L’Umbria e il credito, un rapporto incrinato che pone la regione tra le ultime sei d’Italia con il calo dei prestiti, il crollo delle costruzioni, dell’industria e dei servizi. Secondo i dati dalla Camera di commercio, infatti, l’accesso al credito per le imprese si fa difficoltoso, con la stretta che colpisce soprattutto le piccole aziende: -7,8% in un anno ed erogazioni giù di 3 miliardi. Con un peso preponderante dovuto ad inflazione e alti tassi.
“Per invertire la rotta non basta denunciare la stretta: serve un’azione decisa, mirata e multilivello – afferma Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria – La nostra regione non può permettersi di lasciare senza ossigeno le sue imprese più fragili, proprio mentre si gioca la partita cruciale del rilancio economico e della doppia transizione, digitale ed ecologica. Le banche, la Cassa depositi e prestiti, le istituzioni e i territori devono fare la loro parte, ora”.
Gli interventi auspicati
Trei possibili interventi che potrebbero fare la differenza: rafforzare i sistemi di garanzia pubblica, a partire dal Fondo centrale per le PMI, estendendo e semplificando le procedure per l’accesso al credito, soprattutto per le microimprese, le startup, le imprese femminili e giovanili; rilanciare il ruolo della Cassa depositi e prestiti in Umbria non solo come finanziatore, ma come partner strategico delle imprese e degli enti locali, attraverso strumenti innovativi come minibond, co-investimenti e piattaforme territoriali dedicate; costruire nuove reti territoriali, che coinvolgano banche locali, consorzi fidi, Comuni, associazioni di categoria e Università, per rendere il credito più vicino ai bisogni reali delle imprese umbre, anche attraverso l’uso intelligente dei dati per valutare meglio il merito creditizio delle realtà più piccole.
“Non si tratta di tornare a erogazioni facili o indiscriminate, ma di strutturare un ecosistema del credito più giusto, più reattivo e più inclusivo – prosegue Mencaroni – Con meno burocrazia e più fiducia. Meno rigidità e più prossimità. Perché senza credito anche la migliore idea resta chiusa in un cassetto. E oggi, in Umbria, quel cassetto rischia di restare sbarrato a troppi”.
Il credito bancario
In Umbria il credito bancario alle imprese arretra in modo netto. I numeri più aggiornati – quelli della Base dati statistica della Banca d’Italia, al 31 marzo 2025 – parlano chiaro: i prestiti a società non finanziarie e famiglie produttrici nella regione sono scesi del 3,5% su base annua, e addirittura del 5,4% se si confronta il primo trimestre 2024 con il primo trimestre 2025. Una contrazione pesante, sesto peggior dato d’Italia, ben superiore alla media nazionale (-1%). Se si considera l’inflazione (+1,7% tra marzo 2024 e marzo 2025), la riduzione in termini reali tocca il -5,1% su base annua e oltre il -7% se si fa il confronto tendenziale tra il primo trimestre 2024 e quello 2025.
Otre 400 milioni di euro in meno. È questo il saldo della stretta delle banche sulle imprese. Il volume complessivo di prestiti in Umbria, al lordo dell’inflazione, è passato da 7,92 miliardi di euro a 7,5 miliardi, in appena dodici mesi.
Piccole imprese sotto assedio
A soffrire maggiormente sono le piccole imprese, che rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo regionale. La banca dati statistica di Bankitalia rileva un crollo del 7,8% dei prestiti alle aziende minori nel confronto tra primo trimestre 2024 e primo trimestre 2025. Il credito è sceso da 1,84 a 1,7 miliardi di euro in valori nominali, contro una flessione nazionale del 5,5%. Le imprese medio-grandi hanno registrato un calo ben più contenuto: -0,9% su base annua.
La stretta sul credito non è uguale per tutti. La struttura produttiva umbra – caratterizzata da una maggiore incidenza di micro e piccole imprese rispetto alla media italiana – è colpita con più durezza. Gli istituti di credito, alle prese con il ritorno dell’incertezza macroeconomica e con la fine del ciclo dei super-profitti da tassi elevati, restringono le maglie per i soggetti considerati più rischiosi.
Le costruzioni crollano: -12% in termini reali
A livello settoriale, le costruzioni subiscono la frenata più brusca: tra il primo trimestre 2024 e lo stesso periodo del 2025, i prestiti sono passati da 707 a 632 milioni di euro, pari a un calo del -10,6% nominale e -12,3% reale. L’industria registra un -5,5% (da 3,73 a 3,52 miliardi), mentre i servizi calano del 4,1%.
Il confronto con l’Italia è impietoso: Credito complessivo alle imprese: -5,4% in Umbria vs -1% in Italia; Industria: -5,5% Umbria vs -1,5% Italia; Servizi: -4,1% Umbria vs -1,4% Italia; Costruzioni: -10,5% Umbria vs -7,5% Italia; Piccole imprese: -7,8% Umbria vs -5,5% Italia
Tutti gli indicatori posizionano l’Umbria sotto la media nazionale. Peggio, in termini nominali, fanno solo cinque regioni: Molise, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Basilicata.
Perché l’Umbria è più penalizzata?
Il Pil umbro nel periodo considerato è cresciuto dello 0,7%, in linea con la media italiana. Perché allora la frenata del credito è più accentuata? Tre le possibili spiegazioni:
Maggiore liquidità accumulata dalle medie e grandi imprese umbre durante gli anni del denaro facile (2020-2021), grazie alle politiche ultra-espansive della BCE. Oggi quelle aziende, già ben patrimonializzate, non hanno bisogno di nuovo credito, soprattutto con tassi elevati.
Contrazione della manifattura regionale, che nel 2023 ha ridotto del 9% gli investimenti programmati. Con meno progetti, cala la richiesta di finanziamento. Una dinamica che riguarda anche altre aree del Paese, ma che in Umbria ha inciso di più, per la specializzazione produttiva e il debole andamento industriale.
Struttura produttiva sbilanciata sulle micro e piccole imprese, spesso con merito di credito basso. Le banche, che si preparano a un aumento delle sofferenze e hanno prospettive di profitti inferiori a causa della riduzione dei tassi di interesse, evitano esposizioni rischiose. In Umbria questo significa colpire il cuore dell’economia reale.
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