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Da Roma a Kiev: obiettivo ricostruzione


Il giorno della Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina arriva dopo quella che per Kiev è stata una delle peggiori notti di sempre. Alla vigilia del vertice di Roma, la macchina da guerra russa ha scagliato contro il paese invaso un numero record di 728 droni e 13 missili. Velivoli che hanno attraversato i cieli ucraini in ogni direzione spingendosi fino all’estremo occidente, nella città di Lutsk, al confine con la Polonia, che nel frattempo aveva alzato in volo i suoi caccia per proteggere lo spazio aereo. Il bilancio – di ‘soli’ sei morti e 39 feriti – si deve al fatto che gli ucraini sono tornati ormai da tempo a dormire nei rifugi e nelle stazioni della metropolitana. Quello inviato dal Cremlino è un messaggio chiaro. Non soltanto gli attacchi non si interrompono, ma anzi aumentano come mai prima d’ora dall’inizio del conflitto. E con l’ipotesi di un cessate il fuoco ancora lontano, la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina che si è aperta a Roma diventa l’occasione di ribadire il pieno appoggio a Volodymyr Zelensky: “Il cammino della ricostruzione non sarà facile, sarà pieno di insidie ma porta con sé incredibili opportunità. E gli italiani sanno molto bene quello di cui sto parlando, perché siamo quel popolo che sulle macerie della Seconda guerra mondiale ha costruito il miracolo economico degli anni ’60”, ha detto la premier Giorgia Meloni aprendo i lavori della Conferenza. “Anche la nostra, allora, era una nazione distrutta, che affrontava difficoltà enormi, eppure ce l’ha fatta, si è rialzata, con determinazione, orgoglio, operosità, è diventata la potenza economica e industriale che oggi tutti conoscono. Mi piace pensare he questa conferenza possa essere il punto di partenza per il miracolo economico dell’Ucraina. E costruiremo quel miracolo insieme, per noi, per voi, perché ogni scuola, ogni ospedale e campanile che ricostruiremo, sarà un pezzo di noi stessi che avremo ricostruito, un pezzo d’Europa che riconsegneremo alla storia e ai nostri figli”.

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Da un presente di guerra a un futuro di pace?

Se Mosca con i suoi attacchi costringe a un presente di guerra, non per questo bisogna perdere di vista prospettive future di pace e ricostruzione. Per farlo, circa cento paesi si sono riuniti a Roma. Nel medio periodo, la sfida più grande per l’Europa sarà quella di garantire la ricostruzione del Paese devastato dalla guerra. Secondo la Banca mondiale un piano decennale di ricostruzione e ripresa dell’Ucraina, da realizzare tra il 2025 e 2035, richiederà investimenti per almeno 524 miliardi di dollari. E la maggior parte dell’onere dovrebbe essere sostenuto dall’Ue, soprattutto se – come sembra – l’impegno degli Stati Uniti è in bilico. L’Ue è attualmente il principale donatore dell’Ucraina e si è impegnata a fornire un sostegno finanziario regolare e prevedibile. Ma questo impegno richiede una mobilitazione di fondi ben oltre la capacità dei governi europei. Un modo per farlo è coinvolgere un’ampia gamma di parti interessate, tra cui organizzazioni internazionali e istituzioni finanziarie, soggetti imprenditoriali e della società civile, e fare affidamento su partenariati pubblico-privati. “Il messaggio che lanciamo agli investitori è semplice – ha detto Meloni – non abbiate paura, investire non è un azzardo, è investimento sulla pace e sulla sicurezza dei nostri cittadini. Noi saremo al vostro fianco”.

Trump tergiversa sui Patriot?

Tra le presenze oggi a Roma, spicca quella di Keith Kellogg, inviato speciale della Casa Bianca secondo cui “le uccisioni devono cessare” perché “un cessate il fuoco ora è possibile”. Per Kiev, però, il più massiccio attacco aereo dall’inizio del conflitto, che si accompagna al continuo avanzamento delle truppe russe sul campo, fornisce invece l’occasione per invocare armi per la difesa. Ancora una volta, però, il presidente ucraino si trova a fare i conti con i continui cambi di direzione della Casa Bianca e promesse che mancano di realizzarsi. Poco dopo aver smentito lo stop alla fornitura di armi per Kiev – la cui responsabilità è caduta sul segretario alla Difesa, Pete Hegseth, che secondo la stampa americana non avrebbe informato la Casa Bianca prima di autorizzarla – Donald Trump ha fatto parzialmente marcia indietro sull’invio di missili Patriot richiesto da Kiev al vertice Nato di due settimane fa. La Casa Bianca sta ancora valutando e Trump non sembra entusiasta all’idea di dare luce verde. “Stiamo valutando, parliamo di un sistema molto costoso”, ha detto il presidente Usa, aggiungendo che “è una vergogna che dobbiamo spendere così tanti soldi per una guerra che non sarebbe mai iniziata se io fossi stato presidente”. La questione è tanto più pressante considerato che, secondo diversi esperti, Mosca si sta preparando alla ripresa di una nuova offensiva sul fronte meridionale dell’Ucraina, e sarebbe pronta a lanciare nuove operazioni offensive nelle regioni di Zaporizhzhia e Kherson.

Asse Londra-Parigi?

I tentennamenti americani hanno incoraggiato un altro vertice sull’assistenza militare a Kiev, quello tra Keir Starmer e Emmanuel Macron, che hanno partecipato insieme da Londra, in videoconferenza, all’incontro di Roma. I leader di Francia e Regno Unito sono decisi a “far pressione sulla Russia affinché accetti il cessate il fuoco senza condizioni che ha costantemente rifiutato”. La retorica particolarmente energica lascia intendere un obiettivo ancora più ambizioso: una nuova relazione speciale. “In Europa ci si aspetta che, di fronte ai vicini revisionisti, i nostri due Paesi abbiano una responsabilità speciale per la sicurezza del continente”, ha dichiarato Macron al Parlamento britannico nel primo giorno della sua visita di stato, la prima di un leader europeo dalla Brexit. Sebbene il rapporto speciale di Londra con gli Stati Uniti rimanga il fondamento della sua strategia di difesa, l’incostanza del presidente americano e il suo approccio transazionale nei confronti degli alleati, hanno costretto gli inglesi a riconsiderare il rapporto con il Vecchio Continente. Parigi e Londra devono sapersi muovere di concerto se vogliono fronteggiare Putin da un lato e Trump dall’altro. Negando a Mosca una vittoria che si sente già in tasca.

Il commento

Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale ISPI

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“Della conferenza di Roma, in Russia, si parla ben poco. Scarsissimo lo spazio ad essa dedicato nei media ufficiali, ma anche in quelli semi-indipendenti e quelli in esilio. Gli attacchi efferati delle ultime ore, però, sembrano una risposta eloquente da parte del Cremlino al desiderio di rinascita e ricostruzione che anima la conferenza.  Perché, ad oggi, la precaria situazione di sicurezza rimane l’ostacolo più grande agli investimenti delle imprese ucraine e straniere”.



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