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“Fare la spesa ormai è un lusso: ecco il prezzo dell’austerità”. Parla il segretario della presidenza del Senato, Lorefice (M5S)


Nel primo trimestre dell’anno salgono lievemente i redditi e i consumi ma aumentano pure il caro-vita e la pressione fiscale. Pietro Lorefice, segretario della Presidenza del Senato e componente M5S in Commissione politiche Ue, che ne pensa?
“Penso che il quadro tracciato dall’Istat resti negativo. Francamente fa ridere il coretto di centrodestra che festeggia per un aumento dei consumi o del potere d’acquisto. A parte il fatto che i dati si riferiscono al solo primo trimestre del 2025, emerge chiaramente che l’aumento della spesa per i consumi finali è più contenuto rispetto a quello del reddito disponibile lordo. Questo si lega al fatto che la fiducia delle famiglie è ancora molto bassa, al punto che spesso si preferisce risparmiare. Inoltre l’aumento dello 0,9% del potere d’acquisto non è certo in grado di colmare ancora il calo dell’8% dei salari reali italiani fatto registrare, a detta dell’Istat stesso, tra inizio 2025 e inizio 2021. Un calo prodotto soprattutto dal biennio del picco dell’inflazione, ovvero il 2022-2023, rispetto al quale gli interventi della Meloni, come la baracconata del carrello tricolore, non hanno avuto effetto alcuno”.

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Salgono i prezzi a giugno. Corre il “carrello della spesa” (+3,1% da +2,7%).
“Appunto. E, si badi bene, questi aumenti si aggiungono a quelli spaventosi subiti dagli italiani con l’inflazione generale al +8,1% nel 2022 e al +5,7% nel 2023. Il dato di giugno 2025 del prezzo dei beni alimentari e quello del prezzo del carrello della spesa sono allarmanti, perché confermano quanto andiamo dicendo da mesi: ormai i cittadini entrano al supermercato con righello, squadra e goniometro, consapevoli che con la stessa cifra si compra e si comprerà sempre di meno”.

E aumenta ancora la pressione fiscale nel primo trimestre di mezzo punto percentuale.
“Non solo, perché non scordiamoci che l’Istat stesso aveva già certificato che nell’intero anno 2024 la pressione fiscale è aumentata dell’1,2%. Il dato del primo trimestre del 2025, quindi, potrebbe confermare un trend inarrestabile, che certo non dipende dal fatto che ci sono più persone che lavorano e che quindi pagano le tasse, come ama ripetere Giorgia Meloni. La pressione fiscale aumenta perché aumentano le tasse; le tasse aumentano, come peraltro hanno argomentato autorevoli osservatori economici, perché da una parte c’è il ‘fiscal drag’, ovvero quel perverso meccanismo che colpisce anche quei contribuenti che sono riusciti a ottenere un adeguamento salariale, destinato però a svanire nel momento in cui quegli stessi contribuenti, proprio in virtù di quell’aumento, si trovano inseriti nello scaglione Irpef superiore e quindi pagano più tasse, vedendo svanire il beneficio dell’adeguamento salariale; dall’altra, spesso aumentano le tasse locali, visto che con lo sciagurato Patto di stabilità accettato dal Governo Meloni il taglio dei trasferimenti mette i municipi in una situazione ai limiti del ricatto, costringendoli ad aumentare il prelievo locale per non far collassare i servizi”.

A maggio torna a scendere l’export verso i paesi extra Ue. Su base annua flette del 5,2% .
“E meno male che il ministro Tajani, nel suo fantasmagorico piano per l’export, ha promesso di portare l’export italiano a 700 miliardi l’anno dai 625 attuali. Ora, premettendo che un’economia bilanciata non guarda solo all’export ma anche alla dinamica dei consumi e della domanda interna, mi pare che anche questo fuoco d’artificio del centrodestra, con tali ritmi delle esportazioni, sia destinato a spegnersi presto”.

”Risorse finanziarie e tecnologie innovative vengono distolte dall’obiettivo di sradicare la povertà e la fame nel mondo per la produzione e il commercio di armi”, ha detto il Papa.
“Purtroppo è un grido di dolore che non dobbiamo rinunciare a sostenere. Prima abbiamo approvato un Piano di Riarmo europeo da 800 miliardi; poi la Germania ha usato tutto il suo spazio fiscale per mettere sul piatto 500 miliardi per la sua difesa; poi abbiamo approvato un accordo Nato per far arrivare le spese militari al 5% in rapporto al Pil, che per l’Italia significa mettere sul piatto 445 miliardi in più in 10 anni rispetto a quanto avremmo speso lasciando il tetto del 2%. Sa qual è il risultato? Ci sono aziende belliche, per esempio la tedesca Rheinmetall, che da quando è scoppiata la guerra russo-ucraina, hanno guadagnato in Borsa il 2.000%. Sa cosa significa? Che chi ha comprato 10mila euro di azioni Rheinmetall il 23 febbraio del 2022, il giorno precedente allo scoppio della guerra, oggi si ritrova con 200mila euro. Capisce a chi serve la guerra?”

Berlino ha varato un nuovo aumento del Salario minimo. E noi?
“Noi, intendendo per ‘noi’ l’Italia di Giorgia Meloni, non abbiamo niente in mano, né per i lavoratori, né per le imprese. Per i lavoratori l’unica cosa che si è fatta è un taglio del cuneo che da contributivo è diventato fiscale, con la maggior parte dei lavoratori dipendenti che ci hanno perso soldi in busta paga nel 2025 rispetto all’anno precedente; per le imprese siamo ancora in attesa di capire come, nella quinta rimodulazione del Pnrr, il Governo rimetterà in circolo i soldi non spesi del fallimentare piano Transizione 5.0, che per ora ha visto attivati incentivi alle imprese per non più del 20% del plafond iniziale di 6,2 miliardi”.

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Nel primo trimestre peggiora il deficit in rapporto al Pil. E si registra per le imprese una ulteriore caduta della quota di profitto.
“Guardi, sono dati trimestrali, che possono indicare un trend. Noi diciamo semplicemente che il feticcio dell’avanzo primario coltivato dal ministro Giorgetti, ovvero la condizione nella quale lo Stato ha un livello di entrate crescente rispetto alle uscite, al netto della spesa per interessi, può essere un obiettivo virtuoso, ma non quando il ciclo economico è debole, altrimenti si strangolano i cittadini a colpi di tagli e aumenti delle tasse e si compromette la tenuta dei conti pubblici, come ha dimostrato la storia dell’impatto dell’austerità in Italia negli ultimi 25 anni. Fare restrizione quando l’economia è già in ginocchio significa affossare il Pil e far lievitare deficit e debito che si misurano in rapporto al Pil. Purtroppo il Governo Meloni ha una politica economica basata sulla riproposizione di tutti i pilastri dell’austerità: avanzo primario, moderazione salariale e privatizzazioni. Siamo fermi a Tatcher e Reagan, mentre il mondo è cambiato alla velocità della luce”.



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