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Investimenti esteri in aumento del 5%: l’Italia è diventata più attrattiva


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Analisi EY: nel 2024 il nostro Paese in controtendenza rispetto al resto d’Europa (-5%). Stati Uniti ancora primo investitore, ma il loro peso diminuisce. Sale quello della Germania

Il ‘nearshoring’ e alcune misure varate dai governi hanno rafforzato l’appeal dell’Italia. Prova ne è che nel 2024 gli investimenti diretti esteri (Ide) nel nostro Paese sono cresciuti del 5%, con 224 progetti annunciati rispetto ai 214 dell’anno prima. È quanto emerge dalla nuova edizione dell’EY Attractiveness Survey Italy, stando alla quale il dato tricolore è in controtendenza rispetto al contesto europeo, dove si è invece registrato un calo del 5%, che segue l’analoga contrazione del 2023, evidenziando ulteriormente le difficoltà del Vecchio Continente nel rimanere attrattivo per localizzazione di Ide.

Italia settima a livello europeo

L’aumento messo a segno lo scorso anno fa sì che la quota di mercato dell’Italia sia cresciuta al 4,2%, posizionando il Paese al settimo posto della graduatoria europea, due posizioni più avanti rispetto a dodici mesi prima. Tuttavia, sebbene abbiano registrato riduzioni in termini di investimenti diretti esteri, le prime tre economie europee, Francia (-14%), Regno Unito (-13%) e Germania (-17%), continuano comunque ad attrarre la maggior parte dei flussi e continuano a rappresentare il 46% del totale del continente.

Stati Uniti ancora primo investitore

Quanto alla provenienza degli investimenti, gli Stati Uniti restano il primo Paese, ma la loro quota di mercato è scesa dal 19% del 2023 al 16%. A fronte di questo, si è invece rafforzata la provenienza europea degli operatori che investono in Italia, con un notevole incremento dei flussi dalla Germania, la cui quota ha raggiunto il 14% del totale. Seguono la Francia (13%), il Regno Unito (11%) e la Svizzera (9%). Anche in Europa continua l’incremento degli investimenti da parte di capitali regionali, con una crescita della quota di mercato del 5% dal 2015, mentre quella degli Stati Uniti, nello stesso periodo, è diminuita del 6%. Tale tendenza, viene sottolineato nel report, si è ulteriormente accentuata dall’inizio della guerra in Ucraina, dal momento che l’incertezza globale e le nuove priorità hanno riconfigurato i modelli di investimento transfrontaliero.

Nearshoring e semplificazione spingono l’Italia

“Continua il trend di revisione dei flussi di capitali e di riorganizzazione delle catene di fornitura a livello globale, che ha visto il prevalere di logiche di nearshoring e friendshoring; l’Italia, con la sua posizione baricentrica nel Mediterraneo e come natura ponte tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente ha tratto vantaggio da queste tendenze, facendosi trovare pronta”, spiega Marco Daviddi, managing partner EY-Parthenon in Italia. Per l’esperto, negli ultimi anni molto lavoro è stato svolto sullo sviluppo di nuove relazioni diplomatiche ed economiche con Paesi che possono diventare mercati di sbocco dei nostri prodotti, ma anche rilevanti partner commerciali (Giappone, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Sud America, Centro Asia). “E sul fronte della semplificazione amministrativa sono stati fatti rilevanti progressi”, aggiunge.

Nonostante i passi avanti, rimarca però Daviddi, c’è ancora margine di miglioramento per rendere il processo di attrazione più efficace: “Ulteriore semplificazione normativa; riduzione dei costi dell’energia; incentivazione degli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo; promozione della trasparenza e della meritocrazia; rafforzamento del sistema di istruzione e formazione, per preparare studenti e lavoratori alle grandi trasformazioni dei nostri tempi e per accompagnare i lavoratori nel processo di formazione continua, specie nelle tematiche digital, indispensabili per garantire adeguata competitività”.

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Il trend positivo è destinato a continuare

Quanto alle prospettive future, il 51% delle aziende intervistate da EY prevede di investire in Italia nei prossimi dodici mesi. I settori che hanno espresso maggiore interesse si confermano, come per il 2024, i servizi finanziari e l’industria chimico-farmaceutica, con rispettivamente l’83% e il 75%. Le imprese già stabilite in Europa, dove la regione rimane il loro focus principale, sono più propense a pianificare investimenti futuri (59%) rispetto a quelle senza operations nel continente (35%). Inoltre, a differenza di quanto osservato nel passato, i risultati di quest’anno non mostrano più disparità significative tra le grandi aziende (con fatturato superiore a 1,5 miliardi di euro) e le pmi. Infatti, il 56% delle prime ha confermato di voler investire da noi nei prossimi dodici mesi, così come il 54% delle seconde. Le piccole imprese, invece, sono meno inclini (45%).

A livello geografico, si conferma una forte polarizzazione, con gli Ide concentrati principalmente nelle regioni del Nord-Ovest, che ospitano alcuni dei distretti industriali più attrattivi. Nel contempo, l’attrattività dell’area Nord-Est è diminuita, passando a rappresentare il 14% degli investimenti nel Paese dal 20% del 2023. In testa c’è la Lombardia, che ne attira oltre la metà, con il 52% del totale dei progetti. Segue il Piemonte conta 25 progetti, pari all’11%, mentre la Puglia si posiziona al terzo posto con 14 progetti (6%). In calo il Centro Italia, con il Lazio alla guida con 9 progetti, mentre il Sud rimane stabile.

Investimenti più tattici e meno strategici

Per quanto riguarda le funzioni aziendali coinvolte nei processi di investimento mappati nel 2024, i servizi B2B risultano in crescita, mentre gli investimenti in ricerca e sviluppo e nei processi produttivi rimangono stabili. Al contrario, si registra una diminuzione nella logistica, ma emergono segnali positivi per quanto riguarda i data center e gli headquarter. A livello di settori coinvolti, i principali sono i servizi digitali e IT, prodotti industriali e mobilità, servizi professionali che, complessivamente, coprono circa i due terzi del totale, con un numero di progetti complessivo sostanzialmente in linea con il 2023.

“In un contesto di mercato segnato da incertezze geopolitiche e misure protezionistiche, le caratteristiche degli investimenti sembrano adottare un approccio più tattico e meno strategico”, evidenzia Daviddi. Che fa notare come la proporzione tra investimenti per posizionamento sul mercato locale (61%) e investimenti guidati da competenze e professionalità distintive (39%) rimanga comunque stabile. “Anche su questo fronte si deve continuare a lavorare per poter essere in grado di attrarre sempre più investimenti che possano effettivamente portare valore aggiunto per l’Italia”, conclude.

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