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La galassia italiana della space economy


Un popolo di santi, poeti e navigatori. Navigatori sì, ma proiettati anche verso lo spazio, magari non fisicamente (al netto dei celebri astronauti italiani), ma sicuramente a livello tecnologico e di know-how tecnico. Il nostro paese è da anni uno dei rappresentanti più importanti dell’industria aerospaziale a livello internazionale in diversi settori: dalla ricerca scientifica fino alla realizzazione di strumentazioni fondamentali per la riuscita di missioni al di fuori dell’atmosfera terrestre. In un periodo caratterizzato da una nuova fiammata di interesse (economico e scientifico) nei confronti dell’esplorazione spaziale, l’Italia si pone come una delle protagoniste di un settore fortemente in ascesa: quello della space economy. 

Il quadro normativo

L’Italia si è recentemente dotata di una legge quadro sulle attività spaziali e sulla space economy, dando vita a un corpus normativo che, nelle intenzioni e nei proclami del legislatore, dovrebbe essere tra i più all’avanguardia in Europa. La legge 89/2025 è entrata in vigore lo scorso 25 giugno 2025 e regolamenta “l’accesso   allo   spazio extra-atmosferico da parte degli operatori, quale crocevia strategico di interessi geopolitici, economici, scientifici e militari – si legge nel testo, all’articolo 1 – Promuove altresì gli investimenti nella nuova economia dello spazio al fine di accrescere la competitività nazionale e di favorire la ricerca scientifica, lo sviluppo di competenze nel settore spaziale e la valorizzazione delle nuove tecnologie correlabili all’osservazione della Terra nell’ambito delle attività di previsione e prevenzione dei rischi connessi con i fenomeni naturali e di origine antropica”. 


Leggi anche: : Space economy, i piani di Italia e Unione Europea


Con questa legge, senza entrare nelle polemiche generate dall’articolo 25 e dall’ombra del magnate di Starlink, Elon Musk, l’Italia si allinea alle indicazioni dell’Unione Europea e raggiunge Francia (Loi relative aux opérations spatiales, 2008) e Germania (Outer Space Act, 1998), superando di poco la Spagna che deve ancora approvare la sua legge sulle attività spaziali. 

Quanto vale la space economy in Italia

Quasi tre miliardi di euro, milione in più o in meno, Per la precisione, 2,8 miliardi, almeno stando alle parole, nel 2024, di Massimo Comparini, direttore della divisione spaziale dell’azienda Leonardo. Il dato è rimasto sostanzialmente invariato rispetto a quanto rilevato dalle Università Bocconi, Sapienza e Fondazione Leonardo nel report del 2023 Space economy, Space Industry, Space Law che indicava la cifra a 2,9 miliardi, pari a circa lo 0,16% del prodotto interno lordo italiano. 

I punti di forza dell’ecosistema

Il principale è proprio il fatto di avere un ecosistema ben distribuito tra quello che è il comparto industriale vero e proprio e i due settori che trainano l’innovazione tecnologica in Italia, cioè le università e i centri di ricerca che hanno un ruolo fondamentale non solo come serbatoio ma anche come propulsore della ricerca per la realizzazione di progetti in collaborazione con i soggetti privati. A questo, si deve aggiungere una continuità negli investimenti pubblici nazionali e una capacità di partecipazione ai maggiori programmi spaziali dell’Agenzia spaziale europea (ESA) e a quelli di altre agenzie spaziali straniere.Tra le debolezze del sistema, il rapporto del 2023 indicava proprio la mancanza di una normativa nazionale di riferimento. Questo fattore dovrebbe essere stato ripianato proprio con l’adozione della legge spazio di cui si è già accennato. Tra gli altri punti sfavorevoli, si fa riferimento allo scarso sostegno alla nascita di nuove start-up e alla diversificazione troppo ampia del segmento delle piccole e medie imprese italiane. Quest’ultimo aspetto è dirimente, perché se è vero che la space economy italiana è molto solida, è altrettanto vero che non tutte le aziende che operano nel settore sono esattamente orientate solamente alle politiche spaziali, ma hanno altri interessi con il rischio di generare uno “spezzatino” che non aiuta il comparto nel suo insieme.

I cluster territoriali

L’Italia è suddivisa in diversi settori/distretti, detti cluster e sono in tutto undici. 

Il principale è il CTNA (Cluster Tecnologico nazionale Aerospazio), nato nel 2012 dall’aggregazione dei principali distretti tecnologici regionali e dei principali attori nel campo della ricerca e dell’industria aerospaziale, ha il compito di definire i piani e le azioni da intraprendere per il miglioramento del settore in accordo con le indicazioni nazionali ed europee. Operano, poi, il dominio ICT aerospazio Abruzzo (formato da aziende, enti di ricerca e l’Università di L’Aquila), il distretto tecnologico aerospaziale della Campania, il DTA(Lazio Aerospace Technology district), il SIIT (ligurian technology district intelligent integrated systems technologies), il DAP (distretto aerospaziale Piemonte), il DTA (distretto tecnologico aerospaziale per la Puglia), il DAAS per la Sardegna, il Gate 4.0 per la Toscana e l’Umbria Aerospace Cluster.

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Tutti questi enti, nella pratica, operano come grandi incubatori dei principali attori in campo, suddivisi per aree regionali o territoriali con all’interno i soggetti privati e quelli pubblici.

Le imprese italiane nella space economy

Solo nel 2023, l’Italia ha intanto sostenuto il settore con un investimento poco inferiore ai 150 miliardi di euro (posizionandosi al terzo posto in Europa). In Europa, nell’ultimo decennio, sono state 800 le imprese nate all’interno del “sistema spazio” per un totale di 63.000 posti di lavoro generati. 

Il nostro Paese, come anticipato, occupa una posizione di tutto rilievo. Secondo un rapporto della SACE, il gruppo assicurativo-finanziario co-partecipato dal ministero dell’Economia e della Finanza, sono oltre 400 le imprese in qualche modo coinvolte, a vario titolo, nell’economia spaziale italiana.

Di queste, sono circa 250 quelle specializzate propriamente solo in attività spaziali. Si tratta delle cosiddette aziende core. In questo “spezzatino” il 66% è composto da piccole e medie imprese (PMI) e la restante percentuale da start-up. Secondo il rapporto della SACE, il potenziale di crescita del settore è ancora molto elevato: le stime indicano che per “ogni impiego occupato ne vengono generati altri quattro”. 

Una filiera variegata

Punto di forza e, allo stesso tempo di debolezza, è la varietà: la filiera non è unica, ma sfaccettata da una molteplicità di realtà interconnesse che rappresentano le diverse fasi della catena di valore: “dall’upstream,midstream e downstream legati all’attività core. fino a tutti quei prodotti e servizi che dallo spazio supportano le attività terrestri: sistemi di bordo avionici, di propulsione, idraulici, di atterraggio, di controllo ambientale, di avviamento e sorgenti di energia, componenti accessori e motori, fusoliere e strutture varie, prodotti elettrici ed elettronici, meccanica strumentale ad alto valore tecnologico”.

In questa filiera, ci sono – ovviamente – attori con un peso specifico di non poco conto, accompagnati da aziende più piccole, ma consolidate e start-up emergenti.

Thales Alenia Space

È l’impresa più importante e più grande nel settore aerospaziale italiano. Si tratta di una joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%). Da oltre 40 anni è fornitrice di soluzioni ad alta tecnologia per telecomunicazioni, navigazione, osservazioni della Terra e infrastrutture orbitali. Ha partecipato a numerose missioni dell’ESA e sua è la realizzazione di oltre il 50% del volume pressurizzato della ISS, la stazione spaziale internazionale. Attualmente, ha compiti attivi per la costruzione di moduli per la futura stazione commerciale privata di Axiom e per l’esplorazione lnare all’interno del programma Artemis della NASA.

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Telespazio

Fondata nel 1961, è a sua volta una controllata di Leonardo (67%) e Thales (33%). È considerata uno dei principali operatori al mondo nel campo delle soluzioni e dei servizi satellitari. Fa parte, con Thales Alenia Space, della Space Alliance, l’alleanza strategica tra Leonardo e Thales per i servizi in ambito spaziale. 

Avio

È una SPA con una partecipazione del 29% di Leonardo. Ha avuto un ruolo di primissimo piano nello sviluppo e nella produzione della famiglia dei lanciatori Vega (Vettore Europeo di Generazione avanzata), utilizzato da Ariane Space e realizzato in collaborazione tra l’ASI (l’Agenzia spaziale italiana) e l’ESA. Fornisce anche diversi componenti e motori per i moderni vettori Ariane, i principali lanciatori europei. 

Leonardo

È una società per azioni che vede come suo maggiore azionista il governo per il tramite del ministero dell’Economia e della Finanza. I più la ricorderanno con il suo nome precedente: Finmeccanica. Si occupa, oltre che di spazio, di difesa, realizzazione di elicotteri a uso civile e militare, di velivoli militari, di elettronica e di cybersicurezza. 

SItael

Appartiene al gruppo privato Angel ed è una società con una specializzazione nella produzione di mini e micro satelliti, nonché su specifiche tecnologie come la propulsione elettrica e i sistemi avionici.

Planetek

Fornisce soluzioni di geo-informazione basate su dati spaziali. Fornisce i suoi servizi all’ESA e a diverse istituzioni italiane.

Le start-up e le scale-up

A fianco a queste imprese principali, ci sono altre numerose aziende, impossibili da sviscerare nella loro totalità. Tra le start-up e le scale-up emergenti, è possibile segnalare Apogeo Space, un’azienda nata nel 2015 a Brescia che ha nella sua specializzazione la miniaturizzazione delle tecnologie, in particolare per i satelliti destinati a far funzionare il sempre più indispensabile internet of things. Interessante menzionare anche Space V: fondata nel 2021 con sedi a Genova e Torino, è specializzata in progetti per la realizzazione di habitat e architetture destinate alle future basi sulla Luna. Capofila di Space C è Franco Malerba, il primo astronauta italiano e già manager di Thales Alenia Space. Neptune è uno spin-off del Politecnico di Torino, specializzato nella previsione atmosferica avanzata per applicazioni sia spaziali, sia ambientali. 

Il ruolo fondamentale degli atenei pubblici

Impossibile segnalare in modo esaustivo tutte le università italiane che partecipano, a vario titolo, a programmi spaziali. Va da sé che gli atenei hanno un ruolo importantissimo: formano, innanzitutto, i futuri laureati nei più svariati campi del sapere che interessano lo spazio; partecipano a numerose missioni dando direttamente il loro know-how tecnico-scientifico o in collaborazione con molte delle aziende che sono state citate precedentemente. Senza le università non ci sarebbe, è il caso di dirlo, tutto l’ecosistema descritto in questo articolo. 

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