Durante la scorsa settimana, abbreviata dalle festività, i mercati hanno mantenuto un tono generalmente favorevole al rischio. A Washington, l’attenzione si è concentrata principalmente sull’approvazione della “big, beautiful bill”. Ciò costituirà un sollievo per l’amministrazione, considerando il tempo e l’energia dedicati a questo provvedimento legislativo fondamentale. Contribuirà inoltre ad attenuare i rischi relativi a una chiusura dell’amministrazione pubblica nel corso dell’anno.
Come abbiamo già segnalato, questa legge di bilancio dovrebbe portare il deficit fiscale intorno al 7% del Pil, anche tenendo conto dei 250 miliardi di dollari di entrate derivanti dai dazi e di una crescita economica relativamente robusta a sostegno del gettito fiscale. In assenza di piani per tagliare la spesa e aumentare le tasse, qualsiasi riduzione del deficit dipenderà dall’andamento dei costi di finanziamento (nonché dalle prospettive del ciclo economico).
Una riduzione significativa del deficit (al di sotto del 5%) sembra quindi dipendere da una sostanziale riduzione dei rendimenti. Ciò spiega in parte le insistenti richieste dell’amministrazione Trump alla Fed di abbassare i tassi. Tuttavia, per ora, i costi di finanziamento rimangono in crescita, via via che il vecchio debito a basso tasso di interesse viene sostituito con nuove emissioni a tassi più elevati.
Per quanto riguarda l’economia statunitense, vediamo alcuni segnali contrastanti che indicano un rallentamento dell’attività economica, nonostante un rapporto mensile sull’occupazione relativamente solido. La disoccupazione rimane contenuta e prevediamo che rimarrà a livelli modesti, in parte grazie alle misure restrittive sull’immigrazione. Tuttavia, nei prossimi mesi prevediamo che l’impatto netto dei dazi peserà sui consumi e determinerà un aumento dei prezzi.
In questo contesto, le richieste da parte della Casa Bianca di un taglio dei tassi sembrano destinate ad aumentare nel corso dell’estate. Per ora, Powell si è mostrato resistente a questa interferenza politica e nella sua testimonianza al Congresso questa settimana, il presidente della Fed ha sottolineato che avrebbe sostenuto ulteriori tagli dei tassi se non fosse stato per la politica commerciale degli Stati Uniti e la minaccia che questa rappresenta per l’inflazione.
Provocando ulteriormente Trump, Powell ha anche espresso preoccupazione per il debito statunitense, che sta seguendo un percorso insostenibile, quindi, le voci su una nomina anticipata del suo successore sembrano destinate a intensificarsi nelle prossime settimane.
Per quanto riguarda il commercio, i segnali che indicano la disponibilità dell’UE a scendere a compromessi con gli Stati Uniti, che prevedono l’introduzione di dazi universali del 10%, suggeriscono un ammorbidimento della posizione attuale. Dall’inizio dell’anno, un dazio del 10% (esclusa la Cina) ci sembrava un punto di arrivo ragionevole, nella misura in cui i dazi rappresentano una sorta di imposta sui consumi che esenta la produzione interna.
Un simile risultato richiederebbe comunque che gli Stati Uniti abbassino i dazi sulle automobili dal 25% attualmente applicato e facciano marcia indietro sui dazi settoriali relativi all’acciaio e all’alluminio. Tuttavia, ci sembra che entrambe le parti desiderino raggiungere un accordo e, se ciò avvenisse, potremmo aspettarci un risultato simile per il Giappone, la Corea e altri importanti partner commerciali.
La fine dell’incertezza sui dazi sarebbe sicuramente accolta con favore dalle imprese. L’attuale incertezza politica rende molto difficile attuare un piano a medio termine ed è un fattore che pesa sulla fiducia delle imprese e costituisce un freno agli investimenti.
Detto questo, Trump rimane una figura imprevedibile. Non si conforma alle norme prestabilite né segue quella che potrebbe sembrare la strada più razionale. Da questo punto di vista, affrontiamo la settimana che sta per iniziare con nervosismo e incertezza, temendo che Trump non raddoppi i dazi o non scelga un paese o un settore specifico per un “trattamento speciale”.
Dopo tutto, l’amministrazione osserverà che le minacce e le intimidazioni nei confronti degli altri stanno dando i loro frutti. Lo si è visto nella recente conclusione della guerra di 12 giorni tra Israele e Iran. Lo si è visto nei membri della NATO che hanno accettato le richieste di Trump. Lo si è visto anche con il Canada che ha fatto marcia indietro sulla tassa sui servizi digitali la scorsa settimana.
Tutto sommato, l’economia statunitense sta andando bene; i mercati sono ai massimi livelli e si ha la sensazione che “papà ottiene ciò che papà vuole”, anche per quanto riguarda la “big, beautiful bill’”. In questo caso, non possiamo escludere che Trump cercherà di esercitare ulteriori pressioni, se non sarà soddisfatto di ciò che vedrà.
Nel valutare il contesto macroeconomico, continuiamo a non esprimere una chiara opinione direzionale sui rendimenti statunitensi. Al contrario, siamo molto più fiduciosi sulla necessità di un aumento della pendenza della curva dei Treasury. Le prospettive che il prossimo presidente della Fed sia un esponente della fazione accomodante e propenso a tagliare i tassi potrebbero favorire il segmento a breve della curva, ma rappresenterebbero una fonte di preoccupazione per le scadenze più lunghe, data la potenziale minaccia alla stabilità dei prezzi e l’indebolimento del mandato della Fed in materia di inflazione.
La parte iniziale della curva potrebbe anche essere sostenuta dai dati economici più deboli registrati durante l’estate, mentre la parte finale potrebbe risentire dei timori relativi all’irresponsabilità fiscale e alla traiettoria ascendente del debito statunitense. I funzionari dell’amministrazione hanno dichiarato di voler orientare le emissioni verso titoli a più breve scadenza in un momento in cui ritengono che i rendimenti siano “troppo elevati”, il che potrebbe sostenere tecnicamente le obbligazioni a più lunga scadenza.
Tuttavia, la verità è che la curva statunitense rimane piatta da un punto di vista storico. Inoltre, misure come le modifiche al coefficiente di leva finanziaria supplementare (SLR-Supplementary Leverage Ratio) incoraggeranno le banche ad acquistare più titoli del Tesoro solo se la curva dei rendimenti sarà più ripida, in modo da poter guadagnare carry man mano che la curva si appiattisce.
Nell’Eurozona, i rendimenti dei bund sono aumentati leggermente nell’ultima settimana, con le prospettive di una crescita più solida e l’aumento dell’offerta di debito che pesano sui rendimenti, mentre gli investitori continuano a digerire i piani legati all’aumento della spesa fiscale per la difesa e la sicurezza.
In Germania sembra esserci l’intenzione di dare il via alla spesa e riteniamo che l’orientamento della politica fiscale renda improbabili ulteriori tagli dei tassi da parte della Bce, a meno che l’inflazione non riservi sorprese al ribasso. In tutta l’UE, i vari Stati membri sembrano avere livelli diversi di entusiasmo per la spesa diretta nella difesa e, alla luce di ciò, è stata persino avanzata l’ipotesi di utilizzare i fondi destinati alla difesa per finanziare un ponte tra la Sicilia e l’Italia continentale.
Un approccio liberale alla spesa per la difesa e la sicurezza potrebbe portare a classificare come progetti di sicurezza anche una serie di altri progetti infrastrutturali. Ciò potrebbe facilmente suscitare l’ira dell’amministrazione statunitense, ma evidenzia anche come gli impegni recenti possano finire per diventare motori di crescita più ampi di quanto possa sembrare a prima vista.
Nella politica europea, Bayrou è sopravvissuto a un nuovo voto di fiducia in Francia, ma solo grazie al sostegno del Rassemblement National di Marine Le Pen. Nel breve termine, è improbabile che si tenga un altro voto di fiducia e, per ora, Le Pen sta aspettando il momento opportuno. Tuttavia, intravediamo nuovi rischi che lei possa tagliare le gambe al primo ministro francese nel corso dell’estate e innescare nuove elezioni parlamentari. Da questo punto di vista, gli spread dei titoli OAT francesi sono sostenuti nel breve termine, ma uno spread inferiore a 60pb rappresenta un livello interessante per andare short sulla Francia, su base spread.
A questo livello, riteniamo che lo spread sarà asimmetrico, dato che un’ulteriore compressione dello spread appare improbabile, mentre un nuovo allargamento sarebbe possibile se il Rassemblement National dovesse far cadere l’attuale governo e prevalere nelle nuove elezioni, come suggeriscono i sondaggi.
Nel Regno Unito, anche il governo Starmer è in difficoltà, ma in questo caso all’interno delle file dello stesso partito laburista del primo ministro. Il tentativo fallito di Rachel Reeves di riformare il welfare è finito in lacrime, letteralmente. Nonostante il primo ministro abbia dato fiducia al cancelliere, è ancora possibile che lei non arrivi nemmeno al rimpasto autunnale, il che solleverà interrogativi sull’impegno del governo nei confronti del quadro fiscale dell’OBR.
Nel frattempo, anche la leadership dello stesso Starmer è messa in discussione, con il leader laburista che appare molto isolato all’interno del proprio partito. Il continuo slittamento fiscale nel Regno Unito significa che il governo sarà sottoposto a pressioni per aumentare le tasse, trovandosi così tra l’incudine e il martello.
Il governo sta cercando di fare affidamento su una forte crescita e su costi di finanziamento più bassi, ma sembra incapace di mantenere entrambe le promesse. Finora i mercati hanno preferito dare al Labour il beneficio del dubbio. Tuttavia, gli investitori non hanno ancora dimenticato la crisi provocata da Truss. In questo contesto, il Regno Unito deve continuare a dimostrare il proprio impegno nei confronti di una certa disciplina fiscale, ma questo potrebbe essere messo in discussione nelle prossime settimane.
La scorsa settimana non ci sono stati fattori significativi che hanno influenzato l’andamento macroeconomico. Sul fronte valutario, il dollaro ha continuato a mostrare una tendenza al ribasso, anche se negli ultimi giorni l’andamento dei prezzi è stato relativamente contenuto. Gli spread del credito hanno continuato a restringersi, mentre i mercati azionari hanno superato una fase di incertezza e i timori di recessione continuano ad attenuarsi. Tuttavia, le valutazioni sono già compresse e questo limita l’andamento dei prezzi. Altrove, gli spread rumeni hanno registrato un rialzo grazie ai piani del governo di contenere la spesa pubblica.
Guardando avanti
Nella settimana che ci attende, la scadenza del 9 luglio per i negoziati commerciali è stata una data che gli investitori hanno avuto in mente negli ultimi tre mesi. Continuiamo a correre un rischio direzionale relativamente basso in vista di questo potenziale evento di rischio e cercheremo di rivalutare le prospettive per l’estate, che si protrarrà davanti a noi, una volta che questo evento e la pubblicazione dei dati sull’inflazione negli Stati Uniti della prossima settimana saranno passati.
C’è un percorso che punta a un contesto favorevole per le obbligazioni e le azioni nella seconda metà dell’anno, a condizione che la crescita sorprenda al rialzo, l’inflazione rimanga contenuta, gli utili siano robusti e i tassi d’interesse scendano. Tuttavia, questo è solo uno scenario plausibile e ce ne sono molti altri, alcuni dei quali puntano a esiti molto meno favorevoli. In questo contesto, restiamo cauti rispetto al compiacimento degli investitori.
Alla luce di ciò, l’umiliazione subita questa settimana dal Manchester City per mano della modesta squadra saudita Al-Hilal ci ricorda che tutto è possibile. Anzi, di questo passo è quasi credibile che il Chelsea possa vincere la Coppa del Mondo per club!
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