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Competenze digitali, i fondi Ue non bastano: strategie per accelerare


L’Unione Europea ha compiuto sforzi colossali, mobilitando decine di miliardi di euro dal 2020 per rafforzare le competenze digitali dei cittadini e costruire un capitale umano resiliente di fronte alle trasformazioni particolarmente intense e rapide del mercato del lavoro (impatti post-Covid, impatti dell’IA, ecc.).

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Investimenti europei per le competenze digitali

Dal FSE+ al programma Digital Europe, passando per l’ambizioso Patto per le Competenze, l’obiettivo è chiaro: ampliare l’upskilling, favorire l’inclusione e rispondere ai bisogni di un’economia sempre più digitalizzata. Ma questa mobilitazione di capitali senza precedenti è davvero all’altezza delle sfide?

L’Ue ha puntato molto sul periodo 2021-2027, destinando oltre 30 miliardi di euro allo sviluppo delle competenze digitali. Il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) guida con oltre 15 miliardi di euro dedicati all’apprendimento degli adulti e alle competenze digitali di base. Il programma Digital Europe, con 7,5 miliardi di euro, mira a sviluppare competenze avanzate in intelligenza artificiale, cybersicurezza e calcolo ad alte prestazioni, senza trascurare le PMI e i settori strategici.

A questi si aggiungono i finanziamenti post-Covid del Recovery and Resilience Facility (RRF) e del REACT-EU, oltre a iniziative settoriali come le accademie europee in IA e quantistica e le azioni della Digital Skills and Jobs Coalition, che ha già raggiunto 20 milioni di beneficiari.

I punti di forza di questo approccio sono evidenti: un’ampia copertura, per età e profilo, un approccio “lifelong learning”  che punta all’inclusione di donne, anziani, popolazioni rurali e persone con disabilità. Inoltre, la cooperazione tra Stati membri, imprese, ONG e università è migliorata.

Tuttavia, restano diverse aree da migliorare. Come spesso accade, la molteplicità degli strumenti rende difficile l’accesso, in particolare per le PMI e per i gruppi più vulnerabili, che spesso non sono neanche sensibilizzati all’importanza della formazione digitale. Inoltre, il riconoscimento delle micro-certificazioni tra paesi resta insufficiente, e la formazione degli insegnanti, soprattutto nella scuola primaria e secondaria, è ancora un punto debole del sistema, limitandone l’impatto sulle future generazioni. È fondamentale che il sistema educativo europeo diffonda una vera cultura digitale fin dall’infanzia. Questo è importante non solo per la vita lavorativa futura dei giovani, ma anche per il loro ruolo di cittadini europei.

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L’impatto sul mercato del lavoro: progressi ma a ritmi troppo lenti

L’Unione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi per il 2030: 80% degli adulti con competenze digitali di base e 20 milioni di specialisti ICT. A metà percorso, dove siamo?

Nel 2024, solo il 56% degli adulti dell’UE possiede competenze digitali di base, un progresso minimo rispetto al 2023 (55,6%). Le differenze tra Stati membri sono marcate: i tassi più alti si registrano nei Paesi Bassi (83%) e in Finlandia (82%), mentre diversi paesi dell’Europa centrale e orientale restano ben sotto la media.

Per quanto riguarda l’occupazione, il numero di specialisti ICT si attesta a circa 10 milioni nel 2023, pari al 5% della forza lavoro europea, ancora lontano dall’obiettivo. Anche qui, le disparità sono forti: Svezia, Lussemburgo e Finlandia superano l’8%, mentre Grecia e Romania sono ferme tra il 2,4% e il 2,6%. Inoltre, solo il 19% di questi specialisti sono donne (dato 2024).

Il ritmo attuale non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi del decennio digitale. Occorre rafforzare l’azione collettiva, investire di più nell’educazione e nella formazione continua, e puntare su gruppi sotto-rappresentati (donne, anziani, aree rurali). In quest’ottica, la nostra piattaforma online offre a tutti l’opportunità di formarsi su cultura digitale, IA generativa, gestione dei dati e trasformazione digitale.

Tra i successi concreti del piano europeo si possono citare il Patto per le competenze, che ha già consentito la riqualificazione professionale di 2 milioni di lavoratori, e la Digital Skills and Jobs Coalition, che ha creato 39.000 posti di lavoro digitali. L’occupabilità dei giovani formati sta migliorando, e alcuni casi di riconversione professionale, come nella metallurgia in Portogallo, sono esempi molto positivi. È un buon inizio.

Tuttavia, i progressi sono troppo lenti: al ritmo attuale, solo il 60% degli adulti avrà competenze digitali di base entro il 2030, statistica molto lontana dal traguardo previsto. Inoltre, la sottorappresentazione femminile (1 donna su 6 lavora nel digitale) e le disparità territoriali, in particolare nelle zone rurali, persistono. La carenza di competenze digitali è ancora un ostacolo all’investimento per il 70% delle aziende, limitandone la competitività a livello internazionale.

Disallineamento tra formazione e domanda digitale

Nonostante investimenti storici, l’efficacia delle azioni resta sorprendentemente limitata. La frammentazione dei sistemi educativi nazionali e il mancato allineamento al quadro DigComp generano confusione. Si osserva anche un forte disallineamento tra l’offerta formativa di università e enti professionali che, con poche eccezioni, faticano a includere competenze avanzate in IA, cybersicurezza o data analysis e la domanda reale delle imprese.

A ciò si aggiunge una carenza generale di soft skills digitali: pensiero algoritmico, spirito critico, consapevolezza della sicurezza informatica sono ancora troppo poco sviluppati. Infine, l’assenza di un quadro armonizzato per il riconoscimento di micro-certificazioni e badge digitali ne ostacola l’adozione e la valorizzazione su scala europea.

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Strategie per migliorare le competenze digitali

Per trasformare questi sforzi in successi reali, l’Unione Europea deve attivare diverse leve strategiche.

È essenziale semplificare la governance istituendo sportelli unici nazionali o settoriali che rendano l’accesso ai finanziamenti e all’informazione molto più agevoli di quanto non lo siano attualmente.

Parallelamente, occorre accelerare il riconoscimento delle competenze lanciando senza indugio il “Certificato europeo delle competenze digitali” e armonizzando i micro-credential in tutta l’Unione.

Un investimento massiccio nel miglioramento delle competenze degli insegnanti, in particolare dalla scuola primaria alla secondaria, costituisce una leva importante, eppure ancora poco sfruttata per formare efficacemente le future generazioni.

L’UE deve inoltre rafforzare l’inclusione, moltiplicando gli incentivi per le donne, le popolazioni rurali e gli anziani, e sviluppando dispositivi di mentoring su misura.

Manca anche un approccio di democratizzazione massiva dei saperi digitali fondamentali. Questo potrebbe far leva su media a forte impatto europeo come Arte, ad esempio, realizzando contenuti adattati ai consumi attuali: programmi televisivi, riproposti in serie web, clip per i social media, ecc.
Infine, è imperativo aumentare l’agilità dei percorsi universitari, favorendo un rapido adattamento dei programmi in stretta collaborazione con le imprese, e migliorare il monitoraggio e la valutazione armonizzando gli indicatori d’impatto su scala europea per adeguare le politiche in tempo reale.

Anche in questo ambito, NEOMA, con l’implementazione della partnership con Mistral AI, mira a dare il proprio contributo a questo approccio profondamente ecosistemico e ad alto impatto per il tessuto economico.

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Una governance digitale da rafforzare

I fondi europei hanno senza dubbio dato vita a un’offerta formativa digitale senza precedenti, sia per volume che per varietà. Tuttavia, la complessità degli strumenti, il disallineamento con la domanda del mercato e le disuguaglianze territoriali e di genere ne limitano l’impatto reale nell’Unione Europea.

Sarebbe utile semplificare la governance, armonizzare il riconoscimento delle competenze e rafforzare la formazione degli educatori per garantire da subito l’innalzamento delle competenze delle future generazioni. Solo così i miliardi investiti potranno trasformarsi in un vero capitale umano digitale e inclusivo, in grado di proiettare l’Europa nell’era digitale.



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