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Sostenibilità, la spinta inattesa per le imprese


C’è una sostenibilità obbligata dalle norme e una sostenibilità che parte dal cuore dell’azienda, contribuisce a plasmarne la strategia. Ed è quest’ultima l’unica realmente capace di portare vantaggi in termini di competitività, perché la compliance, la semplice aderenza alle leggi e ai regolamenti, spesso è fonte soltanto di costi e non determina di per sé un vantaggio competitivo. Discorso simile per la digitalizzazione, che insieme alla sostenibilità compone la cosiddetta twin transition.

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Il problema della compliance

«Pensiamo al bilancio di sostenibilità», ha spiegato a ItaliaOggi Angelo Di Gregorio, professore ordinario dell’Università di Milano-Bicocca e direttore del Criet, il Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio: «si va dal commercialista, si spendono dai 30 agli 80 mila euro e lo si mette nel cassetto: è un’attività di mera compliance. Non si cercano soluzioni per essere realmente produttivi e integrare la sostenibilità nella strategia di impresa, non si tiene conto dei costi. Si aderisce semplicemente a un obbligo. Noi intendiamo ripartire dalle concrete esigenze del sistema produttivo italiano per individuare le strategie che possano rilanciarne la competitività».

Uno strumento per misurare l’integrazione

Di Gregorio si riferisce al lavoro del Criet che ha organizzato un ciclo di incontri dedicato a questo tema. Ieri si è svolto il primo di questi appuntamenti, in cui è stato anche presentato il Green Digital Rating, un framework proprietario sviluppato da Brightseed, lo spin-off dell’Università Bicocca che misura l’effettiva integrazione della sostenibilità e della trasformazione digitale nella singola impresa permettendo poi di confrontarla con quella dei principali player del settore per poter migliorare le aree carenti.

Angelo Di Gregorio
Angelo Di Gregorio

Esempi di sostenibilità che rende

Un esempio di ricerca di sostenibilità che può portare benefici competitivi ed economici? «Si pensi a una catena alberghiera», ha risposto Di Gregorio, «e alla decisione di adottare acqua filtrata in luogo dell’acqua in bottiglia: niente bottiglie in plastica da trasportare e stoccare, risparmio per la produzione del packaging e per la movimentazione del prodotto, niente plastica da smaltire. Non si può fare dappertutto, e ovviamente bisogna comprendere quali sono le esigenze del consumatore, ma in questo modo si può dare una mano all’ambiente e al conto economico».

Le sfide della percezione pubblica

Le sfide non mancano. Di sostenibilità si parla in Italia ormai da circa 10 anni, ha detto ieri Andrea Alemanno, head of public affairs & corporate reputation di Ipsos. Tuttavia, negli ultimi 2-3 anni, «il vento sembra essere cambiato», con una decelerazione dell’attenzione e un aumento della confusione.

Solo circa un terzo della popolazione italiana conosce bene il concetto di sostenibilità, inoltre, eventi come il Covid, le guerre, cambi di leadership politica hanno spostato l’attenzione o generato scetticismo. E comunque, il 77% delle persone ritiene che le aziende non prestino sufficiente attenzione all’ambiente.

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I dati confermano i vantaggi

Dal punto di vista delle imprese, più della metà degli esperti di sostenibilità segnala che le aziende stanno rallentando o diluendo i loro obiettivi, eppure un’analisi Istat su 18 mila realtà imprenditoriali dimostra che quelle che hanno investito maggiormente in sostenibilità nel triennio 2019-2022 hanno ottenuto i migliori risultati in termini di crescita del fatturato e dell’occupazione.

Di qui tutta una serie di consigli per riconquistare credibilità e rilanciare l’impegno: dall’avere una coerenza interna ed esterna, all’ascolto degli stakeholder, fino a una comunicazione concreta e sostanziata, cosa possibile grazie alla misurazione continua di ciò che si fa.

La twin transition che crea valore

Cosa accade concretamente nella twint transition? Alice Mazzucchelli, professoressa associata dell’Università Bicocca e senior research consultant di Criet, ha mostrato come l’adozione tecnologica è spesso fatta per dovere competitivo, ma si traduce in extra costi e non in creazione di valore, e parallelamente la sostenibilità è ancora largamente percepita come un mero adempimento. D’altronde esiste un problema significativo di competenze e mindset sia all’interno delle aziende che tra i fornitori di servizi esterni. Di qui il lavoro che si può fare con il Green Digital Rating, ha detto Mazzucchelli, che in un unico strumento riunisce entrambi questi aspetti.

L’importanza della comunicazione

Di una messa a punto ha bisogno anche la comunicazione: «le persone percepiscono che le imprese non prestano sufficiente attenzione alla sostenibilità e non vi lavorano abbastanza», ha detto Stefania Romenti, professoressa ordinaria dell’Università Iulm di Milano. «E questo è considerato un fallimento della comunicazione e della trasparenza». La coerenza è il tema fondamentale. Gli esempi di fallimenti comunicativi sono diversi: Gillette con una campagna contro la «mascolinità tossica», che ha offeso i suoi clienti storici, la campagna di Pepsi a favore del movimento Black Lives Matter percepita come poco autentica. Senza contare «ingenuità comunicative di grandi imprese italiane».

Ci sono molte misure da prendere che possono innestare una comunicazione efficace, secondo Romenti, ma in particolare «comunicare la sostenibilità come percorso: la sostenibilità è un processo e un percorso complesso, non un interruttore on/off. Le imprese stanno fallendo nel comunicare questa natura processuale».

Le testimonianze delle aziende

Durante l’incontro anche le testimonianze dei dirigenti di aziende che sotto diversi aspetti si trovano ad avere a che fare con la sostenibilità. Per l’a.d. di Brita Group Italia, Lorenzo Sarvello, la vera soluzione non è solo sostituire un prodotto ecologico con un altro, ma pensare a processi sostenibili per ridurre l’impatto complessivo. C’è poi il caso della pmi manifatturiera di materie plastiche, Lamp: nonostante la percezione negativa della plastica, ha spiegato Alessia Galbiati, chief operation officer, la sua azienda ha compiuto ingenti investimenti in sostenibilità (certificazioni, plastiche riciclate, riduzione consumi energetici) dimostrando un impegno coerente.

Ma il tema riguarda anche un’azienda come Re/Max, secondo la coo Valeria Baggia, dal momento che la tecnologia sta radicalmente cambiando il settore immobiliare, abilitando la sostenibilità in tutte le fasi del ciclo di vita di un immobile. Così come il settore agroalimentare, incluso il vino, è stato pioniere nella sostenibilità grazie all’importanza della salubrità del prodotto, secondo Giancarlo Parolini head of communication & sustainability di Gruppo Zonin 1821. Per finire con la comunicazione: Davide Arduini, a.d. di Next Different e presidente di Una – Aziende della comunicazione unite, ha raccontato come il ruolo delle agenzie oggi sia quello di essere esperte a 360° e di lavorare in «cocreazione» con i clienti per integrare la sostenibilità nella strategia di comunicazione.

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