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La conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, mentre Putin continua a bombardare


Droni e missili russi continuano a colpire l’Ucraina. Ma a Roma si discute già della ricostruzione del Paese, con una «chiamata alle armi» delle imprese. Il 10 e 11 luglio la Nuvola dell’Eur ospita la “Ukraine Recovery Conference 2025”. La premier Giorgia Meloni apre i lavori e ci sarà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo gli incontri preparatori tenutisi durante l’anno tra aziende italiane e ucraine.

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L’obiettivo del summit è quello di attrarre verso Kyiv investimenti privati e aprire contemporaneamente nuove opportunità di business per le aziende. La Banca mondiale stima un investimento decennale per la ricostruzione pari a 524 miliardi di dollari. Si parla di un possibile fondo da cento miliardi di euro in arrivo dall’Europa. Ma i soldi pubblici non bastano, serve l’apporto del privato.

La task force guidata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani ha lavorato per mesi alla preparazione dell’evento che prevede oltre quattromila partecipanti, circa cento delegazioni ufficiali, quaranta organizzazioni internazionali, centinaia di esponenti delle autonomie locali e della società civile. Presenti quindici capi di Stato e di governo, compresi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. Delle duemila aziende che partecipano, cinquecento sono italiane, altrettante ucraine, mentre le altre arrivano dal tutto il mondo.

La sfida è portare gli imprenditori a investire in Ucraina anche prima della fine della guerra. Solo così l’economia del Paese potrà essere tenuta in piedi. «I media internazionali si concentrano spesso sulla dimensione militare, ma la realtà sul campo è ben più sfumata. Sì, le sfide persistono e i rischi restano elevati, ma anche la redditività è significativa», spiega Bogdan Yarmolenko, country managing partner di Ernest & Young Ucraina, che ha organizzato un evento preparatorio a Roma alla vigilia della conferenza con rappresentanti del mondo imprenditoriale ucraino. «Anche nelle attuali condizioni, i rendimenti in Ucraina possono già superare i rischi. La mia raccomandazione è quindi di sfruttare il vantaggio di arrivare prima della fine della guerra, identificando e valutando le opportunità prima che la concorrenza aumenti. Non si tratta necessariamente di impiegare subito capitali consistenti o esporsi finanziariamente in modo rilevante, ma di essere presenti sul territorio, prepararsi strategicamente e creare le giuste partnership. Quando arriverà il cessate il fuoco, si attiverà una forte dinamica, e con essa anche la concorrenza».

Dopo lo shock dell’invasione russa del 2022, il Pil ucraino è crollato di oltre il 28 per cento e circa un terzo delle imprese è sparito. Tre anni dopo, l’industria della difesa sta sorpassando i settori dell’acciaio e dall’energia. Mentre l’economia ha avuto un rimbalzo di circa il 5 per cento nel 2023 e tra il 3 e il 4 per cento nel 2024. Per il 2025 la crescita attesa è del 4 per cento nel 2025, salendo poi intorno al 6-7 per cento se e quando la guerra finirà, grazie all’arrivo di investimenti e progetti di ricostruzione (secondo i calcoli della Kyjiv School of Economics).

«Non è necessario aspettare la fine della guerra», ripete anche Anna Derevyanko, executive director della European Business Association e ceo della Global Business for Ukraine. «È importante sfruttare già ora questo momento per prepararsi al periodo post-bellico: acquistare terreni, comprendere il funzionamento del mercato, incontrare partner e stakeholder, e gettare le basi per le attività future in Ucraina. Se si aspetta il cessate il fuoco, si rischia di arrivare troppo tardi, perché a quel punto ci sarà già un’enorme corsa al mercato ucraino».

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La Banca mondiale stima che, per continuare a crescere del 6,6 per cento all’anno, l’Ucraina avrebbe bisogno già oggi di oltre 300 miliardi di dollari di investimenti. Ma uno dei problemi principali è la carenza di manodopera. Kyjiv, come molti Paesi occidentali, soffriva del calo di natalità già prima dell’invasione russa. Ma la guerra ha creato stravolgimenti ancora più grandi nella demografia: dal 24 febbraio 2022, tra 800mila e un milione di ucraini sono andati a combattere nell’esercito; sei milioni e mezzo sono emigrati all’estero, altri cinque milioni sono sfollati all’interno del Paese; e le stime non ufficiali parlano di circa 80mila morti in guerra.

L’alta digitalizzazione del Paese e la massiccia presenza di laureati nelle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche sono da sempre asset importanti per l’economia del Paese. «È fondamentale che gli investitori stranieri, che non sono ancora presenti in Ucraina, vengano sul posto per vedere con i propri occhi», dice Anna Derevyanko. «Leggere le notizie o parlare con qualcuno non è la stessa cosa che osservare direttamente quanto sia dinamico l’ambiente imprenditoriale, quanto siano creativi e resilienti gli ucraini, e quale sia la reale situazione nel Paese».

Tra i settori a cui si guarda con più attenzione c’è ovviamente la difesa, seguita dall’edilizia. Molti ponti, abitazioni e strade distrutte dalle bombe russe sono già stati ricostruiti e molti altri ancora dovranno essere rimessi in piedi. Diverse aziende ucraine collaborano già con partner internazionali per la costruzione delle armi. Grande attenzione c’è anche sul settore dell’energia e della logistica, ma anche sull’agricoltura e la trasformazione agroalimentare, che offrirebbero ottime opportunità di investimento con impianti che possono essere acquistati o costruiti da zero. Nestlé, ad esempio, ha aperto di recente un nuovo stabilimento nell’Ucraina occidentale. Nel settore telecomunicazioni, invece, molti francesi hanno acquisito aziende ucraine.

Naturalmente, dice Anna Derevyanko, «è necessario fare un’analisi accurata e prepararsi ad affrontare le sfide del Paese. Non solo la sicurezza, ma anche la mobilitazione militare, che può portare all’arruolamento dei dipendenti e alla necessità di sostituirli di continuo».

Il governo Zelensky ha già messo in campo incentivi fiscali e assicurazioni speciali per la sicurezza degli investitori stranieri. L’agenzia governativa “Ukraine Invest” aiuta gli investitori a muoversi e offre sconti su tasse locali e sui terreni. «Molte aziende non si aspettano in realtà benefici fiscali speciali», spiega Derevyanko. «Ciò che conta di più è un ambiente favorevole e trasparente, con servizi efficienti da parte delle istituzioni statali e l’accesso facilitato alle informazioni. È importante che le aziende internazionali si sentano benvenute in Ucraina». Resta da lavorare «sullo stato di diritto e sul sistema giudiziario. Le imprese chiedono certezza sul rispetto dei diritti degli investitori e delle regole».

Secondo un sondaggio condotto tra le aziende del Global Business for Ukraine e dell’European Business Association, il 79 per cento degli investitori esteri intervistati esprime interesse per le opportunità legate alla ricostruzione dell’Ucraina. Ma restano grandi ostacoli. Non solo la sicurezza (68 per cento), anche la corruzione, la mancanza di trasparenza e l’incertezza politica (47 per cento), la debolezza dello stato di diritto (34 per cento) e pure le restrizioni valutarie (25 per cento). Per ridurre i rischi e favorire gli investimenti, le imprese chiedono garanzie sugli investimenti, coperture assicurative contro rischi di guerra e politici, regolamentazioni chiare e stabili, forti politiche anticorruzione e riforme orientate all’integrazione europea. Uno dei vantaggi di arrivare prima della fine della guerra potrebbe essere proprio quello di poter fare attività di lobbying nel Paese per migliorare e cambiare le norme, dicono da più parti.

Le imprese italiane più attive oggi ci sono Ferrovie dello Stato che, da capofila di quindici imprese, dovrà realizzare un corridoio logistico fino ai porti di Trieste e Venezia, e poi Fincantieri che dovrà creare un polo cantieristico a Odessa. Ma ce ne sono tante altre, tra cui Enel, Leonardo, Iveco, Kpmg, Snam, Atm che guardano già verso Kyiv. Negli spazi avveniristici della Nuvola di Fuksas ci saranno 120 stand, di cui trenta ospiteranno aziende italiane. L’obiettivo è eguagliare o magari superare i 16,5 miliardi di euro di fondi e accordi sottoscritti l’anno scorso nella conferenza di Berlino.

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