Si è parlato de “Il Po e i suoi Comuni: una grande area per sperimentare una nuove economia” al teatro “Angelo Frondoni” di Pieveottoville (Parma). L’incontro si è inserito nell’ambito del progetto pilota della Riserva Mab Unesco Po Grande ed è stato promosso da Autorità di bacino distrettuale del fiume Po in collaborazione con la Cattedra Unesco su Educazione, Crescita e Uguaglianza di Ferrara. Il progetto di studio è focalizzato sul bacino del Po col i suoi affluenti.
Bacino che rappresenta il cuore della grande area tra Alpi ed Appennini, di certo la parte più ricca e sviluppata del Paese. Tuttavia, come emerso, i comuni lungo le sue rive, dal Monviso a Taglio di Po, sono divenuti nel tempo una sorta di area interna, schiacciata tra l’asse Milano – Venezia e quello Milano – Bologna, che rappresentano gli assi dominanti dello sviluppo economico nazionale. Tali comuni si connotano come Maidas (Marginal Areas in Developed Areas) e costituiscono l’unità analitica della ricerca. Attraverso questo studio si intende esplorare le condizioni economiche e sociali dei comuni lungo le rive del Po, con particolare interesse per le aree che fanno parte della Riserva Mab Unesco Po Grande. Si verifica lo stato attuale e si prospettano ipotesi di sviluppo, tenendo conto della rilevanza delle aree Mab Unesco già presenti e del grande lavoro finora svolto per tracciare percorsi di sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale, in grado di generare condizioni per invertire la tendenza allo spopolamento e all’abbandono più volte segnalato. All’interno di questo quadro saranno presentate le mappe principali sui temi di interesse (includendo demografia, dinamica occupazionale ed evoluzione imprenditoriale) facendo riferimento ai dati secondari ed a quelli primari.
I tre termini del titolo dell’intervento “Aree marginali all’interno di Aree sviluppate: conoscere, stimolare e praticare il cambiamento” seguono l’approccio dello studio: la conoscenza dello stato dell’arte con l’individuazione delle aree problematiche, la visione per stimolare tali aree e l’individuazione di azioni per praticare il cambiamento. Le tematiche prese in considerazione e che si stanno sviluppando riguardano: il calo delle nascite (con ripercussioni sulle strutture scolastiche); l’aumento dell’invecchiamento (con conseguenze sui servizi e sull’attrattività abitativa); i trend occupazionali e imprenditoriali (con riferimenti al nuovo work-life balance e all’uso delle infrastrutture e del territorio/suolo). E’ stata quindi presentata l’esperienza di Polesine Zibello come buona pratica a supporto degli obiettivi della Riserva Mab Unesco e del progetto, con articolato intervento del sindaco Massimo Spigaroli, con particolare riferimento alle iniziative intraprese per il contrasto allo spopolamento, la valorizzazione dei prodotti locali come valore identitario legato al Po e alla sua cultura, le collaborazioni col mondo agricolo e le imprese virtuose.
Delle aree marginali all’interno di aree sviluppate per conoscere, stimolare e praticare il cambiamento ha parlato la Cattedra Unesco Educazione, Crescita ed Uguaglianza di Ferrara con il professore ed ex ministro Patrizio Bianchi, la professoressa Valentina Mini ed il dottor Muratbek Tolokov mentre il sindaco di Polesine Zibello Massimo Spigaroli ha parlato del progetto del suo paese legato al fiume, con esempi di buone pratiche come quelli riguardanti la creazione delle “Botteghe di mestiere” il recupero di Palazzo menta e del nuovo asilo nido modulare. Da Casalmaggiore è intervenuto il sindaco Filippo Bongiovanni che ha parlato sia dell’Associazione Temporanea di Scopo per lo sviluppo del Masterplan 3C, lo studio realizzato su input dell’Associazione Industriali per rilanciare il nostro territorio che dell’Hub della Conoscenza (coordinata dal professor Giuliano Noci) che promuove un approccio integrato tra istituzioni, imprese, e giovani nei territori di Brescia, Cremona e Mantova grazie al fondamentale sostegno di Cassa Padana.
Il sindaco Bongiovanni si è soffermato anche sui diversi progetti di rigenerazione urbana in corso a Casalmaggiore ed ha illustrato l’esperienza di Casalasca Servizi a favore di 42 Comuni soci ma ha anche evidenziato alcune problematiche notevoli come il calo demografico continuo e l’assenza di infrastrutture. A questo riguardo ha ricordato che si è attraversato da una sola autostrada che porta a Piacenza e Brescia ma non a Milano. Ha parlato altresì delle Unioni dei Comuni che “ormai stanno morendo, perché non più finanziate, e che hanno prodotto anche ‘litigi’ tra i vari Comuni” e delle fusioni che, invece, comprendono ancora finanziamenti ma è ancora da capire quanto siano realmente efficaci a livello di benefici per i territori interessati e quanto li possano rendere più o meno attrattivi rispetto al passato”. In quanto al tema occupazionale, Bongiovanni ha ricordato che in larga parte “si cerca manodopera poco qualificata” che, nei nostri territori, porta spesso persone provenienti da lontano che non hanno radici né identità coi territori stessi e quindi, di fatto, da un momento all’altro possono andarsene. Il primo cittadino di Casalmaggiore ha invitato con forza le Università a “indicarci cosa richiedono le nuove generazioni” evidenziando che c’è bisogno di nuove famiglie, nuove aziende, ed è necessario essere più attrattivi.
Tema, quello dell’attrattività, che ha visto intervenire anche numerosi sindaco ed amministratori presenti che, tra le altre cose, hanno anche chiesto garanzie circa la navigabilità del Po. A riguardo il dirigente Aipo Gianluca Zanichelli ha risposto che “si sta lavorando a tre grandi progetti per rendere il Po sempre più navigabile ed a corrente libera”, ha ricordato che è stato avviato con successo il corso per dragatori ma ha anche auspicato una maggiore collaborazione dei Comuni nella gestione della Ciclovia VenTo (ad oggi la seconda più cliccata nei percorsi cicloturistici nazionali) dal momento che non tutti i Comuni la hanno presa in gestione ed ha anche auspicato maggiori finanziamenti da parte del Ministero dell’Ambiente per la sistemazione delle difese idrauliche. L’ex Ministro Bianchi, che tra le altre cose ha confermato come vi sia spesso una ricerca di manodopera poco qualificata, ha ricordato come nel bacino del Po insistano ben dieci Università: una opportunità di grande rilevanza che i Comuni e gli organismi che operano sul Po devono cogliere. Fra i presenti alla giornata anche il sociologo Mauro Ferrari di Piadena e l’architetto Damiano Chiarini dello Studiorinnova di San Giovanni in Croce che da tempo seguono importanti progetti di sviluppo per il Comune di Polesine Zibello e di altri Comuni rivieraschi del Po.
Nel frattempo, comunque, ecco l’importanza dello studio promosso dall’Autorità di bacino del fiume Po e condotto dalla Cattedra Unesco “Educazione, Crescita ed Eguaglianza”, coordinata dal prof. Patrizio Bianchi, è stata restituita una prima approfondita fotografia delle criticità su cui intervenire e delle relative possibilità per sviluppare le potenzialità delle aree lungo l’asta del Grande Fiume: Scuola, Economia, Attrattività abitativa, Transizione ecologica e Turismo saranno al centro dell’azione dei comuni della Riserva Mab con soluzioni mirate e coordinate sui territori di Pavia, Lodi, Cremona, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara e Rovigo. Per ricostruire la continuità funzionale e sociale del Po occorre far emergere, infatti, le potenzialità strategiche di quelle aree di prossimità che, situate all’interno degli snodi infrastrutturali principali, possono generare nuove centralità grazie alla connettività, alle tecnologie e ad una nuova visione del lavoro e della vita collettiva: è partita così quella che si preannuncia come la più grande sfida che Po Grande intende affrontare da quando, nel 2019, è stata riconosciuta come Riserva della Biosfera dall’Unesco, ovvero riuscire a coniugare tutela ambientale e sviluppo economico in un contesto segnato da forti disuguaglianze territoriali per combattere lo spopolamento e le relative difficoltà socio-economiche vissute dalle comunità che abitano le aree rivierasche.
Per vincere quella che è già stata ribattezzata l’ambiziosa “sfida della rinascita” Po Grande punta a fare quadrato con gli amministratori locali che ne fanno parte: una rete di 102 comuni ubicati lungo oltre 250 chilometri dell’asta fluviale, appartenenti a tre differenti regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto) e che costituisce una reale vasto oltre 3.800 chilometri quadrati; con loro e con tutti i portatori di interesse (istituzioni, realtà associative, organizzazioni territoriali) la Segreteria tecnica della Riserva intende definire le strategie condivise basandosi sui dati di un’approfondita indagine socio-economica, promossa da Adbpo, l’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, in collaborazione con la Cattedra Unesco “Educazione, Crescita ed Eguaglianza” ed effettuata grazie al professor Patrizio Bianchi – titolare della Cattedra e docente dell’Università di Ferrara – e alla sua equipe di professionisti e presentata nel corso di un incontro al teatro Angelo Frondoni di Pieveottoville (PR), al quale sono intervenuti anche il Sindaco di Polesine Zibello Massimo Spigaroli, la Segreteria Tecnica di Po Grande Mab Unesco Ludovica Ramella, la dirigente dell’ADBPO Fernanda Moroni, il coordinatore generale di EuroINBOAlessandro Bratti e 40 rappresentanti delle amministrazioni locali delle province coinvolte (Pavia, Lodi, Cremona, Mantova; Piacenza, Parma, Reggio Emilia;Ferrara, Rovigo).
“L’obiettivo sarà quello di ricostruire la continuità funzionale e sociale del Po– ha spiegato Fernanda Moroni, dirigente di Adbpo –, facendo emergere leidentità e potenzialità strategiche di questearee lungo il fiume Po, prossime agli snodi infrastrutturali principali, capaci di diventare nuove centralità grazie alla connettività, alle tecnologie innovative, ad una nuova visione della scuola, del lavoro e della vita sociale e collettiva transgenerazionale”. Il prof. Bianchi e la sua equipe – composta dalla prof.ssa Valentina Mini e daldott. MuratbekTolokov– hanno analizzato le condizioni di 102 comuni situati lungo il medio corso del Po grazie ad un approccio metodologico multi-fonte, che incorpora dati demografici di Istat, approfondimenti sul mercato del lavoro in tempo reale dal dataset TALENTO e dati finanziari e strutturali a livello di impresa dal database AIDA(l’analisi informatizzata delle aziende italiane). “Dobbiamo tornare a considerare questa come un’area integrata e riprendere l’idea che il Po non è semplicemente il margine di quattro regioni, ma un’area che ha in sé una straordinaria potenzialità: da una parte recuperando uno stretto legame col territorio e dall’altra valorizzando tutte le grandi ricchezze che possiede – ha spiegato Patrizio Bianchi, titolare della Cattedra Unesco ‘Educazione, Crescita ed Eguaglianza’ –. Bisogna tornare a ragionare insieme sull’idea di una capacità di integrare i nostri territori, che hanno un grandissimo valore sia culturale, sia ambientale ma, soprattutto, umano e quindi bisogna investire di più sulle persone per ritrovare il nostro territorio e far così ripartire tutto il Paese”.
Nel dettaglio, sono 5 gli ambiti oggetto di studio e discussione: Scuola, con il rischio di chiusura degli istituti scolastici nelle aree marginali che impone una riflessione profonda e contro cui si propongono soluzioni quali il potenziamento della didattica multigrado, la creazione di scuole polo, il miglioramento del trasporto scolastico, l’uso di didattica digitale mista e una maggiore apertura della scuola alla comunità, trasformandola in presidio territoriale multifunzionale; Rigenerazione economica, dove l’esperienza internazionale offre spunti preziosi per le aree marginali: dall’economia dei servizi di prossimità alla neo-agricoltura, dal ripopolamento incentivato al turismo lento, dai villaggi digitali allo smart working rurale, fino a cooperative di comunità e artigianato diffuso, tutti modelli che possono essere adattati alle esigenze del Po Grande; Ripopolamento e attrattività abitativa,dove reti di sostegno, incentivi mirati e servizi adeguati possono rendere attrattive anche le aree meno densamente popolate, favorendo l’insediamento di “nuovi abitanti” e contribuendo al riequilibrio demografico; Uso del suolo per energie rinnovabili, per il quale occorre incentivare la discussione sull’uso del suolo agricolo per grandi impianti fotovoltaici, spesso scollegati dalla pianificazione territoriale: l’area del Po Grande rappresenta infatti un laboratorio ideale per ripensare l’energia in chiave sostenibile e compatibile con il paesaggio e l’agricoltura locale; Turismo e attrattività territoriale, dove numerosi sono gli esempi di politiche e finanziamenti – nazionali e internazionali – che possono rilanciare il turismo nelle aree marginali: Po Grande può diventare un nuovo polo di turismo rigenerativo e sostenibile, proseguendo ed incrementando le sue azioni per la valorizzazione di ambiente, cultura e identità locali.
I risultati dell’indagine evidenziano un quadro in cui i territori rivieraschi possono essere classificati come MAiDAs (acronimo di “Aree marginali in aree sviluppate”): si tratta, cioè, di aree che – pur se ubicate all’interno di territori floridi –vivono un progressivo declino demografico, hanno un mercato del lavoro frammentato e vedono una crescente polarizzazione economica poiché contraddistinte da fattori quali un forte invecchiamento della popolazione, l’erosione della forza lavoro giovane e la concentrazione di opportunità lavorative e attività economiche in pochi centri urbani.Vi sono poi anche alcune aree periferiche che, invece, soffrono di scarsa presenza imprenditoriale, capitale sociale ridotto e accesso limitato a impieghi qualificati. Dallo studio dei 5 ambiti sopra indicati emergono così alcune importanti “chiavi di volta” che potrebbero costituire valide opportunità di rilancio, come quella legata all’economia regionale che, in queste aree, è in gran parte connessa ai settori manifatturiero, logistico e del commercio al dettaglio: ciò potrebbe significare che, se efficacemente collegate alla formazione professionale e all’innovazione verde, queste aree potrebbero fungere, ad esempio, da punti di leva per una transizione più inclusiva e sostenibile. “Quanto emerso dallo studio condotto dalla Cattedra Unesco, di cui ringraziamo i suoi esponenti, è un risultato che ci stimola significativamente – ha evidenziato Ludovica Ramella, Segreteria tecnica di Po Grande –. Dal primo giorno della sua attività Po Grande ha infatti posto l’accento proprio su ambiti come la scuola, il lavoro e l’ambiente e questa capacità di iniziativa diventa così elemento-chiave per il rilancio dei territori che, nel solco di un respiro sempre più europeo, mantengono l’identità e il valore delle loro comunità: rappresentare questa visione fornendo, al contempo, un’opportunità di rilancio per l’asse del Po deve seguitare ad essere la nostra priorità”.
“Lo studio presentato oggi è fondamentale alla luce del fatto che, come sindaci, non possiamo ritenere di muoverci pensando solo al nostro comune, ma dobbiamo guardare nell’ottica di un’area vasta, che è sempre stata poi codificata dalla Storia – ha spiegato Massimo Spigaroli, sindaco di Polesine Zibello –: quella del fiume che attraversa la Pianura Padana offrendoci un modo di pensare unico, un cibo unico, produzioni sempre di altissima qualità ma, soprattutto, territori che sono sempre stati contaminati dalle persone che giungevano da ogni parte del mondo attraverso questa via d’acqua importantissima, quella fluviale, usandola come via di comunicazione”.
“Uno studio che identifica le potenziali attività, non solo di carattere culturale, ma anche di carattere economico e sociale che possono valorizzare i territori marginali, all’interno delle aree sviluppate, impostando percorsi di sviluppo sostenibile – ha aggiunto Alessandro Bratti, coordinatore di EuroInbo–. Interessante, al di là delle criticità già note quali spopolamento, chiusura delle aree scolastiche o perdita dell’economia, sono le esperienze in controtendenza che ci dicono come un certo tipo di sviluppo è possibile anche in questi territori con successo”.
Eremita del Po
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