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Difesa europea: svolta epocale da 375 ad oltre 600 miliardi di euro. E anche in Italia opportunità per private equity e imprese


Milano, 10 luglio 2025 – Negli ultimi anni, l’Europa ha registrato una crescente accelerazione nella spesa militare. Storicamente, i Paesi europei hanno investito meno degli Stati Uniti nella difesa, ma il conflitto in Ucraina ha segnato una svolta decisiva. Questo evento ha trasformato l’opinione pubblica e le priorità politiche, mettendo in luce l’urgenza di rafforzare le capacità difensive del continente, come emerge da “La Difesa al centro dell’Europa”, la nuova analisi di Bain & Company Italia.

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Uno dei principali fattori di questo cambiamento è il graduale ritiro strategico degli Stati Uniti dalle crisi internazionali, che spinge l’Europa a prendersi maggiori responsabilità in materia di sicurezza. In risposta, gli sforzi si stanno concentrando non solo su un aumento della spesa, ma anche sulla sua maggiore efficacia e sulla promozione dell’autonomia industriale nel settore della difesa. La NATO, che da anni invita i membri a destinare almeno il 2% del PIL alla difesa, nel recente vertice tenuto a L’Aja lo scorso 24 e 25 giugno ha definito un obiettivo ancora più ambizioso: entro il 2035, gli alleati dovranno investire il 5% del PIL. Di questo, il 3,5% sarà dedicato alle spese militari dirette e il restante 1,5% a infrastrutture critiche, preparazione civile, innovazione e rafforzamento della base industriale.

Un altro punto chiave è la cooperazione tra Paesi europei. Attualmente, solo il 18% dei programmi di acquisizione di sistemi e capacità viene condotto in maniera congiunta. L’obiettivo è raggiungere almeno al 35%, migliorando il coordinamento, semplificando le normative e aprendo il mercato a nuovi attori, per stimolare l’innovazione e rafforzare la competitività del settore.

Purtroppo, la scarsa collaborazione attuale porta con sé inefficienze, come la mancanza di economie di scala o investimenti insufficienti in ricerca e sviluppo. Inoltre, ci sono ostacoli pratici: strozzature nella catena di fornitura, carenza di materie prime, capacità produttiva limitata”, sottolinea Pierluigi Serlenga, Managing Partner Italia di Bain & Company e co-leader globale Aerospace & Defense.

Oggi più dei due terzi della spesa militare europea va a fornitori statunitensi. Ma la Commissione Europea punta a invertire la rotta: l’obiettivo è che, entro il 2030, almeno il 50% degli acquisti avvenga all’interno dell’Unione. Questo senza chiudere le porte alla cooperazione transatlantica, anzi, mantenendola e rafforzandola per accelerare l’adozione di nuove capacità tecnologiche. A livello numerico, si nota un progresso evidente. Nel 2024, ben 13 paesi europei della NATO hanno raggiunto o superato il 2% del PIL in spesa militare. Alcuni, come la Polonia (4,1%) e la Grecia (3,1%), si collocano ben al di sopra della soglia. Anche paesi come il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Danimarca e altri si attestano tra il 2 e il 2,4%. È un netto miglioramento rispetto al 2014, quando la maggior parte degli Stati membri era ben lontana da questo traguardo. Tuttavia, restano ancora otto paesi, tra cui l’Italia, il Belgio e la Spagna, al di sotto del target, con livelli compresi tra l’1,3% e l’1,8%. Per raggiungere l’obiettivo del 3,5% del PIL, la spesa complessiva dei Paesi europei NATO è destinata a crescere significativamente, passando da circa €375 miliardi a €635 miliardi (valori a prezzi 2024), ovvero un aumento del 70% in termini reali. Già il semplice raggiungimento dell’obiettivo del 2% comporterebbe un incremento di spesa di circa €400 miliardi.

Il nuovo obiettivo al 3,5% del PIL rappresenta una soglia estremamente ambiziosa, che richiederà forti scelte politiche e significative riallocazioni di bilancio. I Paesi più lontani da questo obiettivo saranno sotto pressione per colmare il divario. Dal 2014, l’impegno verso la difesa è cresciuto, ma in modo asimmetrico: il caso più emblematico è quello della Polonia, che ha più che raddoppiato la sua spesa in rapporto al PIL. Al contrario, Paesi come Italia, Spagna e Belgio mostrano progressi più contenuti, mantenendosi su valori inferiori all’1,5%”, precisa Serlenga. “L’aumento della spesa porterà a maggiori opportunità industriali e tecnologiche nel settore”. 

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Il mercato della difesa e dell’aerospazio sta attraversando una fase di profonda trasformazione, aprendo la strada a nuove opportunità di innovazione e rilancio industriale. Tecnologie di frontiera e modelli di business sempre più agili stanno emergendo come catalizzatori del cambiamento, ridefinendo priorità operative e paradigmi di sviluppo. I cicli di progettazione e produzione si stanno accorciando sensibilmente, con l’obiettivo di abilitare vantaggi tattici immediati. Al tempo stesso, cresce la domanda di soluzioni economicamente sostenibili e, soprattutto, tempestive nella consegna. Quest’ultimo aspetto è particolarmente critico in un contesto in cui la supply chain è sottoposta a forti pressioni. E la resilienza si configura non solo come una priorità strategica, ma anche come un’esigenza operativa imprescindibile.

Una delle criticità più rilevanti è la persistente dipendenza da fornitori unici, spesso legata agli elevati costi di qualifica e alla limitata scala produttiva, che rendono difficile diversificare le fonti di approvvigionamento. A rendere ancora più complesso lo scenario concorrono le carenze strutturali di materie prime critiche e di componenti strategici.

In Europa sta emergendo una nuova generazione di attori innovativi, spesso caratterizzati da un approccio software-first e sostenuti da capitali di rischio, sebbene in un ecosistema finanziario ancora meno sviluppato rispetto a quello statunitense. A differenza del contesto USA, dove l’accesso al venture capital difesa-tech è più ampio e il rapporto tra startup e Dipartimento della Difesa è più fluido, le realtà europee si muovono in un ambiente più frammentato, con una minore propensione al rischio e una forte dipendenza da programmi di finanziamento pubblico.

Nonostante ciò, questi nuovi entranti europei stanno dimostrando una crescente capacità di sviluppare rapidamente soluzioni dual-use, con applicazioni sia civili sia militari, contribuendo a rinnovare l’ecosistema della difesa continentale.

Il contesto attuale apre opportunità lungo due direttrici complementari: da un lato, il consolidamento degli OEM e Prime Contractor verso la creazione di campioni industriali europei, in linea con gli obiettivi di autonomia strategica dell’UE; dall’altro, l’emergere di attori specializzati di nicchia, spesso promossi da singoli Stati membri per sviluppare capacità tecnologiche in aree prioritarie.

Frammentazione della spesa per la difesa nell’UE: sfide e opportunità

Nonostante l’impegno crescente da parte degli Stati membri dell’UE a incrementare la quota di acquisti congiunti per la difesa, con l’obiettivo di passare dal 18% registrato nel 2022 al 35% entro il 2030, la spesa si conferma ancora fortemente frammentata. Questa mancanza di coordinamento e di standardizzazione genera esternalità negative rilevanti per il mercato europeo della difesa. Tra le principali criticità si evidenziano: la perdita di economie di scala, che determina un eccesso di spesa per capacità di base a scapito dell’investimento in tecnologie avanzate; (investimenti limitati in ricerca e sviluppo, dovuti alla dimensione ridotta dei mercati finali nazionali; una domanda complessiva debole per l’industria europea, con solo il 20–25% della spesa che ricade su produttori UE. Inoltre, la concorrenza tra Stati membri per l’accesso a fornitori esterni, in particolare negli Stati Uniti, contribuisce ad accentuare le inefficienze sistemiche. In questo contesto, la razionalizzazione della spesa per l’Aerospazio, Difesa e Sicurezza potrebbe rappresentare un’opportunità strategica per nuovi entranti e per le PMI. Una domanda più integrata e prevedibile a livello europeo consentirebbe infatti di colmare gap capacitivo, stimolare l’innovazione su scala sovranazionale e rafforzare la resilienza complessiva della base industriale continentale.

Gli investimenti del Private Equity nel settore

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Negli ultimi anni, il settore della difesa ha attirato un interesse crescente da parte del capitale privato, segnando un cambiamento rispetto alla tradizionale cautela degli investitori. In passato, fattori come la concentrazione della clientela, la volatilità dei budget pubblici, l’instabilità politica e le restrizioni ESG avevano frenato gli investimenti. Oggi, però, i fondi di private equity mostrano un coinvolgimento sempre maggiore, con operazioni che spaziano dal venture capital fino a deal multimiliardari. Negli ultimi dieci anni, infatti, il private equity nel settore Aerospazio e Difesa ha registrato una crescita più rapida rispetto ad altri ambiti industriali. Dal 2014, il numero di operazioni è aumentato costantemente, con un picco nel 2021 che ha triplicato i livelli di partenza. Questa performance ha superato comparti come servizi professionali, trasporti, energia, acciaio e meccanica, che hanno mantenuto una traiettoria più stabile. Anche dopo il calo successivo al 2021, la difesa continua a mostrare livelli di attività superiori alla media, confermando l’interesse degli investitori per le opportunità nel settore A&D. “Il capitale privato”, spiega Sergio Iardella, Senior Partner e responsabile italiano Private Equity di Bain & Company, “può svolgere un ruolo chiave nell’evoluzione del settore, accelerando l’innovazione tecnologica, potenziando la capacità produttiva e rendendo più efficienti le catene di fornitura. In un contesto globale in trasformazione, con budget per la difesa in espansione, sempre più fondi stanno guardando al comparto, attratti da chiare opportunità di exit, trasformazione industriale e da un graduale superamento delle barriere tradizionali. I fondi intravedono potenziale di creazione di valore sia in player consolidati — attraverso l’efficientamento operativo e la riduzione dei costi — sia in realtà emergenti e innovative, capaci di introdurre tecnologie di rottura e di generare salti di produttività”.

Il panorama italiano

Il panorama industriale italiano nel settore Aerospazio e Difesa si presenta fortemente frammentato, con una netta predominanza di attori di medie o piccole dimensioni. Su un totale di 96 imprese analizzate, che non comprende i grandi gruppi internazionali e le loro controllate, il 61% opera prevalentemente nel dominio aereo, seguito dai comparti della difesa (inclusa l’elettronica), nonché dai segmenti spazio, navale e terrestre. La rilevanza strategica del settore è confermata da una forte specializzazione settoriale: oltre due terzi del campione (65 aziende) hanno nell’Aerospazio e Difesa la propria attività core. Tuttavia, la dimensione economica di queste realtà risulta contenuta: 48 aziende registrano un EBITDA inferiore a 5 milioni di euro, mentre solo 22 superano la soglia dei 20 milioni. “Questo quadro delinea un mercato costituito da numerosi operatori specializzati ma di scala limitata, condizione che potrebbe rappresentare un terreno fertile per operazioni di consolidamento industriale o investimenti strategici mirati“, osserva Iardella. 

Ambiti che offrono opportunità

Nel contesto di un crescente interesse per gli investimenti strategici nella difesa, si delineano sei ambiti prioritari che offrono opportunità rilevanti. Il primo riguarda il consolidamento verticale finalizzato alla creazione di campioni industriali europei attraverso l’integrazione lungo la filiera, con particolare attenzione a segmenti chiave come la produzione satellitare, la cantieristica navale, i veicoli blindati ed i droni. Un secondo ambito è rappresentato dai fornitori strategici di componentistica ad alto contenuto tecnologico, coinvolti nei principali programmi globali di difesa. Un’ulteriore area di interesse è quella delle tecnologie abilitanti trasversali, ambito in forte espansione, che comprende laser LIDAR, radar avanzati, sensori infrarossi, batterie di nuova generazione e materiali a bassa osservabilità, tutti elementi cruciali per la superiorità tecnologica. Seguono le aziende attive nella produzione di materiali critici, segmento essenziale per la sicurezza degli approvvigionamenti, che coinvolge imprese specializzate in sostanze chimiche, polveri energetiche e materiali esplosivi, nodali nella catena del valore della difesa. Lo sviluppo software rappresenta un ambito chiave nel quale le opportunità si concentrano nella cybersecurity, applicazioni difensive avanzate e sistemi immersivi basati su realtà virtuale e aumentata. Infine, vi sono opportunità anche nella progettazione e produzione di apparecchiature di supporto come sistemi di comunicazione, equipaggiamenti individuali di protezione e attrezzature operative dedicate (e.g. estintori aeronautici).



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