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Bangladesh: nuova linfa per gli investimenti cinesi


L’Asia meridionale è una regione ad altissimo interesse strategico per i progetti di connettività cinese: oltre alla rilevanza del China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), iniziativa di punta delle Belt and Road Initiative (BRI), la strategia di Pechino prevede sin dall’origine numerose iniziative legate agli altri Paesi della regione. In questo panorama il Bangladesh si distingue per alcune ragioni fondamentali: la posizione strategica, che lo colloca al centro del Bangladesh-China-India-Myanmar (BCIM) Economic Corridor – nonostante il continuo stallo del progetto a causa della rivalità tra New Delhi e Pechino; la necessità di investimenti in infrastrutture energetiche e di connettività per contribuire al rilancio della vacillante economia nazionale; e la situazione politica di storico bilanciamento tra le due potenze continentali in competizione, l’India e la Cina.

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Il Paese è il secondo destinatario di prestiti cinesi nell’ambito della BRI, con 31 progetti energetici e 21 costruzioni di ponti finanziati nel 2024, oltre a diverse autostrade e ferrovie. Tra i principali progetti già completati ricordiamo il ponte sul fiume Padmarealizzato da China Railway Major Bridge Engineering Group per un valore di 3,6 miliardi di dollari e inaugurato nel 2022. Considerata la costruzione più complessa nella storia del Bangladesh, la struttura include un’autostrada in superficie e una linea ferroviaria sotterranea per una lunghezza di sei chilometri, collegando il sud-ovest al nord-est del Paese.

I progetti in corso e il rilancio della cooperazione Cina-Bangladesh

Al termine di un incontro il 28 marzo tra il presidente della Repubblica popolare cinese (RPC) Xi Jinping e il Chief Adviser del governo ad interim del Bangladesh Muhammad Yunus, l’ideatore del microcredito e premio Nobel per la pace nel 2006, ha avuto inizio un nuovo slancio di cooperazione economica e d’investimento tra le due parti. Ciò ha rimesso in moto progetti che avevano subito rallentamenti e ha dato nuova linfa a iniziative che necessitavano maggiori sforzi economici. I progetti di cooperazione rilanciati nella dichiarazione congiuntafirmata dai due leader riguardano principalmente aree di investimento e sviluppo per la creazione di nuovi siti industriali, infrastrutture di connettività quali strade, autostrade, ferrovie e porti, così come infrastrutture energetiche.

La Chinese Economic and Industrial Zone (CEIZ) è un’area di circa 3 chilometri quadrati situati nel sottodistretto Anwara di Chattogram che ospiterà un grande hub industriale nato da massicci investimenti cinesi. Dopo la firma di un accordo tra il governo cinese e quello di Dacca nel 2016, siglato dopo una visita di Xi Jinping in Bangladesh, i lavori per la costruzione del sito hanno subito diversi ritardi, per poi ottenere nuova linfa vitale solo a seguito dell’incontro tra Xi e Yunus. Ora si parla di un investimento di oltre un miliardo di dollari e della partecipazione di quasi 200 compagnie cinesi per portare avanti il progetto, scenario che darebbe impiego a circa 200mila lavoratori e vedrà lo sviluppo di produzioni industriali dedicate in modo particolare ai settori tessile, energetico e dell’abbigliamento. Il progetto verrà portato avanti congiuntamente da Bangladesh Economic Zones Authority (BEZA) e da China Road and Bridge Corporation (CRBC) – sussidiaria di China Communications Construction Company (CCCC), che ha soppiantato China Harbour Engineering Company Limited come appaltatrice. L’impresa cinese CCCC aveva già realizzato nel Paese i lavori di rinforzo del ponte di Bangabandhu, il più lungo dell’Asia meridionale, e costruito il Bangabandhu Sheikh Mujibur Rahman Tunnel (noto come Karnaphuli Tunnel), il collegamento stradale subacqueo di 3,4 chilometri inaugurato nel 2022 che corre sotto il fiume Karnaphuli.

Anni di costruzione di dighe e sbarramenti lungo il tratto indiano del corso del fiume Tista – che nasce nello Stato del Sikkim in India – da parte di New Delhi hanno ridotto sensibilmente il flusso d’acqua che raggiunge il Bangladesh. Inoltre, nel 2011 è saltata la firma di un accordo per la condivisione delle acque tra i due Paesi per via dell’opposizione dello Stato indiano del Bengala occidentale. Lo sfruttamento delle acque di questo fiume è fondamentale per il Bangladesh: si tratta infatti della principale fonte d’irrigazione del nord del Paese, area che contribuisce a circa il 35% della produzione di riso e al 40% del surplus di beni alimentari dell’intero Paese, anche se il Food Policy Research Institute stima che la recente siccità abbia portato a una perdita di 1,5 milioni di tonnellate all’anno. 

Dacca si è quindi fissata un nuovo obiettivo: la realizzazione del “Teesta River Comprehensive Management and Restoration  Project” (TRCMRP), che mira a dragare il fiume per ripristinarne la portata all’interno dei propri confini, costruire nuovi e migliorati argini su una lunghezza di quasi 100 chilometri per la riduzione dei rischi di inondazione e disastri e implementare strutture per l’irrigazione e sistemi di stoccaggio dell’acqua per i periodi di secca. Per quanto riguarda l’impatto ambientale, le preoccupazioni principali ruotano intorno al livello di alterazione dello stato naturale del fiume, dunque all’impatto con il suo ecosistema. Si teme anche il rischio di mancata trasparenza e possibile corruzione legata all’Ente per lo sviluppo delle acque del Bangladesh, che avrebbe il compito di supervisionare la gestione del progetto e il suo corretto funzionamento una volta realizzata la struttura. 

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Nell’ottica di aumentare i progetti infrastrutturali di connettività con l’Asia meridionale e avanzare con la BRI, la Cina si è presto mostrata interessata a finanziare il progetto TRCMRP. Pechino ha sottoposto una proposta del valore di circa un miliardo di dollari in progetti legati al settore idrico già nel 2016, anche se, con l’iniziativa in stallo, si è rifatta avanti l’India nel 2024, manifestando la volontà di partecipare al finanziamento del piano. Il governo di Sheikh Hasina, che propendeva a favorire le relazioni con New Delhi soprattutto negli ultimi anni in cui è stata in carica (fino al 2024, quando il governo è caduto a seguito di lunghe e partecipate proteste popolari), aveva dunque deciso di accordare infine il progetto all’India, ma l’accordo di marzo scorso tra Xi e Yunus ha dato il via libera alla partecipazione di compagnie cinesi all’iniziativa, ribaltando la decisione di Hasina.

La questione legata al fiume Tista si inscrive in un contesto più ampio di bacini d’acqua condivisi da diversi Stati asiatici e attorno ai quali si innescano contenziosi per la costruzione di dighe che modificano il flusso d’acqua per gli altri Paesi vicini, i quali ne risentono. A fine 2024, infatti, New Delhi e Dacca hanno visto la Cina approvare l’inizio della costruzione di una nuova mega-diga sul corso del fiume Yarlung-Zangbo in Tibet: il corso d’acqua corre vicino al confine con lo Stato indiano dell’Arunachal Pradesh, per poi entrare dal confine orientale con la Cina e confluire nel fiume Brahmaputra, uno dei maggiori bacini fluviali della regione, che entra poi in Bangladesh con il nome di Jamuna e si getta nel Golfo del Bengala. Tra i memorandum firmati da Xi e Yunus, uno ha riguardato proprio lo scambio di informazioni riguardo la costruzione della diga sullo Yarlung-Zangbo per aggiornare il governo di Dacca sull’impatto idrologico del progetto.

Un altro hub fondamentale della presenza economica cinese nel Paese è legato alla modernizzazione del porto della città di Mongla, snodo fondamentale per il commercio nel settore tessile, forza economica preponderante in Bangladesh che costituisce oltre l’80% dell’export. L’idea era già inserita in una lista di 27 progetti siglata da Xi Jinping e Sheikh Hasina durante una visita del presidente cinese a Dacca nel 2016. Anche in questo caso il governo Hasina aveva poi alimentato la concorrenza Cina-India per gli investimenti sul suo territorio, accettando nel 2020 una proposta di finanziamento di New Delhi simile a quella avanzata da Pechino. Dopo alcuni anni di tentativi di accordi per rientrare a far parte dell’iniziativa, la RPC è tornata però al centro dei giochi dopo una visita di quattro giorni in Cina a gennaio 2025 da parte del consigliere per la Politica estera Touhid Houssain, il quale ha incontrato il ministro degli Esteri Wang Yi. Pechino si è detta pronta a fornire un prestito government-to-government del valore di quasi 300 milioni di dollari (35 miliardi di taka bangladesi) per la realizzazione dei lavori da parte della Mongla Port Authority entro dicembre 2028: il progetto mira a modernizzare la struttura, creare nuovi posti di lavoro e garantire un’accelerazione e miglior funzionamento delle procedure di carico e scarico dei container in transito nel porto.

Per quanto riguarda invece l’infrastruttura energetica, i due Paesi hanno rilanciato i lavori per la realizzazione della seconda fase della centrale termoelettrica a carbone di Payra, situata nel sottodistretto di Patuakhali, nel sud-ovest del Paese. Le due unità che compongono la prima fase della centrale sono state costruite a partire da gennaio 2020 e sono diventate operative, seppur a regime ridotto, dall’inizio del 2021, fino a raggiungere poi una capacità totale di 660 megawatt per ciascuna unità. Questo livello dovrebbe essere raggiunto anche dai nuovi impianti che fanno parte di questa nuova parte del progetto, i cui lavori dovrebbero prendere il via tra il 2025 e il 2026.

Conclusioni

Il rilancio della cooperazione economica e degli investimenti infrastrutturali cinesi in Bangladesh è la conferma di un duraturo interesse per Pechino. Così la Cina punta a servire molteplici scopi – al di là della possibilità di ampliare il portafoglio d’investimenti – dall’impiego del carbone per le centrali alla dimensione sicuritaria dei porti, alla delocalizzazione di centri di produzione delle industrie cinesi che cercano manodopera a costi più bassi e mirano a evitare i rischi dei burrascosi rapporti commerciali tra la RPC e gli USA. La disponibilità d’investimento cinese corre dunque parallelo alla necessità d’infrastrutture bangladese e fortifica le prospettive anche per il commercio bilateralePechino è infatti il primo partner commerciale di Dacca da 15 anni consecutivi, oltre che la principale fonte d’importazioni e il primo investitore nel Paese, il tutto consolidato dal rilancio della cooperazione a marzo e nell’incontro della Bangladesh-China Joint Economic and Trade Commission di inizio giugno.

Allo stesso tempo, rimane evidente la dimensione di competizione con l’India. Accordi come il finanziamento dei lavori sul fiume Tista, che è vicino al confine India-Bangladesh, o sul monitoraggio dell’impatto idrico della diga sullo Yarlung-Zangbo preoccupano New Delhi, che rischia di perdere la salda influenza che ha avuto sul Paese negli ultimi anni del governo Hasina. Nel tentativo di colmare l’assenza di engagement diplomatico con Dacca durata per i primi otto mesi dopo la fuga della ex premier, il primo ministro indiano Narendra Modi ha incontrato Yunus a margine del summit BIMSTEC (Bay of Bengal Initiative for Multi-Sectoral Technical and Economic Cooperation) in Thailandia. L’appuntamento ha confermato l’intenzione indiana di instaurare un rapporto “positivo e costruttivo basato sul pragmatismo”, in quanto avvenuto pochi giorni dopo la dichiarazione congiunta Xi-Yunus.



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