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Compromiso de Sevilla: il futuro dello sviluppo (e del multilateralismo) riparte dalla Spagna?


Siviglia – Sessanta capi di Stato e di governo, oltre 200 delegazioni di Stati membri e organismi internazionali, più di 3.000 rappresentanti della società civile, delle imprese e del settore accademico si sono ritrovati questa settimana a Siviglia, per celebrare la IV Conferenza Onu sul finanziamento allo sviluppo. E per alcuni giorni, la città andalusa è diventata la capitale del multilateralismo e della solidarietà internazionale. 

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Una conferenza voluta per rinnovare l’impegno con il multilateralismo e per rafforzare l’architettura finanziaria internazionale, così da provvedere di maggiori mezzi e risorse i paesi in via di sviluppo e realizzare l’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in essa contenuti. Perché sarebbe necessario investire 4.000 miliardi l’anno, meno dell’1 per cento della ricchezza globale, per consentire ai paesi in via di sviluppo il raggiungimento di quegli obiettivi, sollevandoli dalla morsa del debito che attanaglia le loro economie. 

La risoluzione finale della conferenza è contenuta nel cosiddetto Compromiso de Sevilla, sostenuto da un programma di oltre cento iniziative (Sevilla Platform for Action), promosse comunemente da governi e associazioni. Il governo spagnolo, che è l’anfitrione dell’evento, ne presenta un paio: la prima, assieme al Brasile, imperniata sulla giustizia fiscale parla di tassare i super ricchi e di redistribuirne le risorse. La seconda è un’azione per la salute globale, con un impegno da parte della Spagna di 315 milioni di euro nel periodo 2025-2027. Perché i tagli al sostegno allo sviluppo saranno causa, secondo la rivista Nature, di 25 milioni di morti nei prossimi quindici anni. 

Una conferenza che arriva dieci anni dopo quella celebrata ad Addis Abeba e cinque anni prima della scadenza dell’Agenda 2030, di cui oggi si stima arrivi a compimento non più di un terzo. Dieci anni dopo l’Accordo di Parigi sul clima che fissava il limite massimo di 1,5 gradi di aumento di temperatura globale entro la fine del secolo, già superato lo scorso anno. Quando ancora si pensava che il sistema multilaterale fosse quello migliore per sviluppare dialogo e accordi tra gli Stati e favorire perciò pace e sviluppo. 

Nel frattempo il mondo è molto cambiato, il multilateralismo si sta indebolendo, l’Agenda 2030 è segnalata dalle estreme destre mondiali come un malefico prodotto dell’ideologia woke. Per allontanare questa deriva bisogna allora “rinnovare il patto con la diplomazia e la solidarietà”, scandisce Pedro Sánchez nella conferenza stampa che offre il primo giorno assieme al segretario generale dell’Onu António Guterres. Che si riferisce al Compromiso de Sevilla appena approvato in plenaria, come al passaggio necessario per andare avanti, dicendosi convinto che sia “meglio intervenire oggi pur in queste difficoltà, che intervenire più tardi quando le relazioni siano più tranquille”.

Nello scorso anno, gli aiuti allo sviluppo da parte degli Stati sono scesi del 9% in termini reali e l’Ocse prevede un taglio addizionale per l’anno in corso che può arrivare fino al 17%. La Spagna, nel 2024, ha invece aumentato il suo contributo allo sviluppo e, nel corso della conferenza, si è impegnata a raggiungere l’obiettivo dello 0,7% del Pil entro il 2030. Undici paesi hanno già annunciato nuovi tagli nel periodo 2025-2027, quattro di questi – Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti – rappresentano circa due terzi del totale degli aiuti mondiali, gli Stati Uniti contano per un quarto. Trump, appena eletto, ha praticamente smantellato l’agenzia dedicata Usaid, cancellando oltre l’80% dei programmi che coordinava: secondo l’Università di Denver (International Futures forecasting platform), ciò provocherà che 5,7 milioni di africani finiscano nella povertà più estrema il prossimo anno, 19 milioni in più di africani colpiti dalla povertà entro il 2030. 

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Per quanto riguarda le risorse, il Compromiso de Sevilla punta in particolare sulla mobilitazione delle risorse nazionali, impegnando i paesi a migliorare la riscossione del gettito fiscale e a combattere l’evasione. In questa direzione, deve muoversi una riforma del sistema fiscale internazionale in senso progressivo, che dirotti i guadagni delle multinazionali dai paradisi fiscali ai paesi in cui operano, pagando le imposte che gli Stati possono utilizzare per finanziare le politiche dello stato sociale. Proprio alla nuova architettura di una riforma fiscale internazionale è dedicata un’apposita sessione della conferenza, con la presenza del premio Nobel Joseph Stiglitz. Il dibattito parte dall’ultima decisione del G7 di consentire l’esonero dell’imposta minima globale alle multinazionali statunitensi: “Il G7 – afferma Stiglitz – ha distrutto in un’ora il lungo lavoro durato 40 anni per arrivare all’imposta minima”, che fu approvata nel 2021 in una riunione del G20. “Trump vuole abbassare le imposte ai più ricchi e tagliare la sanità per i più poveri”, continua Stiglitz. Ma c’è una novità positiva nel Compromiso de Sevilla, perché la risoluzione impegna gli Stati a sostenere il negoziato per definire una Convenzione quadro Onu in materia fiscale, così come proposto dai paesi africani. 

I paesi in via disviluppo sono strangolati dal sistema internazionale di prestiti che obbliga molti governi a destinare più risorse al pagamento del debito piuttosto che ai servizi essenziali. Solo il pagamento degli interessi sul debito viaggia a un ritmo di oltre 1.400 miliardi di dollari l’anno. Prima della conferenza erano venute molte proposte per alleviare il peso del debito sui paesi in via di sviluppo. La società civile aveva chiesto che si definisse una Convenzione Onu per permettere ai paesi di uscire dalla difficile situazione di un debito insostenibile. Ma la risoluzione finale della conferenza è molto debole su questo punto, prevede appena una sospensione dei pagamenti in situazioni eccezionali ed è perciò molto criticata dalle Ong. Che, la mattina dell’ultimo giorno, accolgono i delegati con slogan e cartelli della campagna Turn debt into hope, Trasforma il debito in speranza.



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