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Polonia 2025: nuova tassazione utili distribuiti per le imprese


La riforma fiscale polacca offre vantaggi concreti per imprese e investitori attraverso regimi agevolati come l’Estonian CIT e sistemi digitali avanzati. Una pianificazione strategica è fondamentale per cogliere le opportunità ed evitare i rischi.

Il sistema fiscale polacco attraversa una fase di profonda trasformazione che rappresenta una delle più significative evoluzioni normative degli ultimi anni nell’Europa centrale. Le riforme introdotte nel 2025 non costituiscono semplici aggiustamenti tecnici, ma ridefiniscono completamente l’approccio alla tassazione d’impresa, creando opportunità concrete per imprenditori e investitori che sappiano interpretare correttamente i nuovi meccanismi.

La sfida principale per le imprese italiane che operano o intendono operare in Polonia risiede nella comprensione delle implicazioni pratiche di questi cambiamenti e nell’adozione di strategie fiscali efficaci che permettano di sfruttare i benefici offerti dal nuovo scenario normativo. Il sistema di tassazione modellato sul cosiddetto sistema estone è ora saldamente consolidato nella realtà polacca della tassazione societaria, con quasi 13.000 contribuenti che hanno già optato per questo regime, evidenziando l’interesse crescente verso questi nuovi strumenti fiscali.

L’Estonian CIT: meccanismi operativi e vantaggi strategici

L’Estonian CIT rappresenta uno degli strumenti più innovativi del panorama fiscale europeo, introducendo un paradigma completamente diverso rispetto alla tradizionale tassazione sul reddito d’impresa. The core principle of the Estonian CIT is that companies do not pay income tax on their retained earnings until they distribute profits to shareholders. This allows businesses to reinvest their profits without an immediate tax burden.

Dalla mia esperienza professionale questo regime fiscale presenta vantaggi operativi concreti particolarmente evidenti nella fase di crescita aziendale. Le società che accedono al regime Estonian CIT beneficiano di un’aliquota del 10% per le PMI e del 20% per le altre società, applicabile esclusivamente al momento della distribuzione degli utili. Questo meccanismo consente di differire la tassazione per periodi anche superiori ai quattro anni, generando benefici finanziari significativi in termini di cash flow aziendale.

I requisiti di accesso richiedono particolare attenzione nella fase di strutturazione societaria. È necessario che la compagine sociale sia composta esclusivamente da persone fisiche, che i redditi passivi non superino determinate soglie e che vengano rispettati specifici parametri occupazionali. In primo luogo, i ricavi devono essere di almeno 2 milioni di zloty polacchi all’anno. In secondo luogo, se il numero di persone impiegate da un’impresa supera il 50% del numero totale di dipendenti, non possono utilizzare questo sistema.

Un aspetto critico nella gestione operativa del regime riguarda il trattamento degli “utili occulti”, che possono scattare in presenza di operazioni non conformi al valore normale tra la società e i soci. La giurisprudenza polacca ha chiarito che operazioni come la concessione di prestiti senza interessi o la cessione di beni sottocosto possono determinare la tassazione immediata di benefici impliciti, vanificando i vantaggi del regime.

Meccanismo di funzionamento

Questo meccanismo, disciplinato nel Capitolo 6b della legge polacca sul CIT, si discosta radicalmente dal sistema classico, dove l’utile viene tassato nell’esercizio di competenza, indipendentemente dal suo utilizzo. In pratica, una società polacca che adotta questo regime non paga acconti mensili o trimestrali di CIT, liberando una liquidità immediata che può essere impiegata per autofinanziare lo sviluppo.

L’imposta diventa esigibile solo quando si verifica una distribuzione di profitto, che non si limita al solo dividendo tradizionale. La normativa polacca considera “distribuzione” anche i cosiddetti “utili nascosti” (ukryte zyski), come ad esempio l-erogazione di prestiti al socio, l’utilizzo di beni aziendali per scopi privati o il pagamento di servizi al socio a condizioni non di mercato. È fondamentale, quindi, una gestione contabile e contrattuale rigorosa per evitare contestazioni da parte dell’amministrazione fiscale polacca (Krajowa Administracja Skarbowa).

Le aliquote applicabili al momento della distribuzione sono vantaggiose e dipendono dalla dimensione del contribuente:

  • 10% CIT per i “piccoli contribuenti” (mały podatnik – fatturato inferiore a 2 milioni di euro) e per le start-up.
  • 20% CIT per gli altri contribuenti.

A questa imposta societaria si aggiunge poi la ritenuta (Withholding Tax – WHT) sul dividendo distribuito al socio.

Requisiti di accesso e aspetti operativi

L’adozione del CIT Estone non è automatica ma subordinata al rispetto di precisi requisiti, come indicato nell’art. 28j della legge polacca sul CIT. L’impresa italiana deve verificare attentamente che la propria costituenda o esistente controllata polacca soddisfi le seguenti condizioni:

  • Forma giuridica: Deve essere una società di capitali (es. Sp. z o.o., S.A.);
  • Struttura societaria: I soci devono essere esclusivamente persone fisiche. Questo è il punto di maggiore attenzione per una holding italiana. Per beneficiare del regime, la struttura non può prevedere una partecipazione diretta di una società di capitali italiana. È necessario strutturare l’investimento tramite persone fisiche residenti o valutare architetture alternative compatibili con la norma;
  • Partecipazioni: La società polacca non deve detenere partecipazioni in altre entità;
  • Dipendenti: Deve impiegare almeno 3 persone (esclusi i soci) sulla base di un contratto di lavoro per la maggior parte dell’anno fiscale;
  • Natura dei ricavi: I ricavi da “fonti passive” (es. interessi, royalties, affitti) non devono superare i ricavi operativi.

La scelta per il regime va comunicata all’ufficio delle imposte competente entro la fine del primo mese del primo anno fiscale di applicazione. Tale scelta vincola la società per un periodo di 4 anni.

JPK CIT: la digitalizzazione della contabilità d’impresa

Dal 1° gennaio 2025 è già entrato in vigore l’obbligo per i contribuenti CIT di presentare annualmente il JPK_CIT, senza necessità di richiesta preventiva da parte delle autorità fiscali. La nuova disciplina JPK CIT introduce l’obbligo di tenere la contabilità in formato elettronico per tutte le società con ricavi superiori a 50 milioni di euro, richiedendo la trasmissione dei registri contabili entro il 31 marzo 2026.

Il JPK_CIT è composto da due file: JPK_KR_PD e JPK_ST_KR e l’implementazione è già operativa dal 1° gennaio 2025. Questa riforma comporta implicazioni operative significative che richiedono un adeguamento tempestivo dei sistemi informativi aziendali.

Nella mia pratica professionale, ho riscontrato che le imprese che si preparano con anticipo a questi adempimenti ottengono vantaggi competitivi significativi, non solo in termini di compliance normativa ma anche di efficienza operativa. L’implementazione dei nuovi tracciati JPK_KR_PD e JPK_ST richiede investimenti tecnologici mirati e formazione del personale amministrativo, ma consente di automatizzare processi che tradizionalmente richiedevano interventi manuali dispendiosi.

Il primo JPK-CIT per le società il cui anno fiscale coincide con l’anno solare dovrà essere presentato insieme alla dichiarazione CIT-8 per il 2025 entro il 31 marzo 2026, creando una finestra temporale limitata per l’adeguamento dei sistemi.

Distributed Profits Tax: verso una rivoluzione del sistema fiscale

La proposta di introduzione della Distributed Profits Tax (DPT) rappresenta potenzialmente la riforma più significativa del sistema fiscale polacco degli ultimi decenni, ma è ancora in fase di valutazione governativa. Questo strumento estende i principi dell’Estonian CIT all’intero sistema impositivo, prevedendo tassazione zero sugli utili trattenuti e un’aliquota unica del 19% al momento della distribuzione.

Le simulazioni macroeconomiche condotte dal governo polacco indicano effetti positivi significativi: incremento del PIL del 2,3%, crescita degli investimenti del 3,3% e aumento dei salari del 2%. Questi dati, se confermati nella realtà operativa, potrebbero posizionare la Polonia come il sistema fiscale più competitivo d’Europa per le attività imprenditoriali.

Dal punto di vista operativo, l’eventuale introduzione della DPT richiederebbe una revisione completa delle strategie di pianificazione fiscale internazionale. Le holding di partecipazione potrebbero beneficiare significativamente di questo regime, potendo differire indefinitamente la tassazione sui risultati delle controllate polacche fino al momento della distribuzione agli azionisti finali.

Implicazioni per le imprese italiane

Le imprese italiane che operano in Polonia devono valutare attentamente l’impatto di queste riforme sulla propria struttura operativa. L’accesso all’Estonian CIT può comportare benefici fiscali significativi, ma richiede una ristrutturazione societaria che rispetti i vincoli normativi previsti. Questo sistema, introdotto nella legislazione polacca sull’imposta sul reddito delle società (Ustawa o podatku dochodowym od osób prawnych), permette una tassazione differita e potenziale azzeramento dell’imposta sugli utili, a condizione che questi vengano reinvestiti nell’attività aziendale. Per l’imprenditore italiano, questo si traduce in un vantaggio competitivo enorme: la possibilità di utilizzare il 100% del profitto generato dalla propria controllata polacca per finanziare la crescita, l’innovazione e il consolidamento sul mercato, pagando le imposte solo al momento dell’effettiva distribuzione dei dividendi.

I vantaggi per la holding italiana: ottimizzazione del flusso di dividendi

Il vero beneficio per l’investitore italiano si manifesta analizzando l’interazione tra il CIT Estone, la normativa polacca sui dividendi e le disposizioni internazionali. Quando la società figlia polacca distribuisce gli utili alla società madre italiana, si attiva un doppio livello di analisi fiscale.

In assenza di convenzioni, la Polonia applicherebbe una ritenuta standard del 19% sui dividendi in uscita. Tuttavia, qui entrano in gioco due strumenti normativi fondamentali:

  1. La Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Polonia (Legge n. 299 del 24 maggio 1989): l’articolo 10 di tale trattato riduce l’aliquota della ritenuta sui dividendi.
  2. La Direttiva UE “Madre-Figlia” (2011/96/UE): recepita da entrambi i Paesi, questa direttiva è ancora più vantaggiosa. Prevede, a determinate condizioni, l’esenzione totale dalla ritenuta sui dividendi distribuiti da una società figlia (polacca) alla sua società madre (italiana).

Per beneficiare dell’esenzione prevista dalla Direttiva Madre-Figlia, la holding italiana deve detenere una partecipazione qualificata nel capitale della società polacca (generalmente almeno il 10% per un periodo ininterrotto di almeno due anni) e entrambe le società devono essere soggette a imposta sul reddito delle società senza beneficiare di regimi di esenzione.

Esempio pratico

Una SpA italiana detiene il 100% di una Sp. z o.o. (società a responsabilità limitata) polacca che ha optato per il CIT Estone. Per 4 anni, la società polacca genera 1 milione di euro di utili annui, che vengono interamente reinvestiti nell’acquisto di nuovi macchinari e nell’ampliamento dello stabilimento. Durante questi 4 anni, la CIT pagata in Polonia è pari a zero. Al quinto anno, la società polacca decide di distribuire 500.000 euro di dividendi alla madre italiana.

  • Tassazione in Polonia: La società polacca verserà una CIT del 20% (ipotizzando non sia un “piccolo contribuente”) su 500.000 euro, pari a 100.000 euro;
  • Ritenuta sul dividendo: Grazie all’applicazione della Direttiva Madre-Figlia (assumendo che i requisiti siano soddisfatti), la ritenuta sul dividendo di 400.000 euro (500.000 – 100.000 di CIT) sarà pari a zero;
  • Tassazione in Italia: Il dividendo percepito dalla holding italiana beneficerà del regime della Participation Exemption (PEX), previsto dall’art. 87 del TUIR. Il 95% del dividendo sarà esente da IRES, con una tassazione effettiva sull’1,2% del dividendo ricevuto (24% IRES sul 5% imponibile).

Il carico fiscale complessivo sull’utile distribuito risulta quindi significativamente inferiore rispetto a un regime ordinario, ma soprattutto, il differimento ha permesso un’accelerazione della crescita senza ricorrere a indebitamento esterno.

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