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Dazi Usa, l’Italia fa i conti: le regioni più esposte secondo Bankitalia


Trump rinvia al 1° agosto le nuove tariffe doganali, ma l’incertezza pesa sull’export italiano. Ecco le regioni più esposte secondo Bankitalia: Molise, Abruzzo ed Emilia-Romagna in prima linea. A rischio agroalimentare, farmaceutica e auto

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È arrivato l’ennesimo rinvio alle nuove tariffe annunciate da Donald Trump. La scadenza originaria del 9 luglio è stata spostata al 1° agosto, concedendo qualche settimana in più ai negoziati tra Stati Uniti e Unione Europea. Ma intanto, qualcosa si muove con la Casa Bianca che ha già spedito le prime lettere ufficiali, confermando dazi del 25% su alcune importazioni provenienti da Giappone e Corea del Sud, con applicazione proprio a partire da inizio agosto.

Per l’Europa, la partita resta aperta. La decisione definitiva verrà presa entro la settimana, ma intanto la diplomazia è al lavoro per evitare uno scontro frontale. A Bruxelles si cerca un compromesso che possa contenere i danni, magari attraverso tariffe ridotte attorno al 10%, nella speranza di scongiurare un’escalation che metterebbe sotto pressione l’intero sistema manifatturiero europeo.

In Italia, l’attenzione è massima. Il rischio di una frattura nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti preoccupa le imprese, consapevoli del peso che il mercato americano ha conquistato negli anni. Con quasi 60 miliardi di euro di merci esportate nel 2024, pari al 10,5% dell’export nazionale e al 3,1% del Pil, gli Stati Uniti rappresentano il terzo partner commerciale del Paese e una destinazione strategica per molti settori chiave del Made in Italy.

Dazi Trump: le regioni italiane più esposte

Per quantificare con maggiore precisione le ricadute territoriali di un eventuale incremento dei dazi americani, Milano Finanza ha incrociato i dati più recenti della Banca d’Italia relativi al 2024 con il nuovo scenario internazionale delineato dalle mosse dell’amministrazione Trump. Il risultato è una mappa dell’Italia in cui solo cinque regioni si trovano, al momento, in una condizione relativamente tranquilla, con un’esposizione verso il mercato statunitense inferiore alla media nazionale.

Tra queste spiccano, agli estremi opposti del Paese, la Basilicata e la Valle d’Aosta. In entrambe, le esportazioni dirette negli Usa si fermano al 7% circa. In Basilicata, il calo è particolarmente marcato rispetto agli anni precedenti, con una flessione superiore al 30%, dovuta principalmente alla contrazione nelle vendite di automobili e, in misura minore, di prodotti farmaceutici. Diverso il caso valdostano, dove la domanda americana si concentra su macchinari industriali e prodotti metallurgici, comparti meno esposti alle tensioni commerciali attuali.

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Anche la Sicilia, con un’esposizione del 7,6%, si colloca sotto la soglia nazionale. Le esportazioni verso gli Usa sono trainate da tre comparti principali ovvero gli apparecchi elettrici, i prodotti petroliferi e una quota non trascurabile di agroalimentare.

Nel Nord industriale, Lombardia e Piemonte registrano un’esposizione simile, attorno all’8,6%. Le imprese milanesi temono ripercussioni nei comparti della moda, del mobile, delle bevande e soprattutto della farmaceutica, settore strategico e potenzialmente nel mirino di nuovi dazi. A Torino, invece, l’attenzione è puntata sull’automotive e sulla meccanica di precisione, tradizionali motori dell’export locale.

Il cuore del rischio: Molise, Abruzzo ed Emilia-Romagna

Molto più delicata si presenta la situazione in tre regioni italiane dove l’esposizione al mercato statunitense supera sensibilmente la media nazionale, rendendo il tessuto produttivo particolarmente vulnerabile. Si tratta di Molise, Abruzzo ed Emilia-Romagna, che condividono alcune specializzazioni industriali e un legame economico stretto con gli Stati Uniti.

Il Molise è il caso più emblematico. Oltre il 24% del suo export è destinato al mercato americano, una quota pari a più del doppio della media nazionale. A trainare la domanda statunitense sono i prodotti agroalimentari, la farmaceutica e i mezzi di trasporto. È su questi comparti che si abbatterebbero per primi gli effetti di un nuovo pacchetto di dazi.

Anche l’Abruzzo presenta un profilo di rischio elevato, con un’esposizione del 15,2%. In comune con il Molise ha le eccellenze agroalimentari e farmaceutiche, ma vanta anche una solida presenza nel comparto elettronico, che potrebbe essere coinvolto nel caso in cui la Casa Bianca decidesse di colpire settori tecnologici ad alta intensità di valore aggiunto.

L’Emilia-Romagna, infine, pur con un’esposizione inferiore rispetto alle due regioni del Centro-Sud (12,5%), si conferma come uno dei nodi industriali più sensibili d’Italia. La presenza di grandi gruppi dell’automotive, insieme a un tessuto produttivo esteso nella farmaceutica, rende il territorio vulnerabile a misure tariffarie che colpiscano in maniera selettiva l’industria manifatturiera.

I settori nel mirino: l’incertezza pesa sul made in Italy

A rendere la situazione ancora più complessa è l’incertezza che avvolge le decisioni della Casa Bianca. Le lettere inviate da Trump ai governi asiatici, infatti, non specificano con esattezza i settori coinvolti per l’Europa. Se le tariffe dovessero seguire un criterio selettivo, basato su comparti strategici, a rischiare sarebbero proprio le eccellenze italiane: l’agroalimentare, la moda, la farmaceutica, i macchinari di precisione, ma anche il design e l’automotive.

Con la scadenza del 1° agosto ormai alle porte, Bruxelles è al lavoro per cercare una soluzione diplomatica che eviti un nuovo scontro commerciale. A Roma, intanto, si guarda con cauta fiducia all’ipotesi di un compromesso che possa contenere i danni. L’ipotesi più realistica resta quella di una mediazione con dazi ridotti, attorno al 10%. Una soglia che, pur rappresentando un aggravio per le imprese, potrebbe risultare sostenibile per molte filiere.

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