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Agroindustria piemontese, la Granda ancora protagonista. Rincari e mancanza di competenze tra le maggiori preoccupazioni – Lavocedialba.it


Cuneo si conferma ancora protagonista della scena agroindustriale piemontese, trainando con forza l’economia regionale. Con quasi un miliardo di euro di valore derivante da produzioni DOP e IGP, la provincia si piazza al primo posto in Piemonte per impatto economico del settore, superando Asti e Alessandria. Il vino rappresenta oltre tre quarti di questo valore, ma non mancano eccellenze anche nei formaggi, nei mangimi e nei dolciumi. In particolare, la produzione di cioccolato, caramelle e farine vede la Granda tra le aree più specializzate a livello nazionale.

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Un terzo delle aziende coinvolte nell’indagine condotta congiuntamente da Intesa Sanpaolo e Confindustria Piemonte tra maggio e giugno ha sede proprio a Cuneo. Oltre 300 le imprese piemontesi del settore agroindustria iscritte a Confindustria che hanno risposto all’indagine, i cui risultati sono stati presentati da Romina Galleri, economista del Research Department di Intesa Sanpaolo, e che ha visto il coinvolgimento complessivo di imprese che occupano 2.800 addetti.

Ad aprire il momento di approfondimento nella sede degli industriali cuneesi sono stati i saluti di Pier Giorgio Mollea della Sezione Agroalimentare di Confindustria Cuneo: “I dati dell’indagine confermano quanto il settore agroindustriale sia strategico per l’economia piemontese e, in particolare, per il Cuneese. La qualità, in cui Cuneo è la prima provincia per impatto economico, con un valore di oltre 970 milioni di euro legato alle produzioni certificate, insieme alla diversificazione e alla capacità di presidiare i mercati esteri, rappresenta una leva fondamentale per la competitività. Le imprese chiedono però sostegno concreto per affrontare costi energetici, dazi, carenza di competenze e incertezze normative. Come Confindustria Cuneo vogliamo continuare a essere un punto di riferimento per accompagnare le aziende in questo percorso, mettendo a disposizione strumenti, visione e relazioni».

Si tratta di realtà con una forte identità territoriale – molte nate prima del 1980 – ma sempre più aperte a nuovi scenari. La metà è parte di gruppi strutturati e consorzi di tutela, e quasi una su cinque ha assunto la forma giuridica di società benefit, confermando un’attenzione crescente all’impatto sociale e ambientale. Il tessuto imprenditoriale si compone in larga parte di aziende medio-grandi, ma anche le micro e piccole imprese mostrano un dinamismo sorprendente, soprattutto sul fronte dell’export.

Non mancano però le difficoltà. A preoccupare quasi i due terzi di queste imprese è il costo delle materie prime e dell’energia, seguito dal peggioramento della domanda interna; più di un terzo teme invece i dazi, e circa il 30% sono quelle preoccupate dai cambiamenti climatici. Tra le imprese intervistate, quasi 9 su 10 esportano. Il 35% delle imprese medio-grandi realizza oltre il 50% del suo fatturato fuori Italia, mentre i due terzi delle micro -piccole realizza meno del 10% del fatturato all’estero. Per fare ancora meglio nei processi di internazionalizzazione le imprese indicano la partecipazione a fiere, puntando anche al supporto di Sace e Ice; la qualità dei prodotti Made in Italy è un fattore di ulteriore sostegno. D’altra parte, le imprese sono frenate dall’instabilità geopolitica, dalle condizioni fiscali/burocratiche e dai costi di trasporto. Le strategie variano a seconda delle dimensioni: diversificazione dei mercati di sbocco e innovazione tecnologica più indicate dalle imprese medie-grandi; diversificazione dei prodotti e investimenti in capitale umano/competenze più indicati dalle micro-piccole. Alta l’attenzione per le tematiche ambientali, per la digitalizzazione e per l’utilizzo di tecnologie 4.0, favorite anche dall’ingresso di giovani nelle posizioni apicali.

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Le strategie green sono ormai parte integrante dei piani aziendali: dal riciclo dell’acqua all’adozione di tecnologie a basso impatto ambientale, fino alla riduzione degli imballaggi e alla produzione da fonti rinnovabili. Sul piano digitale, tra le maggiori tecnologie adottate dalle imprese risultano sito web e social media, ma tra le medio grandi si affidano anche tecnologie ERP – Enterprice Resource Planning e MES _ Manufactoring Execution System, strumenti evoluti come cloud computing, robotica, intelligenza artificiale e sistemi di tracciabilità.

Ma il capitale umano resta al centro, le figure più richieste sono operai specializzati, tecnologi alimentari, esperti in marketing e professionisti con competenze digitali e ambientali. Nonostante le criticità del contesto, l’ottimismo prevale. Più di un’impresa su tre prevede di chiudere il 2025 con un incremento del fatturato e circa il 29% punta a rafforzare gli investimenti.

Marco Brugo Ceriotti, presidente della Commissione Agroalimentare Confindustria Piemonte, nel suo intervento dedicato all’agroindustria in transizione e le priorità delle imprese ha spiegato: “Guardando avanti, il 2025 ci offre ottime prospettive con previsioni positive sia per fatturato che per investimenti. Non dobbiamo lasciare che l’incertezza ci blocchi, ma trasformare ogni sfida in uno stimolo verso maggiore efficienza e competitività. In questo senso le nuove generazioni rappresentano un’opportunità preziosa che dobbiamo valorizzare per portare nuove idee, energie e innovazione. Solo un’azienda su quattro ha dichiarato di aver adottato un componente under 40 nel board dirigenziale: si tratta di un dato che meriterebbe di essere potenziato”.

I lavori della mattinata hanno trovato la conclusione con la tavola rotonda dal titolo “Dal dato alla strategia” che ha coinvolto: Silvio Barbero (presidente Comitato Tecnico Scientifico Accademia Agrifood), Daniela Caracciolo (vicedirettore Direzione Agricoltura Regione Piemonte), Paola Lanzavecchia (presidente Sezione Vini e Liquori Confindustria Cuneo), Rossella Riva (Confindustria Piemonte – CHEDIH), Massimo Spertino (amministratore delegato Ferrero Mangimi – Gruppo Chiola), Giuseppe Tecco (titolare Agrindustria Tecco Srl) e Loredana Virdis (responsabile Area Agribusiness Piemonte Nord, Valle d’Aosta e Sardegna – Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo) che ha sottolineato l’impegno della Direzione Agribusiness nel supportare il comparto agroindustriale piemontese, tra i più dinamici e strategici a livello nazionale. La Direzione, rete specializzata a servizio delle imprese italiane della filiera agroalimentare, mette a disposizione strumenti finanziari e consulenziali per favorirne la crescita, la competitività e l’innovazione, con un’attenzione particolare alla sostenibilità, alla transizione digitale e all’internazionalizzazione. A supporto di questo impegno, Intesa Sanpaolo ha stanziato 10 miliardi di euro a favore delle filiere agroalimentari italiane, con soluzioni dedicate alle specificità delle singole produzioni. A chiudere i lavori è stato Giovanni Amateis della Regione Piemonte, dove lavora alla Direzione Competitività del Sistema Regionale, quale Responsabile del Settore Sistema Universitario, Ricerca e Innovazione.

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