiori sostenitori dell’Ucraina. Con la conferenza di Roma abbiamo continuato a incrementare il nostro contributo economico e stimolato quello dei privati, convincendoli ad aiutare Kiev anche a guerra in corso.

D. Utilizzerete i 300 miliardi di asset russi congelati?

R. Con il G7 abbiamo stabilito che questi beni dovranno rimanere immobilizzati fino a quando Mosca non risarcirà l’Ucraina. Nel frattempo con i partner del G7 continueremo a erogare prestiti al presidente Volodymyr Zelensky, che saranno rimborsati con i profitti generati dai beni russi congelati. Da questo punto di vista, quindi, la Russia sta già pagando per i danni provocati.

D. La guerra vi ha spinto a mobilitare fino a 800 miliardi per la difesa.

R. L’aumento della spesa militare è diventata una delle nostre priorità, soprattutto ora che Mosca ha iniziato a parlare apertamente di possibile invasione di altri Paesi europei. La situazione è critica e dobbiamo rafforzare con urgenza la nostra capacità militare e l’industria della difesa, senza però trascurare la sostenibilità dei conti pubblici.

D. Cosa intende?

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R. Abbiamo limitato la flessibilità concessa ai governi per aumentare la spesa in armamenti sia in termini di volumi sia di tempistiche: l’incremento non potrà superare l’1,5% del pil per massimo quattro anni. Con il nuovo debito comune (Safe), inoltre, forniremo prestiti a condizioni agevolate, con conseguenti risparmi sui tassi d’interesse da pagare. Così potremo contenere l’impatto sui bilanci degli Stati, che dovranno utilizzare questo periodo di transizione per prepararsi a una crescita strutturale della spesa per la difesa, come concordato in sede Nato. L’eccezione al Patto di Stabilità non sarà quindi permanente, ma nel frattempo i governi avranno il tempo per adeguare i conti pubblici e rafforzare gli investimenti nel settore.

D. Cosa pensa della proposta di Giorgetti, che per aiutare i Paesi indebitati vuole stimolare gli investimenti privati con garanzie pubbliche sul modello InvestEu?

R. Parliamo di un progetto di grande successo, di conseguenza è chiaro che nel prossimo quadro finanziario annuale ricorreremo a strumenti simili. Dal bilancio 2028-34 inizieremo a considerare anche nuovi meccanismi. Ci baseremo su quello che abbiamo già fatto, come il Fondo Europeo per la Difesa o altre iniziative, e ci concentreremo sui Paesi confinanti con Russia, Bielorussia e forse Ucraina, dove i rischi sono maggiori.

D. Come avete convinto gli Stati contrari al debito comune?

R. La Commissione formula sempre le sue proposte per ottenere un sostegno unanime. Il tema del debito è controverso, ma sulla difesa i governi hanno compreso con chiarezza quanto la minaccia sia urgente e così siamo riusciti a trovare un accordo.

D. Pensa che in futuro ci saranno altre emissioni come auspica anche il governatore della Banca d’Italia Panetta?

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R. Prima vogliamo vedere se ci sarà una forte richiesta per Safe (l’uso dei prestiti non è obbligatorio, ndr). In tal caso saremo aperti a esplorare altre possibilità per rafforzare gli investimenti nella sicurezza, anche in senso lato. Avremo maggiori certezze dopo che presenteremo – il 16 luglio – la proposta sul prossimo quadro finanziario pluriennale: il dibattito che ne seguirà farà chiarezza sulla posizione degli Stati membri e sulle strade da percorrere.

D. Possiamo sperare in un uso generalizzato degli eurobond?

R. La priorità è rendere più efficienti gli strumenti a disposizione, a partire dalla Recovery and Resilience Facility, perché la scadenza del 2026 è vicina. In questo momento, quindi, dobbiamo concentrarci sull’attuazione dei piani nazionali per sfruttare al massimo i fondi già concessi.

D. Come procedono i vari Pnrr?

R. L’Italia è a buon punto. La Commissione ha approvato la settima richiesta di pagamento da 18 miliardi e Roma ha già presentato domanda per l’ottava. Tutti i target dovranno essere raggiunti entro fine agosto 2026, per questo abbiamo chiesto ai governi di riesaminare in modo critico i piani nazionali per capire cosa può essere realizzato e cosa sostituito con misure completabili nei tempi. Per i grandi progetti, invece, abbiamo suggerito di procedere fin dove possibile e di affidarsi per la parte restante ai fondi di coesione o nazionali. Ora ci aspettiamo che gli Stati membri rivedano i loro piani e si concentrino sull’attuazione.

D. E la sfida della semplificazione?

R. Nel primo semestre abbiamo già risparmiato più di 8,5 miliardi e in generale Eurostat ha stimato 150 miliardi l’anno di minori costi amministrativi per aziende e Pubblica Amministrazione. Il nostro obiettivo è tagliare le spese del 25% per le imprese e del 35% per le pmi, con un risparmio annuo di 37,5 miliardi. Ecco perché spero che i governi e l’Europarlamento concludano presto i negoziati sulla proposta legislativa della Commissione, senza ridurre le ambizioni del piano di semplificazione. È un fattore chiave per rafforzare la competitività dell’Ue.

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D. Per stimolare la crescita state lavorando all’Unione dei Risparmi e degli Investimenti. A cosa servirà?

R. In Europa il mercato dei capitali ricopre un ruolo più marginale rispetto agli Usa. Le nostre aziende innovative e startup si spostano verso gli Stati Uniti o l’Asia perché non riesco ad accedere al credito con facilità, quindi dobbiamo sbloccare le potenzialità dei mercati dei capitali per convincerle a restare. I cittadini invece potranno investire con rendimenti più elevati e così anche i loro risparmi contribuiranno alla crescita dell’Europa.

D. Come procederete?

R. Abbiamo già iniziato a presentare delle proposte e abbiamo avvertito un forte sostegno politico dagli Stati membri: ora questo appoggio deve tradursi in un percorso legislativo concreto. Ci stiamo confrontando anche su una centralizzazione delle funzioni di vigilanza a livello Ue, ma purtroppo non abbiamo ancora raggiunto un accordo. I governi comunque hanno capito che se vogliamo un vero mercato dei capitali europeo e non 27 frammentati, dobbiamo rafforzare il ruolo della vigilanza e applicare regole più uniformi.

D. La forza dell’Ue passa anche dall’euro digitale?

R. Dobbiamo portare la nostra moneta comune nel XXI secolo, ecco perché la Commissione ha presentato una proposta legislativa sull’euro digitale. Stiamo facendo progressi e la presidenza danese punta a un accordo di principio entro la fine dell’anno. Anche il Parlamento Europeo è al lavoro e speriamo raggiunga risultati concreti già in autunno. Voglio sottolineare, però, che l’euro digitale si integrerà con il contante senza sostituirlo. Per questo motivo alla nostra proposta ne abbiamo associata un’altra per rafforzare lo status legale del contante. (riproduzione riservata)

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