Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

imposte e IVA dopo la L. n. 111/2023 e nel cantiere della riforma


Art. 183 TUIR (l’articolo 183 del TUIR è sostituito) 

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I primi 5 commi sono riferiti alla liquidazione giudiziale e alla liquidazione coatta amministrativa distinguendo tra società di capitali rispetto alle imprese individuali e le società personali nonché tra reddito relativo al periodo ante e periodo post la data della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale e del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa. 

Il periodo ante: si prevede che il reddito di impresa ad esso relativo (tra inizio esercizio e data sentenza o data provvedimento) è determinato sulla base di bilancio redatto dal curatore della liquidazione giudiziale o dal commissario liquidatore della liquidazione coatta sulla base delle regole che presiedono la determinazione del reddito di impresa ex capo VI titolo I TUIR. Per i soggetti che applicano il regime di contabilità semplificata vanno considerate le disposizioni di cui all’art. 66 TUIR (imprese minori). 

Trattasi di bilancio cd intermedio che, dal punto di vista civilistico/contabile deve rispettare le regole dell’OIC 30 apportando al risultato “reddituale” le variazioni in aumento e in diminuzione derivanti da specifiche disposizioni fiscali. 

Per le imprese individuali e le società personali e per le società soggette al regime di trasparenza fiscale, il detto reddito di impresa concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa e dei soci. 

Il periodo post: si prevede che il reddito di impresa (di cui al capo VI tit. I del TUIR) riferito al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di detto periodo ed anche se rileva nel durante esercizio provvisorio è costituito dalla differenza tra: 

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– il residuo attivo, determinato in base a valori fiscalmente riconosciuti (il reddito attivo della procedura concorsuale è costituito dalle disponibilità che residuano in seguito alla soddisfazione di tutti i creditori ammessi al concorso, nonché al pagamento del compenso al curatore, al commissario liquidatore e delle spese di procedura) e 

– il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento determinato a valori fiscalmente riconosciuti (il patrimonio netto di un’impresa all’inizio di una liquidazione giudiziale o di una procedura di liquidazione coatta amministrativa è determinato come differenza tra il valore delle attività e quello delle passività valutate e costi fiscalmente riconosciuti). 

Novità 

Dal reddito (fiscale) così determinato sono computate in diminuzione le perdite dei periodi di imposta precedenti all’inizio della procedura senza applicazione del limite quantitativo di cui al comma 1 dell’art. 84 TUIR (80%). 

Per le imprese individuali, le società di persone e per le società soggette alla trasparenza fiscale detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci, relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di chiusura della liquidazione giudiziale. 

Anche se il nuovo testo dell’art. 183 non è del tutto in linea con la vigente norma, utile potrà essere la circolare Agenzia delle Entrate n. 26 del 22/03/2002. 

Un cenno di interesse va fatto con un richiamo tratto dalla bozza della relazione al provvedimento che precisa relativamente a: 

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Nessuna disposizione dispone invece regole speciali in ordine alla determinazione del reddito imponibile dell’impresa che abbia avuto accesso alla procedura di concordato preventivo nelle sue diverse forme, agli accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’art. 57, dell’art. 60 o dell’art. 61 del Codice della crisi, ai piani di risanamento attestati disciplinati dall’art. 56 del medesimo codice, all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e, tantomeno, per il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all’art. 64-bis del Codice della crisi, istituto di recente introduzione. 

Ne discende che per i soggetti che hanno accesso a tali istituti il reddito d’impresa continua a essere calcolato secondo le regole ordinarie sancite dagli artt. 83 e ss. Del Testo unico delle imposte sui redditi (di seguito anche solo “TUIR”), ovverosia apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico di ciascun esercizio le variazioni in aumento e in diminuzione conseguenti all’applicazione delle regole stabilite dai successivi articoli di tale testo unico per la generalità delle imprese. Il comma 5 dell’art. 86 del TUIR esclude la tassazione delle plusvalenze realizzate nell’ambito di un concordato con cessione dei beni e il comma 4-ter dell’art. 88 del medesimo Testo unico, sulla base di analoga ratio, esclude la tassazione delle sopravvenienze da esdebitazione, distinguendone il trattamento a seconda che queste siano conseguite nel contesto di una procedura “di risanamento” (mediante la quale l’attività d’impresa viene proseguita) oppure mediante una procedura a cui consegua l’estinzione dell’impresa; tali norme, tuttavia, costituiscono più la spia della necessità di una più razionale distinzione fra procedure che la conseguenza della presenza di distinti regimi e hanno inoltre natura casistica più che strutturale. 

Il trattamento fiscale della crisi di impresa, fondato sulla suddetta suddivisione (fra la liquidazione giudiziale e la liquidazione coatta amministrativa, da un lato, e tutti gli altri istituti, dall’altro) contrasta dunque con il fatto che i presupposti e gli effetti di alcuni di tali strumenti sono comuni alla liquidazione giudiziale e ciò, per ragioni di coerenza, ragionevolezza e parità di trattamento, comporta la necessità che anch’essi siano assoggettati al regime fiscale previsto dalla procedura”. 

Proseguendo nell’esame dell’art. 183, il comma 4 prevede, per le imprese individuali e per le società di persone, che la differenza tra il “residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa” è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell’imprenditore o dei soci compresi nella liquidazione giudiziale ovvero nella liquidazione coatta amministrativa ed è aumentata dei debiti personali dell’imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore. 

Il quinto comma prevede che le disposizioni di cui ai precedenti commi (reddito di impresa riferito ai periodi ante e post apertura procedura, determinazione avanzo attivo e patrimonio netto all’inizio del procedimento ecc) relative alle procedure di liquidazione giudiziale e di liquidazione coatta amministrativa si applicano anche: 

– alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi avente natura liquidatoria; 

– al concordato preventivo e al concordato minore da cui discende l’estinzione dell’impresa e della società; 

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– al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 25 sexies del D.Lgs. n. 14/2019; 

– agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai piani di ristrutturazione soggetti a omologazione aventi natura liquidatoria alla condizione che comportino l’estinzione dell’impresa o della società. 

Considerazioni 

L’indicazione normativa ha il pregio di individuare quelli che, per il legislatore sono da ritenersi istituti liquidatori che determinano l’estinzione dell’impresa. 

Va peraltro ricordato che la legge delega ne inquadra la tipologia precisando che dal ricorso a tali procedure debba discendere l’estinzione dell’impresa debitrice. 

La relazione illustrativa al disegno di legge delega per la riforma tributaria così recita sul tema: 

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in particolare, al comma 1, lettera a) numero 1), in considerazione della introduzione di nuovi istituti nell’ambito del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, viene previsto un regime di tassazione del reddito delle imprese differenziato a seconda che l’impresa acceda a uno degli istituti liquidatori ovvero di risanamento previsti dal medesimo codice. L’individuazione, ai fini fiscali, della natura liquidatoria di una procedura va operata non sulla base della qualificazione di quest’ultima, desumibile dal codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, ma in funzione del fatto che da essa derivi l’estinzione dell’impresa debitrice”. 

Considerata la stringente indicazione contenuta nell’art. 9 della legge delega e cioè “estinzione dell’impresa” nel senso dell’annullamento della stessa, (si veda, a completamento del concetto, l’art. 2495 cc “cancellazione della società”) l’individuazione degli istituti prettamente liquidatori si restringe molto. Di conseguenza possono, secondo chi scrive (sulla base della norma richiamata), classificarsi come tali: 

– la liquidazione giudiziale ex art. 121 e ss. CCII; 

– la liquidazione cotta amministrativa ex art. 293 e ss. CCII; 

– la liquidazione controllata nel sovraindebitamento ex art. 268 e ss. CII; 

– concordato preventivo liquidatorio ex comma 4, art. 84 CCII; 

– concordato minore liquidatorio ex art. 74, comma 2, CCII; 

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– concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio ex art. 25 sexies e septies

– l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi prettamente liquidatoria. 

Non vengono considerati, rispetto alla elencazione che precede e rispetto alla legge delega i seguenti istituti che potrebbero avere finalità liquidatoria o anche di risanamento con trasferimento dell’azienda a terzi: 

–  concordato preventivo in continuità indiretta ex art. 84, comma 2, CCII; 

–  accordi di ristrutturazione dei debiti nelle varie versioni: ordinari, agevolati, a efficacia estesa e con intermediari finanziari di cui agli artt. 57-60-61 e 61, comma 5 CCII; 

–  piani di ristrutturazione soggetti ad omologa ex art. 64 bis CCII; 

– concordato nella liquidazione giudiziale ex art. 240 CCII; 

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– concordato nella liquidazione coatta amministrativa ex art. 314 CCII (riferimento all’art. 240 CCII); 

– amministrazione grandi imprese in crisi; 

– piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII. 

Con riferimento all’ultimo istituto si è a conoscenza delle differenze interpretative circa la possibilità che detto strumento possa avere natura liquidatoria. A confronto della posizione assunta si ricorda che nei “Principi di attestazione dei Piani di Risanamento” a cura del CNDCEC del 16/12/2020 è espressamente previsto (CF2 pag. 42 punto 6.1.5) il piano liquidatorio. 

Nell’ambito di tale elencazione, dall’esame delle norme si evidenzia come tali istituti possano, a seconda della impostazione/evoluzione della procedura, assumere l’una o l’altra classificazione. 

Di conseguenza stando alla legge delega si dovrebbe verificare in tali ipotesi, l’evoluzione della procedura, nel senso di controllare de vi è stata o necessita l’estinzione dell’impresa. 

Sempre il comma 5 definisce la data di effetto della procedura o del diverso istituto a cui l’impresa viene assoggettata; tale elemento è di grande rilievo posto che chiarisce, definendoli, i termini di decorrenza della procedura. 

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Tale specifica indicazione normativa è di grande rilievo posto che nel vigente regime fiscale spesso non era chiarito tale riferimento. 

In tale senso, ai fini dell’applicazione di quanto precede, di seguito, per evitare le incertezze di cui si è detto, si delineano le date di effetto della procedura quanto alla sua decorrenza ai fini fiscali: 

– sentenza di apertura della liquidazione giudiziale; 

– procedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa; 

– iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo liquidatorio (ex art. 40, comma 3, CCII); 

– presentazione della domanda di concordato minore di cui all’art. 76 CCII; 

– pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso per la richiesta di omologazione del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (ex art. 25 sexies, comma 2, CCII); 

– sentenza di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti avente natura liquidatoria; 

– iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso al piano di ristrutturazione soggetto ad omologa ex art. 64 bis CCII avente natura liquidatoria. 

– decreto di apertura della procedura di amministrazione delle grandi imprese in crisi aventi natura liquidatoria. 

Dalla bozza della relazione accompagnatoria: 

Il novellato art. 183 del TUIR stabilisce dunque che, relativamente ai suddetti istituti liquidatori, alle date di effetto testé indicate ha inizio un unico maxi-periodo che si conclude con il completamento della fase esecutiva della procedura o dell’istituto di soluzione della crisi, il cui risultato è costituito, anche per le imprese che applicano il regime di contabilità semplificata, dalla differenza fra il valore fiscalmente riconosciuto dall’eventuale residuo attivo esistente alla data di chiusura di tale periodo e il valore fiscalmente riconosciuto del patrimonio esistente all’inizio della procedura; di conseguenza non assumono rilevanza reddituale i componenti positivi e negativi discendenti dagli ordinari criteri di determinazione del reddito d’impresa. Inoltre, allo scopo di evitare salti d’imposta, viene espressamente precisato il principio, peraltro già insito nel sistema, in base al quale i valori del patrimonio netto iniziale sono da intendersi riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi solo se e nella misura in cui i componenti reddituali relativi agli elementi da cui tale patrimonio è formato hanno concorso alla formazione del reddito imponibile nei periodi d’imposta anteriori all’apertura del procedimento concorsuale. È stato infine precisato che non concorrono a formare il residuo attivo i valori riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi degli eventuali apporti eseguiti dal titolare dell’impresa individuale, dai soci della società sottoposte a tali procedimenti o da terzi eseguiti successivamente all’apertura degli stessi”. 

Considerazioni 

Con le indicazioni che precedono viene di fatto abrogata la disposizione del comma 5 dell’art. 86 TUIR che prevede l’esclusione della tassazione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento in caso di cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo. 

Si ricorda che la norma in vigore aveva creato a livello interpretativo non poche problematiche con riferimento a considerare se la stessa facesse riferimento alla “cessione dei beni ai creditori” (cessio bonorum) o alla cessione liquidatoria per vendite a terzi. 

Dopo un’iniziale interpretazione restrittiva, la Corte di Cassazione prima, con la sentenza n. 5112 del 4 giugno 1996, poi l’Agenzia delle Entrate, con la ris. n. 29 del 1° marzo 2024, hanno chiarito l’ambito applicativo della norma, affermando che il precetto si riferisce sia alla cessione di cui all’istituto privatistico previsto dagli artt. 1977 e seguenti cod. civ. (cessione come mezzo per attribuire agli organi della procedura la legittimazione a disporre dei beni della procedura), sia alle plusvalenze/minusvalenze realizzate in sede di vendita a terzi dei beni della procedura, comprese rimanenze e avviamento, con ciò assorbendo anche la cessione di azienda. 

Con il comma in esame (comma 5, nuovo art. 183) come osservato viene di fatto abrogata la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 86 TUIR essendo il trattamento previsto assorbito dai “nuovi” criteri di determinazione del reddito stabilito dal nuovo art. 183 che trova, come osservato, applicazione anche relativamente alle succitate procedure. 

In prosieguo si approfondiranno altre tematiche connesse all’art. 86 TUIR. 

Il sesto comma prevede che in caso di concordato preventivo di cui all’art. 84 del CCII (norma che regolamenta sia il concordato preventivo in continuità che quello liquidatorio), in caso di concordati proposti nell’ambito della liquidazione giudiziale e della liquidazione coatta amministrativa, di concordato minore di cui all’art. 78 CCII e dei concordati proposti nella amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ove sia prevista l’attribuzione a uno o più amministratori di beni, diritti, aziende o rami di esse, e debiti dell’ impresa debitrice, il valore di tali beni, diritti, aziende o rami aziendali e debiti dell’impresa debitrice, è attribuito all’assuntore in base ai relativi valori riconosciuti ai fini delle imposte dirette in capo all’impresa debitrice, aumentato dell’eventuale ulteriore onere sostenuto dall’assuntore. 

Considerazioni 

Novità di rilievo è quella che prevede, nel caso in cui l’attribuzione a un assuntore delle attività e passività dell’impresa debitrice costituisca una azienda o un ramo di azienda che le posizioni soggettive incluse le perdite dei periodi di imposta precedenti (in cui il debitore era in procedura) sono attribuite all’assuntore, agli assuntori in proporzione al valore contabile della azienda o dei rami di azienda trasferiti a ognuno di essi individuando tale valore come differenza tra il valore contabile dell’attivo e quello del passivo. 

Necessita chiarire cosa intenda il legislatore per posizioni soggettive: sul tema in ambito scissione si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate con risoluzione n. 91/E/2002 affermando che per posizioni soggettive: 

“… il legislatore ha indubbiamente inteso ricomprendere, entro la sfera di applicazione della norma, ogni situazione giuridica attiva e passiva generata dalla normativa sulle imposte dirette in capo alla scissa e cioè non solo i crediti e i debiti d’imposta di questa società, ma anche tutte quelle situazioni di potere e di dovere che avrebbero spiegato effetto nell’attività di misurazione del reddito della scissa nei periodi d’imposta successivi alla scissione”. 

Per quanto attiene al riporto delle perdite sono posti alcuni limiti e precisamente: tale riporto è consentito nel limite dei redditi futuri risultanti dal piano economico finanziario che l’assuntore deve a tal fine predisporre con attestazione rilasciata da professionista indipendente. 

Viene precisato che “resta ferma l’applicazione dell’art. 10 bis della legge 27/7/2012 n. 202 ove ne ricorrano i presupposti”. Si ricorda che la norma richiamata tratta della “disciplina dell’abuso del decreto o clausola fiscale”. 

Il comma 7 è intervenuto per colmare una lacuna presente nell’attuale art. 183 TUIR: è infatti previsto che, nel caso in cui, successivamente alla chiusura di una delle procedure liquidatorie sopra citate, dette imprese riprendono l’attività (esercizio impresa), con effetto dal giorno successivo alla chiusura della procedura, il reddito da essa prodotto è determinato, in regime di continuità dei valori fiscali, in conformità alle disposizioni del TUIR sul reddito d’impresa, con esclusione della perdita eventualmente formatasi nel periodo compreso tra l’apertura e la chiusura della procedura concorsuale. 

Viene normativamente confermato che la liquidazione giudiziale non produce la cessazione dell’attività di impresa e la produzione di un reddito diverso da quello di impresa ma solo l’applicazione di un diverso criterio di determinazione del reddito rispetto alla fase liquidatoria. 

Considerazioni 

La relazione evidenzia un esempio a chiarificazione del concetto: “… è pertanto del tutto naturale che, ove a seguito della chiusura della liquidazione giudiziale -ad esempio discendente dall’omologazione del concordato proposto nell’ambito della stessa- l’attività proseguisse, il reddito debba essere successivamente determinato secondo i criteri ordinari e in regime di continuità sulla base dei valori fiscalmente riconosciuti dei beni residuati, non avendo essi subito, per effetto della procedura alcuna modificazione”. 

Art. 183 bis TUIR 

È norma nuova introdotta per regolamentare la determinazione del reddito per i soggetti sovraindebitati. 

È previsto che in caso di liquidazione controllata di cui agli articoli 268 e seguenti del D.Lgs. n. 14/2019 il reddito del professionista, del consumatore, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al D.L. 18/10/2012 n. 179 convertito con modificazioni dalla L. n. 221/2012, nei confronti dei quali si è aperta la procedura in esame, rilevano due distinti periodi interessati dalla determinazione del reddito: 

Periodo ante: compreso tra l’inizio dell’esercizio in cui viene emessa la sentenza di apertura di cui all’art. 270 CCII e la data della sentenza stessa. Per tale periodo il reddito è determinato secondo la rispettiva categoria reddituale. 

Periodo post: compreso tra la data della sentenza di apertura e quella di chiusura della procedura rispettivamente artt. 270 e 276 CCII, quale ne sia la durata, anche se vi è stato esercizio provvisorio. Per tale periodo il reddito è determinato dalla differenza tra il residuo attivo, determinato a valori fiscalmente rilevanti, alla chiusura della procedura e il patrimonio netto da liquidare sempre esistente all’inizio del procedimento, anch’esso individuato a valori fiscalmente rilevanti. 

Per i contribuenti per i quali si applica l’imposta sulle società, per il periodo cosiddetto “ante” il reddito si determina sulla base delle ordinarie disposizioni; per il periodo “post”, riferito a unico periodo di imposta, anche se vi è stato esercizio provvisorio, il reddito è determinato sulla base della differenza tra il residuo attivo, determinato a valori fiscalmente rilevanti e il patrimonio netto da liquidare all’inizio del procedimento, determinato anch’esso in base a valori fiscalmente riconosciuti. 

Particolarità rilevano per l’individuazione del residuo attivo e del patrimonio netto a seconda dei soggetti sovraindebitati.
Art. 86, comma 5, TUIR 

Va ricordato, come in precedenza osservato, che per la procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, la nuova norma di fatto abroga quanto previsto dal comma 5, essendo il conseguente trattamento assorbito dal novellato art. 183 TUIR che prevede, per il periodo concorsuale (unico maxi periodo) che il reddito venga determinato per differenza tra il residuo attivo a fine procedura e il patrimonio netto determinato all’inizio del procedimento a valori fiscalmente rilevanti. 

Novità di interesse rileva dà indicazioni tratte dalla bozza della relazione accompagnatoria. 

In detto documento si prevede che, al fine di non ostacolare il risanamento delle imprese in crisi, è stata introdotta nel comma 5 dell’art. 86 TUIR una disposizione in base alla quale le plusvalenze conseguite dalle imprese assoggettate a procedure concorsuali non liquidatorie (che non determinano l’estinzione dell’impresa), ovvero che hanno fatto ricorso all’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 57 CCII omologato dal tribunale, o alla composizione negoziata della crisi conclusasi con una delle soluzioni previste dal comma 1 dell’art. 23 CCII: 

(“a) concludere un contratto, con uno o più creditori oppure con una o più parti interessate all’operazione di risanamento, che produce gli effetti di cui all’articolo 25-bis comma 1, se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’articolo 17, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; b) concludere la convenzione di moratoria di cui all’articolo 62; c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori aderenti e dalle altre parti interessate all’operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché e dall’esperto che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324. Con al sottoscrizione dell’accordo l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza”) 

possono concorrere a formare il reddito, oltre che per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate, in quote costanti in tale esercizio e in quelli successivi, ma non oltre il nono, purché siano previste dal piano di risanamento depositato a norma di legge nell’ambito delle suddette procedure e dei suddetti istituti e siano strumentali rispetto al risanamento patrimoniale e finanziario dell’impresa che le realizza (Strumentalità riferita ai beni interessati dal piano di risanamento). 

Art. 88 TUIR 

Le sopravvenienze attive da esdebitazione sono attualmente disciplinate dall’art. 88 e precisamente: 

– dal comma 4 ter primo periodo dove si riconosce la totale irrilevanza fiscale di tali sopravvenienze in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti; 

– dal comma 4 ter secondo periodo e seguenti in cui si stabilisce, in caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, di piano attestato di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) della legge fallimentare, la parziale irrilevanza fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitazione, in quanto limitata all’ammontare che eccede l’importo complessivo delle perdite fiscali pregresse e di periodo, delle eccedenze di interessi passivi e delle eccedenze “ACE” riportabili in avanti. 

Questa disposizione non contiene alcun riferimento agli istituti introdotti dal CCII e ciò ha originato incertezze interpretative circa la loro estensione a detti istituti. 

La novità normativa prevede modifiche al comma 4 ter primo periodo conservando l’attuale distinzione tra sopravvenienze attive totalmente detassate e sopravvenienze detassate solo per la parte eccedente le perdite pregresse e di periodo ex art. 84 TUIR (a seguire si veda norma) evidenziando differenze tra sopravvenienze attive conseguite da imprese destinate all’estinzione (liquidatorie) rispetto a imprese che continuano a operare (procedure che non determinano l’estinzione dell’impresa). 

La norma di cui al comma in esame trova applicazione, secondo le indicazioni della relazione “con riguardo alla liquidazione giudiziale, alla liquidazione coatta amministrativa, alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi avente natura liquidatoria, al concordato preventivo e al concordato minore da cui discende l’estinzione dell’impresa o della società, al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 25 sexies CCII, agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai piani di ristrutturazione soggetti ad omologa aventi natura liquidatoria, in quanto comportano l’estinzione dell’impresa o della società”. 

Disciplina analoga è prevista per le sopravvenienze attive di cui all’esdebitazione ex artt. 282 e 283 CCII nel caso in cui il soggetto sovraindebitato determini il reddito sulla base della normativa di cui al capo VI del TUIR alla condizione che ne derivi l’estinzione dell’impresa. 

In tali casi le sopravvenienze attive non rilevano fiscalmente, anche considerando che le procedure elencate determinano il reddito di periodo ai sensi dell’art. 183 TUIR (differenza fra residuo attivo e patrimonio netto all’inizio del procedimento a valori fiscalmente rilevanti). 

Con riferimento al comma 4 ter secondo periodo la novella prevede che, nel caso di istituti non liquidatori a cui non si applicano le previsioni di cui all’art. 183 TUIR, non costituiscono sopravvenienze attive per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84, senza considerare a ogni fine (cioè anche in relazione all’utilizzo delle perdite pregresse) il limite dell’ottanta per cento stabilito da tale norma, la perdita di periodo e l’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell’articolo 96 del presente testo unico. 

Vengono previste alcune specifiche indicazioni. 

Relativamente alla composizione negoziata della crisi di cui agli artt. 12 e seguenti del CCII e del piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII per i quali istituti non rileva procedimento di omologazione, viene previsto che la detassazione delle sopravvenienze attive si applica a condizione che entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale vengono sottoscritti, gli accordi siano pubblicati nel Registro Imprese il contratto o l’accordo ex art. 23, comma 1, lettere a) b) c), gli accordi di cui all’art. 23, comma 2, lett. b) CCII, ovvero i documenti indicati nel comma 4 dell’art. 56 CCII. 

Infine specifica disposizione viene introdotta per disciplinare il trattamento delle sopravvenienze attive da esdebitazione nel caso di concordato con assuntore di cui al comma 6 dell’art. 183 TUIR per precisare che in tale situazione sono applicabili le disposizioni previste per gli istituti che non comportano l’estinzione dell’impresa. 

Considerazioni 

Dell’importanza che il legislatore con urgenza emetta la legge delegata, la si rinviene da una recentissima risposta a interpello, la n. 179 del 7/7/2025 con cui l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il regime di favore previsto dall’art. 88, comma 4 ter, TUIR non si applica alle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti derivanti da concordato semplificato di cui agli artt. 25 sexies e 25 septies del D.Lgs. n. 14/2019 considerato la mancanza di specifiche disposizioni normative [In attesa dell’attuazione del citato articolo 9 (L. 111/2023) non può essere ammessa alcuna interpretazione in via estensiva del contenuto dell’art. 88, comma 4 ter, citato]. 

Art. 101, comma 5, TUIR 

L’attuale previsione prevede la presenza automatica degli “elementi certi e precisi”, costituenti il presupposto per la deduzione delle perdite su crediti, quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali oppure quando ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o ha pubblicato nel Registro delle Imprese un piano attestato di risanamento di cui all’art. 67 della legge fallimentare o è assoggettato a procedure estere equivalenti. 

Questa disposizione non contiene alcun riferimento agli istituti introdotti dal CCII e ciò ha originato interesse interpretativo circa la loro estensione a detti istituti. 

Viene prevista, in ossequio alla legge delega, la deducibilità delle perdite su credito, (a favore del creditore) se il debitore ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti disciplinati dal D.Lgs. n. 14/2019 (CCII) o a procedure estere equivalenti, previste in stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni. 

Con riferimento al momento dal quale la perdita rileva viene statuito, con indicazione delle singole procedure, che la stessa è deducibile: 

– se riferita alla liquidazione giudiziale dalla data della sentenza di apertura della liquidazione; 

– se riferita alla liquidazione coatta amministrativa, dalla data del provvedimento che la dispone; 

– se riferita alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, dalla data di accesso alla procedura; 

–  se riferita alla procedura di concordato preventivo, dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di assunzione della procedura; 

– se riferita all’accordo di ristrutturazione dei debiti o al piano attestato di ristrutturazione soggetto ad omologa, dalla data di omologazione dell’accordo ovvero dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso alla procedura; 

– se riferita al piano attestato di risanamento dalla data certa degli atti e dei contratti di cui al comma 5 dell’art. 56 CCII (gli atti unilaterali e i contratti posti in essere in esecuzione del piano devono essere provati per iscritto e avere data certa); 

– se riferita al contratto o all’accordo di cui all’art. 23, comma 1, lett. a) b) c) CCII (composizione negoziata) dalla data certa di tali atti; 

– se riferita al concordato semplificato di cui all’art. 25 sexies CCII dalla data di pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso di cui al comma 2 del detto articolo; 

– se riferita al concordato minore dalla data di presentazione della domanda di cui all’art. 76 CCII (presentazione della domanda tramite OCC; anche in questo caso dovrà rilevare data certa); 

– se riferita alla ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 e seguenti CCII, dalla data di pubblicazione della proposta ai sensi dell’art. 70 CCII; 

– se riferita alla liquidazione controllata dei soggetti sovraindebitati ex art. 268 CCII dalla data della sentenza di apertura della procedura ex art. 270 CCII. 

Analoghe disposizioni si applicano nel caso in cui il debitore sia stato assoggettato a istituti di diritto estero equivalenti a quelli richiamati. 

Si osserva come l’equivalenza non è facile da individuare. 

Pregio della disposizione è quello di avere definito con chiarezza la decorrenza rispetto ai vari istituti di gestione della crisi di cui al CCII. 



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