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Italia e Germania: l’asse industriale d’Europa riparte da logistica e innovazione. Parla Jörg Buck (Ahk)


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Italia e Germania sono i due pilastri industriali d’Europa. E Da decenni intrecciano filiere, investimenti, partnership. «Abbiamo un mercato da 450 milioni di persone, interessi comuni, catene produttive già integrate. Ora serve fare squadra, investire insieme su sostenibilità, innovazione e logistica, per garantire all’Europa un futuro industriale e competitivo». È il messaggio che arriva da Jörg Buck, Consigliere Delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica (Ahk Italien), che abbiamo intervistato al margine della conferenza sulla mobilità ferroviaria italo-tedesca, a Roma a fine giugno. Buck non ha dubbi: la reindustrializzazione europea, se è possibile, passa dalla partnership tra Roma e Berlino.

L’interscambio commerciale tra i due Paesi intanto nel 2024 è lievemente calato, a 156 miliardi di euro (-4%), ma «per il 2025 – prosegue Buck – si notano già alcuni segnali di un ritorno alla crescita». Intanto è necessario lavorare su tre emergenze, nell’attesa che le nubi dell’incertezza che attanaglia il mercato si diradino:  «bisogna lavorare a livello Ue per contenere i prezzi dell’energia, snellire la burocrazia, e attrarre investimenti anche attraverso più integrazione europea, sulla scorta dei report Draghi e Letta. Nel lungo termine, serve una cooperazione italo-tedesca su settori chiave per l’innovazione, come previsto dal Piano d’Azione bilaterale».

Un piano che a fine 2023 ha messo nero su bianco una collaborazione necessaria tra le due eccellenze manifatturiere del Vecchio Continente, per far tornare l’Europa a essere una potenza industriale. «Riconvertire e innovare i nostri sistemi produttivi, con strategie comuni, è centrale per tutelare la nostra manifattura e il ruolo dei due Paesi sullo scenario europeo e globale, e in questo senso un dialogo intergovernativo, che coinvolga anche le imprese, è uno strumento necessario». Ecco cosa ci ha raccontato Buck.

D. Dottor Buck, qual è lo stato attuale delle relazioni economiche tra Italia e Germania

Jörg Buck, Consigliere Delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica (Ahk Italien).

R. Molto solido: nonostante il periodo complesso vissuto dai due Paesi, nel 2024 l’interscambio è stato di oltre 154 miliardi. Nel settore industriale ferroviario, è di oltre 200 milioni. Inoltre, nel settore, Germania e Italia stanno rafforzando la cooperazione industriale e logistica, anche attraverso accordi per il potenziamento dei collegamenti transfrontalieri e investimenti infrastrutturali paralleli nei rispettivi territori. La Germania ha recentemente stanziato oltre 12 miliardi di euro per ammodernare la propria rete ferroviaria, mentre il gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ha approvato un nuovo piano industriale da 100 miliardi di euro in cinque anni. Questi sviluppi contribuiscono a un quadro europeo di infrastrutture integrate sempre più interconnesse.

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D. Oltre che sulla mobilità ferroviaria, su quali altri settori si concentra maggiormente il partenariato italo-tedesco?

R. Siamo molto allineati su diversi settori chiave: farmaceutica, chimica, automotive, mobilità elettrica e ferroviaria, come detto. Qui condividiamo non solo il mercato, ma vere e proprie catene del valore integrate. Il sistema ferroviario, ad esempio, è ormai multifunzionale e necessita di una gestione congiunta per far comunicare treni e reti diverse. Inoltre, molte aziende italiane investono in Germania e viceversa: il nostro partenariato funziona proprio perché queste connessioni sono solide e operative.

D. A fine 2023 è stato siglato questo Patto bilaterale Italia-Germania poi rinnovato e rafforzato un anno dopo. Perché è importante?

R. Al centro del dibattito dell’ultimo novembre c’è stata la crisi del comparto automobilistico e siderurgico, il rilancio delle PMI e la necessità di una politica industriale europea comune. Il minsistro del made in Italy Adolfo Urso ha sollecitato l’adozione di un piano automotive europeo con risorse condivise e una revisione realistica del meccanismo CBAM, puntando su neutralità tecnologica e autonomia strategica. I ministro dell’economia tedesco Robert Habeck ha sottolineato l’urgenza di rimuovere barriere burocratiche, garantire prezzi energetici competitivi e lanciare un Clean Industrial Deal europeo. Noi lavoriamo sulle proposte operative: quello che ci serve è però una Politica industriale ed energetica che offra sostegno a PMI, semplificazione normativa, servizi transfrontalieri e una spinta ancora più forte su Digitalizzazione e Industria 4.0.

D. Insomma, esiste anche un ruolo della politica in questa cooperazione economica?

R. Esiste ed è fondamentale. Abbiamo bisogno di un dialogo politico strutturato per ottimizzare la logistica. Le grandi manifatture europee – e quindi le merci – viaggiano su gomma ma anche, sempre di più, su rotaia. Un esempio emblematico è il Brennero, dove transitano fino a 8.000 camion al giorno. Per gestire questo flusso serve una cooperazione trilaterale: Italia, Germania e Austria devono lavorare insieme per garantire continuità e fluidità.

L’interscambio commerciale tra i due Paesi intanto nel 2024 è lievemente calato, a 156 miliardi di euro (-4%), ma «per il 2025 – prosegue Buck – si notano già alcuni segnali di un ritorno alla crescita».

D. Ha citato il tema della mobilità. Che vede i nostri Paesi profondamente interconnessi ancora una volta. Ci dice di più?

R. È un settore cruciale. Lo sono le comunicazioni di merci da un lato all’altro della frontiera. L’Italia ha una fornitura molto importante verso la Germania in diversi settori, ma anche il contrario: si pensi alla chimica tedesca, per fare un esempio, che spesso viene raffinata in Italia prima di essere esportata nel mondo. Serve quindi un’infrastruttura logistica interconnessa e digitalizzata. Bisogna rafforzare l’intermodalità. Porti, gomma e ferrovia. TI treni devono “parlarsi”, ottimizzando i flussi di merci e persone. E lo stesso vale per i macchinari: devono comunicare tra loro per rendere efficiente la catena di fornitura. Qui entra in gioco la tecnologia. È fondamentale spingere sulla cooperazione bilaterale nello sviluppo tecnologico: parliamo di carburanti alternativi, condivisione dei dati e intermodalità. La circolazione delle tecnologie innovative tra i due Paesi, che già avviene, deve essere portata a un livello ancora più ambizioso. Senza dimenticare che la libera circolazione di persone e merci, uno dei pilastri dell’UE, è cruciale per la competitività europea e va difesa con forza. Insomma, la collaborazione tra le nostre due potenze manifatturiere crea un circolo virtuoso lungo tutta la catena del valore.

D. Parliamo di innovazione. In che modo Italia e Germania stanno investendo su questo fronte?

R. In modo coordinato. Al centro c’è l’innovazione tecnologica e la formazione delle competenze. Ne parleremo tra poche settimane al Forum Economico Italo-Tedesco. L’obiettivo è rafforzare le nostre eccellenze – sia italiane che tedesche – e prepararle al futuro. Puntiamo su deep tech e green tech, che devono diventare i motori della competitività europea.

Italia e Germania sono molto allineati su diversi settori chiave: farmaceutica, chimica, automotive, mobilità elettrica e ferroviaria, come detto. Qui si condivide non solo il mercato, ma vere e proprie catene del valore integrate

D. La sostenibilità è compatibile con la competitività?

R. Non solo è compatibile, è necessaria. Ma deve partire dalla competitività industriale. Se una soluzione è green e competitiva, ben venga. Le nostre industrie devono guardare al futuro senza perdere di vista ciò che siamo: una manifattura forte e resiliente. Germania e Italia devono concentrarsi su come rendere sostenibile il proprio modello senza rinunciare al proprio ruolo industriale.

D. Cosa significa, per lei, modello italo-tedesco?

R. Significa resilienza e continuità. Le nostre catene del valore esistono da decenni, si basano su brand forti e competenze diffuse. È un modello che guarda al futuro con fiducia, anche accettando la neutralità tecnologica. Non c’è una sola via: l’elettrificazione può coprire il 60-70% della flotta automobilistica europea, ma ci sono anche soluzioni complementari da sviluppare insieme.

Italia e Germania sono i due pilastri industriali d’Europa. E Da decenni intrecciano filiere, investimenti, partnership.

D. E sul fronte della logistica intermodale?

R. Puntiamo molto su porti e ferrovie. Un esempio concreto è l’investimento congiunto tra il porto di Amburgo e quello di Trieste, due snodi fondamentali per la logistica intermodale europea. Anche qui servono gestione coordinata, infrastrutture digitalizzate e attenzione alle emissioni, soprattutto CO₂. Il settore ferroviario è centrale in questo sforzo.

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D. A livello europeo, quali sono le sue richieste principali?

R. Servono meno regolamentazioni e più libertà d’impresa. L’industria europea deve poter esprimere il proprio potenziale, innovare, assumersi responsabilità. Il mercato unico deve valorizzare ciò che abbiamo di più forte: la nostra industria. E poi bisogna implementare la quinta libertà, quella su ricerca e sviluppo. Germania investe già il 3% del PIL in R&S, l’Italia l’1,3%: dobbiamo crescere insieme.

Le diverse regioni contribuiscono in maniera molto
diversa alla bilancia commerciale. In generale, regioni
per le quali è centrale il settore agroalimentare
tenderanno a essere esportatrici nette.
La regione che si caratterizza per le maggiori
importazioni è la Lombardia (-13 mld di euro di
bilancia commerciale), quella più esportatrice è la
Toscana (+2 miliardi)

D. E il capitale? Ce la facciamo senza i grandi finanziamenti internazionali?

R. L’interesse c’è, anche a livello internazionale. Ma servono chiarezza e fiducia, e la giusta velocità verso la transizione sostenibile. La mobilità è il vincolo chiave che tiene insieme tantissimi settori industriali. Focalizziamoci su quello, con pragmatismo e visione.



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