Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Semiconduttori: la scommessa industriale della Malaysia


A partire dagli anni Settanta la Malaysia ha intrapreso un processo di industrializzazione strategica con l’obiettivo di affermarsi come attore chiave nella catena di produzione dei semiconduttori – componenti essenziali per l’industria elettronica –, utilizzati in dispositivi di uso quotidiano come smartphone e automobili, ma anche in tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale (IA).

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Oggi il Paese del Sud-est asiatico si presenta come il sesto esportatore mondiale di microchip e detiene circa il 13% del mercato globale nelle attività di assemblaggio, collaudo e confezionamento dei semiconduttori – note come assembly, testing & packaging (ATP). Nonostante questi risultati rilevanti per il settore dei semiconduttori malesiani, il Paese mira a uno sviluppo ancora più ambizioso. Di fatto, il governo – attualmente guidato dal primo ministro Anwar Ibrahim – ha espresso l’intenzione di andare oltre il rafforzamento della capacità produttiva nelle fasi finali della filiera, puntando a conquistare competenze strategiche nelle fasi a monte, come la progettazione di circuiti integrati e la ricerca e sviluppo (R&D).

Tuttavia, il raggiungimento di questi obiettivi è ostacolato sia da criticità strutturali interne, come la carenza di manodopera altamente qualificata e l’insufficienza di infrastrutture che facilitino l’innovazione, sia da un contesto internazionale caratterizzato da instabilità, segnato dalla rivalità tra Cina e Stati Uniti e dalle incertezze legate al ritorno alla presidenza statunitense di Donald Trump. In particolare, le recenti politiche commerciali della nuova amministrazione MAGA rischiano di impattare negativamente sulle esportazioni malesiane e compromettere la tenuta delle catene globali del valore.

Il posizionamento del Paese

Come già evidenziato, la Malaysia è un attore rilevante nell’ecosistema globale dei semiconduttori. Tuttavia, la sua posizione nella catena del valore resta concentrata prevalentemente nelle fasi finali del ciclo produttivo, ovvero l’ATP. Al contrario, la presenza industriale del Paese rimane marginale nelle fasi a monte della produzione, come la progettazione dei circuiti integrati e R&D, dominate da altri attori leader nel settore quali Taiwan, Corea del Sud e Stati Uniti.

Nonostante numerose multinazionali, come la statunitense Intel e la tedesca Infineon, operino nel Paese – soprattutto a Penang, soprannominata la “Silicon Valley” malesiana –, le loro attività si limitano prevalentemente all’ATP, non contribuendo quindi alle ambizioni di Kuala Lumpur di scalare la catena del valore. Un esempio emblematico è rappresentato da Intel, che nel 2021 ha annunciato investimenti in Malaysia per un valore di 7 miliardi di dollari destinati all’espansione delle sue capacità di packaging avanzato a Penang e Kulim. Investimenti come questo aprono senz’altro la strada a una maggiore specializzazione della Malaysia in tecnologie ATP di nuova generazione – più complesse e richieste soprattutto in ambito IA –, ma non implicano un rafforzamento significativo delle competenze locali nelle fasi di progettazione o innovazione. Dunque, la forza attuale dell’industria locale si fonda ancora in larga misura su capitali esteri e su attività che, pur contribuendo all’economia nazionale, non producono un significativo avanzamento tecnologico interno.

Lo stato attuale della base industriale risulta quindi problematica per il Paese sotto vari aspetti. In primo luogo, le fasi di ATP, pur importanti, generano un valore aggiunto inferiore rispetto alle fasi più avanzate, rendendole meno redditizie sul lungo periodo. Inoltre, anche queste fasi sono soggette a rapidi cambiamenti dovuti all’aumento della complessità tecnica, in particolare per applicazioni emergenti come l’IA. Per mantenere questo vantaggio competitivo è necessario investire nel suo ammodernamento. In assenza di una capacità interna nella progettazione di circuiti integrati, nell’advanced packaging e nella produzione di componenti altamente sofisticati, la Malaysia rischia di restare ai margini del settore. 

La tua casa dei sogni ti aspetta

partecipa alle aste immobiliari!

 

Potrebbe però rappresentare una novità significativa l’accordo siglato nel marzo 2025 con la britannica ARM: per 250 milioni di dollari la Malaysia otterrà accesso a progetti per microchip avanzati, accompagnato dal trasferimento di competenze tecnologiche e da un piano di formazione per 10.000 ingegneri nei prossimi cinque anni. Questo accordo segna uno dei pochi tentativi strutturati di andare oltre la funzione esecutiva della produzione per avviare una filiera domestica in grado di partecipare anche alle fasi di progettazione.

Politiche industriali e strategie di sviluppo

Consapevole delle sfide del settore, il governo ha adottato una serie di misure per ampliare le competenze nazionali, tentando al contempo di rafforzare il segmento ATP e di costruire una presenza maggiore nelle fasi upstream.

A settembre 2023 è stato annunciato il New Industrial Master Plan 2030 (NIMP2030), una strategia ambiziosa per potenziare il settore manifatturiero, con l’obiettivo di aumentarne il contributo al PIL nazionale del 6,5% annuo entro il 2030 – il che si tradurrebbe in un’aggiunta stimata di circa 587,5 miliardi di ringgit (130 miliardi di dollari) all’economia. Per raggiungere questo obiettivo sono stati destinati 8,2 miliardi di ringgit (1,69 miliardi di dollari) nel periodo 2024-2030 e già nel budget previsto per il 2024 era stato dedicato uno stanziamento di 200 milioni di ringgit (41 milioni di dollari). Il piano punta a sviluppare settori ad alto valore aggiunto, come quello dell’elettronica e dell’elettrotecnica, in particolare le attività di progettazione di circuiti integrati e fabbricazione di wafer. 

A completare questo sforzo per rilanciare lo sviluppo del settore, nella primavera 2024, il governo ha annunciato la National Semiconductor Strategy (NSS), una roadmap decennale articolata in tre fasi, volta a rafforzare l’intera filiera dei semiconduttori attraverso iniziative quali la creazione di un Advanced Packaging Program and Technology Centre e di un Wafer Fabrication Park, incentivi fiscali e sostegno alla crescita per una decina di imprese locali nel design e packaging. In questo contesto è stato annunciato un pacchetto di incentivi del valore di 25 milioni di ringgit (5,16 milioni di dollari), incluso un fondo da oltre un milione di ringgit (oltre i 200mila di dollari) dedicato alla formazione della forza lavoro.

Aspetto cardine della strategia riguarda proprio la forza lavoro: attraverso programmi come il Penang STEM Talent Blueprint, uno dei maggiori target della NSS è formare 60.000 ingegneri nel settore dei semiconduttori entro il 2030 con l’obiettivo di colmare una delle principali lacune strutturali del Paese. La carenza di manodopera qualificata è infatti una delle preoccupazioni più pressanti per il governo malese e per gli operatori del settore, tanto da essere indicata come uno dei fattori che rischiano di frenare l’efficacia stessa dei piani industriali. Poiché l’ecosistema malese dei semiconduttori non copre ancora l’intera filiera produttiva, spesso non è in grado di offrire opportunità professionali sufficientemente attrattive per gli ingegneri locali, favorendo così un fenomeno di fuga di talenti verso Paesi con migliori prospettive salariali e di carriera. In aggiunta, il sistema educativo e la formazione tecnico-professionale non tengono ancora il passo con l’evoluzione tecnologica del settore, rendendo obsoleti molti programmi universitari. Il governo ha riconosciuto la gravità del problema e sta promuovendo partnership tra università, imprese e centri di ricerca nella speranza di aggiornare i curricula e rafforzare le connessioni tra istruzione e mondo del lavoro.

La competizione internazionale

Anche nell’ipotesi in cui la Malaysia riuscisse a superare le numerose criticità attuali – dalla carenza di capitale umano qualificato all’inadeguatezza delle sue infrastrutture, fino alla limitata capacità di innovazione – e a sviluppare una propria capacità produttiva integrata nel settore dei semiconduttori, l’ingresso effettivo in un mercato globale altamente competitivo rimarrebbe una sfida estremamente complessa

L’industria dei microchip è infatti dominata da grandi attori globali, come TSMC, Samsung e Intel, che hanno consolidato nel corso di decenni un vantaggio competitivo difficilmente colmabile, fondato su investimenti continuativi in R&D, filiere industriali altamente integrate e reti di distribuzione capillari. In questo scenario la creazione di un ecosistema domestico malese in grado di competere direttamente con tali imprese incontrerebbe ostacoli rilevanti. Tra questi, l’accesso limitato a forniture critiche e alle licenze tecnologiche necessarie per operare nelle fasi più avanzate della produzione. 

Un ulteriore elemento di complessità per la scalata della catena del valore da parte della Malaysia è la competizione crescente con altri Paesi asiatici, che stanno a loro volta potenziando i settori nazionali dei semiconduttori. Paesi come India, Vietnam, Giappone e Cina hanno negli anni mobilitato risorse pubbliche e private su una scala più ampia rispetto a quella attualmente messa in campo da Kuala Lumpur. In questo contesto, se la Malaysia intende davvero affermarsi come hub competitivo e strategico per la filiera, non potrà limitarsi a colmare le lacune esistenti, ma dovrà adottare una strategia sostenuta da investimenti pubblici e privati significativamente maggiori e da un rafforzamento delle collaborazioni internazionali.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Infine, a complicare ulteriormente il quadro contribuisce l’instabilità geopolitica internazionale. Inizialmente, come molti altri Paesi del Sud-est asiatico, la Malaysia era stata considerata tra i principali beneficiari della crescente rivalità tra Cina e Stati Uniti. Le tensioni tra le due superpotenze hanno infatti dato impulso al fenomeno del friend-shoring, ovvero lo spostamento delle catene produttive verso Paesi politicamente neutrali o alleati per mitigare i rischi geopolitici legati alla rivalità sino-statunitense. In questo contesto la Malaysia ha saputo valorizzare la propria relativa stabilità interna e i buoni rapporti con entrambe le superpotenze mondiali, guadagnandosi la fiducia di investitori internazionali.

L’incognita Trump

La posizione di vantaggio del Paese è oggi messa in discussione dal ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. A inizio aprile 2025, in occasione del “Liberation Day”, la nuova amministrazione ha annunciato un dazio generalizzato del 10% su numerose importazioni di beni, oltre a più alti dazi “reciproci” verso i Paesi con cui gli Stati Uniti registrano un disavanzo commerciale. Poiché molte economie emergenti del Sud-est asiatico – inclusa la Malaysia – sono fortemente orientate all’export, le misure protezionistiche annunciate da Washington hanno un impatto particolarmente penalizzante. Alla Malaysia è stato inizialmente imposto un dazio del 24% su un’ampia gamma di esportazioni, anche se il settore dei microchip è stato momentaneamente esentato. Questa esenzione potrebbe però rivelarsi temporanea: Trump, infatti, sta da tempo dichiarando la sua intenzione di introdurre un’imposta generalizzata sui semiconduttori e ha aperto un’indagine in tal senso motivata da considerazioni legate alla sicurezza nazionale. Tuttavia, nei giorni successivi al “Liberation Day”, a seguito delle reazioni negative dei mercati e delle pressioni esercitate da alcune multinazionali statunitensi, l’entrata in vigore del nuovo regime tariffario è stata sospesa per 90 giorni ad eccezione dell’aliquota di base del 10%. Il provvedimento dovrebbe quindi diventare operativo dal 1° agosto (nuova scadenza annunciata questa settimana) a meno che i Paesi direttamente interessati non stipulino accordi bilaterali con la Casa Bianca, come è successo nel caso del Vietnam. E la Malaysia potrebbe ora subire un’aliquota del 25% anziché del 24%.

Le aziende statunitensi iniziarono a insediarsi nello Stato malese di Penang decenni fa, dando vita a una collaborazione industriale che ha generato decine di migliaia di posti di lavoro e reso la Malaysia un nodo essenziale nell’ecosistema della manifattura tecnologica. Il 60% delle esportazioni totali malesi verso gli Stati Uniti è costituito proprio da prodotti elettrici ed elettronici (E&E), evidenziando la forte dipendenza del commercio bilaterale da questo comparto strategico. Di fatti, secondo dati Reuters, oggi il Paese è uno dei principali fornitori di semiconduttori per gli Stati Uniti, esportando componenti per un valore di oltre 16 miliardi di dollari solo nell’ultimo anno – pari a circa il 20% del totale delle importazioni statunitensi di microchip. Inoltre, circa il 65% delle esportazioni malesi di prodotti elettrici ed elettronici è generato da aziende statunitensi con sede produttiva in Malaysia, come Intel e Oracle. Questi gruppi hanno già avviato consultazioni con il primo ministro Anwar Ibrahim per valutare strategie da adottare in risposta ai piani tariffari dell’amministrazione Trump. 

Garantire l’accesso al mercato statunitense è quindi essenziale per la tenuta e la crescita dell’industria malesiana. Il primo ministro Anwar Ibrahim ha già avviato un dialogo con Washington per trovare un’intesa, la quale, come da prassi, potrebbe prevedere concessioni strategiche o commerciali in cambio della riduzione dei dazi. Tuttavia, i dettagli di questo negoziato non sono noti. Nel tentativo di rafforzare la propria posizione, Anwar – durante il vertice annuale dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN), di cui la Malaysia detiene attualmente la presidenza – ha proposto un incontro congiunto tra l’intero blocco ASEAN e il presidente Trump per discutere le misure tariffarie. 

La Malaysia si trova quindi oggi di fronte a una sfida decisiva: consolidare il proprio ruolo nell’industria globale dei semiconduttori, passando da un’economia centrata sulle fasi a basso valore aggiunto a un sistema produttivo integrato. Le ambiziose strategie delineate dal governo, come la NIMP 2030 e la National Semiconductor Strategy, rappresentano passi importanti in questa direzione. Tuttavia, la loro efficacia dipenderà dalla capacità del Paese di attrarre investimenti strategici insieme a quelle di formare e trattenere una forza lavoro altamente qualificata. Al tempo stesso, la Malaysia dovrà sapersi muovere con prudenza in un contesto geopolitico complesso e sempre più instabile, dove la competizione tra le grandi potenze e il ritorno a politiche protezionistiche rischiano di compromettere l’accesso ai mercati chiave. Il futuro dell’industria malese dei semiconduttori dipenderà quindi non solo da scelte economiche e industriali interne, ma anche dalla capacità del suo governo di mantenere relazioni diplomatiche equilibrate e di posizionarsi come un partner strategico credibile e affidabile.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese