Kimap rivoluziona l’accessibilità urbana: un’app italiana che mappa in tempo reale percorsi e luoghi accessibili alle disabilità
Tecnologia, esperienza personale e visione sociale si incontrano nel progetto Kimap, il primo navigatore italiano brevettato per indicare percorsi e luoghi accessibili per persone con disabilità motoria. Ne abbiamo parlato con Armando Dei, presidente e ideatore del progetto, e con Benedetta Paoletti, project manager di Kinoa, lo studio di innovazione che ha sviluppato il sistema
Si tratta di una piattaforma innovativa che consente di tracciare in tempo reale l’accessibilità urbana, pensata soprattutto per chi si muove in sedia a rotelle ma in continua espansione verso ogni forma di disabilità.
Come nasce Kimap?
«L’idea è nata da un problema reale: mi muovo in sedia a rotelle e ho sempre avuto grandi difficoltà nel capire se un percorso fosse accessibile o meno. È un’esperienza che può cambiare la vita. Ho conosciuto il team di Kinoa, che lavorava su un sistema per il monitoraggio degli spostamenti degli sportivi: ho pensato che quella tecnologia potesse servire anche a noi, a chi si muove in carrozzina. Così è nata Kimap.
Il progetto è partito nel 2017, la prima mappa è stata rilasciata nel 2018, e nel 2020 abbiamo depositato il brevetto, accettato nel 2021. Abbiamo l’ambizione di dire di essere stati i primi a sviluppare un’applicazione del genere».
Come funziona la mappatura dei luoghi? Vi basate su contributi degli utenti o su fonti esterne?
«La filosofia alla base di Kimap è che chi si sposta in carrozzina ha la possibilità di identificare e mappare in prima persona i luoghi accessibili. La base è OpenStreetMap, un enorme database open source utilizzato a livello globale, integrato con altre fonti sempre open source. Partiamo da lì, ma la vera forza del sistema è che gli utenti possono integrare, aggiornare e validare i dati. È un modello collaborativo: ogni mappatura può diventare parte di una guida tematica, utile a tutti. L’obiettivo è rendere accessibili le informazioni sull’accessibilità».
Quali sono, a vostro parere, le principali criticità che ostacolano ancora l’accessibilità nelle città italiane? Kimap può aiutare anche le amministrazioni pubbliche a intervenire?
«Sappiamo bene che i problemi che riguardano la sedia a rotelle riguardano anche le mamme con passeggino e tante altre categorie di persone. Con la sedia a rotelle il problema è amplificato: basta un gradino più basso per non poter proseguire il proprio percorso. In realtà, oggi in Italia la situazione non è così drammatica: la sensibilità delle pubbliche amministrazioni è molto migliorata.
Oggi, quando si rifanno i marciapiedi, si tengono in considerazione le rampe, quando si costruisce un nuovo edificio si prevedono già entrate con scivoli le carrozzine stesse sono più performanti grazie ai motori elettrici.
Ma certo i problemi rimangono: nel nostro paese la maggioranza delle città è stata costruita quando il problema della disabilità non era avvertito. Resta fondamentale inoltre il comportamento delle persone: macchine parcheggiate male, cartelli o cestini sui marciapiedi possono rendere un percorso impraticabile.
Collaboriamo con vari comuni per segnalare e migliorare queste situazioni. C’è bisogno di cultura e di sensibilizzazione».
Collaborate con enti pubblici o realtà del terzo settore per promuovere un turismo accessibile?
«Sì, numerose, in particolare con i comuni che devono redigere i PEBA, piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Organizziamo eventi e giornate pubbliche di mappatura partecipata e sensibilizzazione, come è successo recentemente a Cologno Monzese. Lavoriamo anche con diverse associazioni per raccogliere dati e promuovere cultura dell’accessibilità».
Kimap prevede funzioni o sviluppi futuri che possano integrare altre forme di disabilità (sensoriali, cognitive)?
«Assolutamente sì. Recentemente abbiamo integrato informazioni utili anche per persone ipovedenti (come la presenza di strisce pedona li tattili a rilievo e scritte in Braille), e collaboriamo con cooperative come
Consorzio Blu per la produzione di guide in CAA (comunicazione aumentativa alternativa). All’inizio del decennio a Prato abbiamo partecipato a un progetto di mappatura degli esercizi commerciali autismfriendly: esercizi i cui gestori avevano partecipato a corsi di formazione comunali o regionali per la gestione dei clienti autistici».
Qual è il vostro modello di business? Quanti utenti utilizzano Kimap?
«L’app è e resterà gratuita per tutti. L’interesse di Kinoa è anche sociale, oltre che tecnologico. Il progetto cresce grazie a bandi nazionali ed europei, collaborazioni con enti pubblici e riconoscimenti. Abbiamo superato i 6mila utenti attivi: non sono solo numeri, ma persone che contribuiscono alla costruzione di un mondo più accessibile.
La partecipazione è il feedback che cerchiamo. Stiamo lavorando a funzioni aggiuntive, come la possibilità di caricare foto o descrizioni più dettagliate, al fine di rendere l’esperienza sempre più completa e utile».
Come vedete il futuro del turismo inclusivo in Italia? Quale ruolo potrà avere l’innovazione tecnologica?
«La situazione dal nostro punto di vista è positiva e promettente. Un disabile spesso viaggia con più persone, quindi c’è tutto l’interesse a investire sull’accessibilità. Possiamo dire che, se non per la buona volontà, la situazione è destinata a migliorare se non altro per interesse economico.
Le strutture accessibili stanno crescendo ovunque, dai musei al mare. Mancano ancora strutture ricettive che siano effettivamente fruibili per tutti i disabili e tutte le forme di disabilità: è un lavoro importante, ma le basi ci sono.
Lo sviluppo tecnologico è essenziale: pensiamo a come il motore integrato nelle sedie a rotelle abbia migliorato la qualità della vita negli ultimi anni, o alla possibilità di guidare un’auto anche in presenza di disabilità, fino ai joystick personalizzabili in base alla mobilità articolare.
Innovazioni che rispondono non solo ai bisogni primari, ma aprono anche a nuove forme di socializzazione e intrattenimento. È in questo senso che
la tecnologia rappresenta un ponte verso un futuro più inclusivo: basti pensare a una ragazza con la sindrome di Duchenne che, grazie alla sua abilità con i droni, partecipa con successo a competizioni internazionali. Il messaggio che ci preme trasmettere è chiaro: un mondo accessibile è un mondo migliore per tutti, non solo per le persone con disabilità».
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