La Commissione Europea ha da poco presentato la nuova strategia per le startup e le scaleup, con l’obiettivo dichiarato di rendere l’Unione una delle aree più attrattive al mondo per l’innovazione imprenditoriale. Ma per raggiungere questo risultato serve anche una migliore qualità dei progetti imprenditoriali.
Sotto il titolo “Choose Europe to Start and Scale”, il piano affronta cinque grandi aree di criticità strutturale, con un approccio integrato che punta a ridurre la frammentazione normativa, semplificare l’accesso ai capitali, trattenere i talenti e rafforzare il legame tra ricerca e impresa (leggi qui tutti i dettagli del piano Choose Europe”)
I cinque pilastri della nuova strategia europea per le startup
La strategia si articola in cinque azioni principali, tutte ufficializzate dalla Commissione:
- Il “28° regime” opzionale, un insieme unico di norme armonizzate su diritto societario, fallimentare, fiscale e del lavoro, pensato per consentire la creazione di startup in meno di 48 ore e ridurre significativamente i costi amministrativi.
- Il Scaleup Europe Fund, previsto per il 2026, con una dotazione iniziale superiore ai 10 miliardi di euro. Il fondo, co-finanziato da capitale pubblico e privato, ha l’obiettivo di sostenere scaleup ad alta intensità tecnologica e accompagnarle verso operazioni di M&A o IPO.
- L’iniziativa “Lab to Unicorn”, pensata per facilitare la commercializzazione dei risultati della ricerca, armonizzare le regole sulla proprietà intellettuale e promuovere la nascita di spin-off e venture builder accademici.
- Il programma Blue Carpet, che prevede percorsi accelerati di ingresso per talenti extra-UE, la semplificazione dei regimi di stock option e un potenziamento dell’educazione imprenditoriale nelle scuole europee.
- La “Charter of Access”, una carta per garantire alle startup l’accesso facilitato a infrastrutture di ricerca, tecnologie deep tech e servizi pubblici strategici, attraverso una piattaforma digitale paneuropea.
Il piano è stato accolto con interesse da operatori del settore e analisti internazionali, in quanto rappresenta la prima proposta organica e multilivello della Commissione dedicata specificamente all’ecosistema startup europeo.
La cronica difficoltà dell’Europa a far crescere le startup
Il contesto che la strategia vuole affrontare è chiaro: nonostante la crescita del numero di nuove imprese in Europa, il Vecchio Continente continua a soffrire una cronica difficoltà nel far scalare le startup a livelli globali.
Secondo dati ufficiali, il numero di “unicorn” europei è nettamente inferiore a quello statunitense e asiatico. Inoltre, molti fondatori europei, in assenza di strumenti finanziari adeguati, si vedono costretti a delocalizzare le loro sedi legali per attrarre capitali o accedere a infrastrutture più competitive.
Il nuovo fondo UE per le scaleup mira a colmare proprio questo gap, offrendo una rete di sostegno finanziario in grado di agire con la stessa reattività dei fondi di venture capital più evoluti.
Particolarmente rilevante, in ottica sistemica, è anche il “28° regime”, che mira proprio a superare una delle barriere più evidenti: la disomogeneità normativa che rende complesse le operazioni cross-border tra Stati membri.
Il principale limite europeo resta l’execution
Oltre agli ostacoli normativi e finanziari, il principale limite al pieno sviluppo dell’ecosistema europeo rimane l’execution. Secondo i dati globali, circa 9 startup su 10 falliscono. In particolare, secondo il report di Startup Genome, il 90% delle startup non supera i cinque anni di vita. In Italia, questo trend si riflette in una statistica ancora più preoccupante: solo il 10% delle nuove imprese sopravvive nel medio periodo.
Le cause di insuccesso sono note e ricorrenti. Tra le principali, l’assenza di una reale validazione del mercato, la costruzione di modelli di business poco sostenibili, errori strategici nella definizione del pricing, una raccolta fondi avviata troppo presto e senza numeri a supporto, oltre a conflitti o inesperienza all’interno del team.
Secondo un’indagine condotta da Stripe, il 35% delle startup che falliscono scopre che non esiste una domanda di mercato per il prodotto sviluppato. Un dato che evidenzia una debolezza culturale diffusa: la tendenza a privilegiare l’intuizione rispetto alla misurazione, l’idea brillante rispetto alla struttura.
In questo contesto, l’imprenditoria contemporanea richiede un approccio fondato su dati, metriche e insight costanti. Le decisioni devono poggiare su analisi oggettive, non su percezioni. L’epoca della startup “di pancia” è finita: oggi sopravvive solo chi è in grado di leggere in tempo reale le proprie performance, i segnali del mercato e i comportamenti dei clienti.
Gli errori delle startup che aumentano gli insuccessi
Gli errori più ricorrenti tra le startup europee in fase iniziale confermano questa mancanza di preparazione. I casi più frequenti includono lo sviluppo di un prodotto senza validare prima il bisogno di mercato, l’assenza di un modello di business scalabile e sostenibile, una comunicazione vaga, senza un posizionamento distintivo, la ricerca di fondi in assenza di KPI solidi, e un isolamento decisionale che esclude il confronto con mentor o advisor esterni.
Tutte queste criticità non nascono da una carenza di idee, ma da una scarsa cultura imprenditoriale e da una preparazione “manageriale” insufficiente alla gestione strutturata dell’impresa. In altre parole: non basta creare, bisogna anche saper gestire, testare, adattare e comunicare con rigore e metodo.
La cronica carenza di capitali per la fase pre-seed
Accanto alle sfide di execution, permane una lacuna strutturale che il nuovo piano europeo affronta solo in parte: la cronica carenza di capitali disponibili nella fase pre-seed. La Commissione ha certamente compiuto un importante passo avanti con l’istituzione dello Scaleup Europe Fund, ma continua a persistere una confusione strategica fra le esigenze di startup in fase iniziale e quelle delle scaleup.
Le startup pre-seed hanno fabbisogni profondamente diversi: non cercano round milionari o operazioni di IPO, bensì piccoli investimenti iniziali – spesso nell’ordine di poche centinaia di migliaia di euro – che permettano di validare il mercato, testare i modelli di business, costruire i primi KPI solidi e raggiungere le prime metriche di trazione. Senza questa base, la maggior parte delle idee imprenditoriali non arriva nemmeno alla fase di scaleup.
Mischiare startup e scaleup sotto un unico ombrello normativo e finanziario rischia di lasciare scoperto proprio il segmento più fragile, ma anche più strategico per il futuro dell’ecosistema. Sarebbe auspicabile che l’Unione Europea introducesse un European Startup Pre-Seed Fund dedicato specificamente a questa fase di altissimo rischio e massimo potenziale. Solo così sarà possibile alimentare un flusso costante di progetti imprenditoriali realmente pronti per essere scalati, con fondamenta solide e numeri validati.
Costruire una cultura imprenditoriale orientata ai dati
In sintesi: l’Europa ha finalmente iniziato a costruire infrastrutture per trattenere le scaleup. Ora serve uno sforzo altrettanto deciso per far nascere – e sopravvivere – le startup che domani potranno ambire a scalare.
La strategia europea rappresenta un passo concreto e necessario. Le misure previste, se implementate con coerenza, possono generare un impatto strutturale positivo. Tuttavia, nessuna riforma normativa sarà sufficiente a colmare il divario esecutivo che ancora penalizza il tessuto imprenditoriale europeo.
Per competere con Stati Uniti e Asia, l’Europa dovrà costruire non solo infrastrutture normative e finanziarie, ma anche una cultura imprenditoriale più analitica, consapevole e orientata ai dati. Solo così sarà possibile sostenere la nascita e la crescita di scaleup in grado di restare in Europa e competere su scala globale.
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