Confcooperative, 30% è colpo da ko tecnico per export e distretti produttivi
“I dazi al 30% annunciati da Trump sono un colpo da ko tecnico per il nostro export e per una parte dei distretti produttivi. Con i dazi al 10% avevamo calcolato con il Censis un contraccolpo pesante per l’occupazione con 68.000 occupati in meno e la perdita di 18 miliardi di euro di valore export, pari al 25% dell’export complessivo. Trump dimostra di essere un disseminatore di tempesta e di discordia, la Ue la sua solita inefficacia”. Così in una nota Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative.
“Occorre insistere ancora per le vie diplomatiche – aggiunge – e salvare il salvabile, ma la Ue ne tenga conto in vista della nuova Pac e dei fondi di coesione. Agisca con intelligenza e non con miopia tecnocratica. il mercato Usa non è né veloce né facile da sostituire”.
Legacoop agroalimentare, 30% inaccettabile, occorre risposta adeguata da Ue
“Il 30% di dazi Usa mette in grande difficoltà l’export Ue e italiano”. Così Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, nel commentare la lettera dell’amministrazione Trump che annuncia tariffe aggiuntive all’Unione europea del 30% a partire dal primo agosto.
Per Maretti, si legge in una nota, la questione è prevalentemente politica. “Tutti questi cambi di direzione di Trump degli ultimi mesi – osserva – rischiano di essere una foglia di fico per nascondere la volontà politica di colpire un alleato storico come l’Europa”. Viene quindi sollecitata una risposta adeguata da parte della Ue. “Certo – assicura – noi saremo sempre dalla parte di chi evita di buttare benzina sul fuoco. Ma se un nostro alleato e ’amico’ di parte politica dà fuoco al nostro fienile, non possiamo certo usare i guanti bianchi e il fioretto per ragionare con lui”. E conclude: “Nessuno pensi che i dazi saranno un problema solo per chi esporta. Le ricadute sui consumi americani e sul mercato interno europeo saranno inevitabili”.
FederlegnoArredo: «Allarmati da dazi ma evitare uno scontro»
“Di fronte alla notizia della decisione di Trump di introdurre dazi del 30% sulle esportazioni dell’Ue verso gli Usa, non possiamo che essere preoccupati e allarmati”, commenta il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin. “Attendiamo di capire nella pratica come potranno essere applicati dal primo agosto, ma – dice – ci sentiamo di ripetere, come già detto in altre occasioni, che l’Europa deve evitare di arrivare allo scontro di dazi contro dazi che non gioverebbe a nessuno. Fermezza, calma e diplomazia credo siano le risposte migliori all’ennesimo attacco della presidenza Usa a tutto il sistema produttivo europeo che sarebbe pesantemente colpito dall’applicazione della misura, compreso il settore del legno-arredo che ha, proprio negli Usa, il secondo mercato di export”. “L’Europa tutta e il nostro Governo – dice ancora Feltrin – devono aver ben presente che non difendere le nostre imprese adesso potrebbe avere come conseguenza la desertificazione industriale del Vecchio Continente”.
Berni (Grana Padano), speriamo che Meloni faccia fare passi indietro a Trump
“Trump è un tycoon volubile e aggressivo. Speriamo Giorgia Meloni gli faccia fare alcuni passi indietro sfruttando la sua volubilità. Ma se le cose rimanessero così per noi, gli Stati Uniti diventeranno un paese molto difficile finché verrà governato da questo Trump”. Così Stefano Berni, direttore generale del Consorzio tutela Grana Padano, all’annuncio dei dazi al 30% il prossimo primo agosto.
“La sua decisione – prosegue – equivale ad una vera dichiarazione di guerra economica. Quindi, da oggi l’Europa non può più considerarlo un competitor, ma così diventa un nemico”.
Berni puntualizza, in particolare: “É necessario ricordare a tutti che Grana Padano da tanti anni sta scontando un dazio storico che era del 15% nelle esportazioni verso gli Stati Uniti. Una gabella che dopo i primi mesi di presidenza Trump, è salita al 25% che quindi oggi incide per quasi 6 dollari al kg. Il dazio ora salirebbe a circa 10 dollari al chilogrammo di Grana Padano. Ma gli importatori e i distributori americani mettono in vendita al consumatore il Grana Padano moltiplicando per 2 il prezzo di partenza e tutti i costi logistici che hanno negli Usa. Ciò vuol dire che oggi lo pongono in vendita poco sotto i 40 euro al kg; ma con un ulteriore dazio aggiuntivo del 30% che quindi porterà quello totale al 45%, il prezzo al consumo supererà ampiamente i 50 dollari al chilogrammo”.
È pesantissimo quindi Il quadro che si profila per la filiera del formaggio DOP più consumato nel mondo che ha negli Usa il suo terzo mercato mondiale con oltre 220 mila forme esportate nel 2024.
“Con un tale dazio saranno ovviamente ridotti i nostri consumi negli Stati Uniti – conclude Berni – E questo drammatico errore sarà anche un danno per il consumatore americano che comunque consumerà, anche se di meno, grana padano, tanto che negli anni i consumatori Usa ci hanno premiato con una continua crescita del consumo. Ma contro l’Europa Trump ha compiuto un autentico e pesante atto di guerra, condotto con miope tracotanza e che rischia di sconvolgere anche gli equilibri geopolitici generali. É evidente che gli europei così perdono un paese amico”.
Il Direttore Generale del Consorzio Grana Padano si appella alle istituzioni e alla politica.
Cgia: costo fino 12 mld, Milano-Firenze territori più esposti
I dazi americani costerebbero all’Italia 3,5 miliardi di euro circa di mancate esportazioni. Se, invece, le tariffe doganali dovessero essere innalzate al 20%, il danno economico ammonterebbe fino a 12 miliardi di euro. Sono le stime dell’ufficio studi della Cgia elaborando dati Ocse.
Milano, Firenze, Modena, Bologna e Torino producono un terzo delle merci italiane vendute in Usa. La città metropolitana di Milano è l’area geografica del Paese che esporta di più verso gli Stati Uniti: nel 2024 le vendite hanno toccato i 6,35 miliardi di euro. Seguono Firenze con 6,17, Modena con 3,1, Bologna con 2,6 e Torino con 2,5. Tutte assieme queste cinque realtà territoriali esportano quasi un terzo del totale nazionale delle merci destinate negli Usa.
La Cgia che le aziende italiane che esportano negli Usa presentano una incidenza delle vendite in questo mercato solo del 5,5% del fatturato totale, mentre il margine operativo lordo è mediamente pari al 10% dei ricavi. In altre parole, sono poco esposte verso il mercato statunitense ed una eventuale chiusura di questo mercato inciderebbe relativamente poco. Inoltre, queste realtà produttive hanno mediamente buoni margini per ridurre il prezzo finale dei propri beni da vendere negli States, compensando, almeno in parte, gli aumenti provocati dall’introduzione delle barriere doganali.
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