Privati, flotte e geografia
I privati, sostenuti giusto in parte dagli incentivi, archiviano giugno con una quota del 50,9% sul totale immatricolato, quasi nove punti sotto il 2024. Pur in calo nei volumi, le autoimmatricolazioni recuperano leggermente terreno (14,2%), prova di uno sforzo dei concessionari per difendere i numeri. Più solido il noleggio a lungo termine: +4,9 punti in un mese, 23,8% di share grazie al rinnovo flotte corporate e alla spinta delle captive. Segno più anche per il noleggio a breve, salito al 4,9%, mentre le società si fermano al 6,2% del totale.
Dal punto di vista geografico, Nord Ovest e Nord Est costituiscono l’immancabile zoccolo duro: insieme valgono più del 55% del comparto, sorretto soprattutto dalle flotte aziendali. Il Centro Italia recupera terreno (27,5% di quota) ma il Sud e le Isole restano fanalini di coda, frenati da infrastrutture insufficienti, minore capacità di spesa e politiche poco efficaci. A distanza di cinque anni dalla pandemia, il saldo è chiaro: il mercato non ha fin qui ripreso quota. Rispetto al 2019 mancano all’appello quasi 230.000 unità, un buco strutturale che nessuna misura è riuscita a colmare.
Elettriche e ibride plug-in: segnali misti
Sul fronte elettrico la fotografia resta incerta. A giugno, nonostante siano risalite al 6% di quota (quasi un punto in più rispetto a maggio) le BEV sono ancora distanti dal picco dell’anno scorso, spinto dall’ondata di incentivi. I volumi restano deboli: -40,7% su base annua, segno che la domanda non tiene senza sostegni strutturali. L’unico valore stabile arriva dalle ibride plug-in, cresciute del 70% in un anno e ora al 7,2% del mercato. In tal caso a fare la differenza sono i fringe benefit aziendali e una normativa fiscale che continua a favorire i modelli a basse emissioni parziali. Ma occorre un aggiornamento delle detrazioni, altrimenti l’effetto rischia di esaurirsi presto.
Unrae torna a battere sullo stesso punto: la fiscalità dell’auto aziendale in Italia è ferma da decenni, mentre in Francia e Germania flotte e fringe benefit premiano concretamente l’elettrico. Con un mancato adeguamento di IVA, ammortamenti e deduzioni, la corsa resterà a metà. Lo stesso vale per le infrastrutture. Il piano PNRR ha tagliato gli obiettivi di installazione da 21.000 a 12.000 colonnine pubbliche, ma di queste solo 1.400 sono state effettivamente assegnate nei centri urbani. Oltre 590 milioni di fondi restano inutilizzati mentre la rete di ricarica continua a crescere a macchia di leopardo. Più passa il tempo, più il gap con l’Europa si scava e la transizione resta inchiodata al palo.
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Fiscalità mezzi aziendali: Unrae chiede revisione
Roberto Pietrantonio, Presidente Unrae, fa il punto della situazione: “La fiscalità delle flotte aziendali in Italia è ferma ai tempi della lira, mentre l’Europa corre”. Il cuore del problema è sempre lo stesso: in assenza di una revisione strutturale di IVA, fringe benefit e deducibilità dei costi in base alle emissioni di CO2, le imprese non dispongono di leve concrete per rinnovare il rispettivo parco veicoli. “Da anni Unrae sottolinea che senza una revisione strutturale la transizione energetica resterà un miraggio. L’attuale trattamento fiscale è datato e penalizzante: serve modulare detraibilità IVA e deducibilità dei costi in base alle emissioni, ridurre a tre anni il periodo di ammortamento. Solo così possiamo spingere davvero il ricambio del parco auto”.
La Delega fiscale poteva essere il veicolo giusto per sbloccare questo stallo, ma la sua proroga resta un’incognita: la Commissione Finanze ha dato l’ok sino a fine 2026, ma senza interventi immediati si rischia un altro blocco a catena. Pietrantonio lo ripete: “Una fiscalità evoluta porterebbe più entrate per l’erario e un ricambio reale dei veicoli, con benefici diretti sulla qualità dell’aria e sul taglio delle emissioni climalteranti”. Pertanto, o si mette mano subito a detrazioni, deduzioni e tempi di ammortamento, oppure le flotte aziendali continueranno a puntare su modelli endotermici low cost e il mercato green resterà inchiodato.
Poche colonnine e infrastrutture
Se la fiscalità frena, le infrastrutture non aiutano. Il PNRR aveva promesso 21.000 nuovi punti di ricarica pubblici: oggi l’obiettivo è sceso a 12.000, con 597,3 milioni di fondi ancora fermi. Il primo bando per installare oltre 4.700 colonnine nei centri urbani si è chiuso con numeri deludenti: appena 1.400 stazioni reali, meno di un terzo di quanto previsto. Di conseguenza, chi vorrebbe passare all’elettrico, soprattutto fuori dalle grandi città, si scontra con una rete di ricarica frammentata, cara e poco affidabile.
Pietrantonio avverte: “Senza una rete capillare e realmente operativa, il percorso di elettrificazione resta incompleto e l’Italia rischia di restare fanalino di coda in Europa”. Il tempo stringe: il Governo deve decidere come sbloccare i fondi residui e far ripartire i cantieri per le nuove colonnine. “Oltre a interventi sui costi di ricarica, serve un’accelerazione immediata. Se vogliamo una mobilità a basse emissioni credibile, bisogna agire adesso, senza scaricare tutto sulle promesse del PNRR”, chiude Pietrantonio.
Il Piano Aria del Governo promette nuove risorse per migliorare la qualità dell’aria, tuttavia sul fronte veicoli le misure concrete restano ferme a quanto già definito nel PNRR rivisto. Unrae rilancia la necessità di una tabella di marcia chiara, con regole fiscali finalmente aggiornate, tempi certi per bandi operativi e una rete di ricarica capillare in grado di sostenere davvero la transizione. Solo un intervento immediato e coerente potrà dare fiato a un comparto in perenne affanno e riportare credibilità agli incentivi annunciati. Senza questa spinta, la corsa all’elettrico rischia di spegnersi prima ancora di guadagnare slancio.