L’intelligenza artificiale (IA) può essere considerata la tecnologia abilitante più rilevante dei nostri tempi, elemento imprescindibile nell’evoluzione e nei progressi della produttività e competitività delle imprese.
Perché l’adozione dell’intelligenza artificiale è cruciale per le PMI
Grazie alla capacità di autoapprendimento, adattamento e miglioramento continuo degli algoritmi, i processi produttivi e di business stanno subendo una rivoluzione senza precedenti, diventando più affidabili e tracciabili.
Vista la portata di questa trasformazione, è fondamentale per la competitività del sistema produttivo italiano studiare e comprendere come procede la diffusione dell’IA nelle nostre imprese, in particolare nelle PMI che rappresentano la spina dorsale del tessuto economico italiano.
Ed è proprio sulla base di queste premesse che si colloca lo studio “L’impresa dell’IA. Come le PMI italiane possono diventare più competitive grazie all’intelligenza artificiale” – realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) in collaborazione con TeamSystem – che ha indagato la domanda e l’offerta di soluzioni IA nel business, l’impatto dell’IA sulla performance economica delle imprese italiane, nonché le misure per supportarne l’adozione nel settore privato.
Lo stato dell’adozione dell’IA in Italia e in Europa
L’IA rappresenta senza alcun dubbio la tecnologia principe della rivoluzione industriale in corso, come ampiamente dimostrato da un’ampia pluralità di fonti. Ad esempio, secondo dati Statista, il mercato dell’IA ha registrato un giro di affari di oltre 180 miliardi di dollari nel 2024 ed è proiettato ad arrivare fino agli 826 da qui ai prossimi cinque anni.
Parallelamente, una survey effettuata da Mckinsey & Company su 1.491 imprese multinazionali appartenenti a 101 nazioni mette in luce come il 78% degli intervistati abbia iniziato ad utilizzare nell’ultimo anno strumenti di IA in almeno una funzione aziendale, facendo registrare un aumento di 20 punti percentuali su base annua. Allo stesso tempo è cresciuto in maniera considerevole anche l’uso dell’IA generativa, come mostrato dal fatto che il 71% degli intervistati ha dichiarato di averla impiegata regolarmente in almeno una funzione aziendale nel 2024, a fronte di un dato del 33% nell’anno precedente.
Secondo l’ultima rilevazione Eurostat, che si riferisce al 2024, il 13,5% delle imprese europee ha adottato almeno una tecnologia IA, un valore superiore di cinque punti percentuali rispetto al dato del 2023. Tuttavia, permane ancora il nodo delle differenze regionali, con i Paesi del Nord Europa che presentano tassi di adozione che sfiorano il 30%, ed i Paesi dell’Est che mostrano valori sensibilmente inferiori. In questo contesto l’Italia si posiziona al di sotto della media europea, pur dimostrando un miglioramento di 3,2 punti percentuali tra il 2023 ed il 2024.
In particolare, osservando l’ultima rilevazione ISTAT sull’utilizzo delle tecnologie ICT, si nota come una maggiore diffusione delle tecnologie IA tra le imprese italiane sia frenata soprattutto dagli ampi gap di adozione tra quelle di piccole dimensioni (percentuali rispettivamente del 6,9%, del 14% e del 15,9% per quelle nella fascia 10-49, 50-99 e 100-249 addetti) e le grandi aziende (valore del 32,5% in riferimento a quelle con 250 dipendenti ed oltre). Da notare il forte incremento nell’adozione proprio da parte delle imprese con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 99.
Guardando al futuro, si possono cogliere alcuni segnali incoraggianti. Se nel periodo 2021-2024 solamente il 5% delle imprese ha effettuato investimenti in IA, per il biennio 2025-2026 il 20% ha programmato piani di spesa per adottare le tecnologie correlate all’IA o eventualmente per rafforzarne l’utilizzo. Naturalmente è almeno in parte scorretto comparare un dato effettivo con uno previsionale e d’altronde rimane il fatto che l’80% delle imprese non prevede alcun investimento. Tuttavia, il dato evidenzia quantomeno un aumento latente di interesse verso le tecnologie IA.
Impatto economico dell’intelligenza artificiale nelle PMI
Lo studio I-Com, in collaborazione con TeamSystem, prova a dare un contributo alla letteratura scientifica e al dibattito di policy domandandosi quali impatti in termini di ricavi aggiuntivi per le imprese italiane sia possibile aspettarsi nel medio-lungo periodo dall’adozione su vasta scala dell’intelligenza artificiale. A tal fine sono utilizzati microdati Istat derivanti dall’ultima rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).
Questi ultimi contengono informazioni su circa 18 mila imprese italiane con almeno 10 dipendenti ed abbracciano un vasto range di tematiche inerenti la digitalizzazione, dalla connessione ed utilizzo di internet, alle vendite attraverso reti informatiche, alle competenze informatiche, fino ad arrivare ad una sezione interamente dedicata all’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale.
I risultati dell’analisi econometrica dimostrano il ruolo di assoluta centralità che l’IA gioca nel determinare la competitività economica delle imprese. Essa contribuisce infatti ad un aumento del valore del fatturato del 12%, incrementando i già ampi benefici derivanti dal livello di adozione delle altre tecnologie digitali. Tutto ciò conduce alla conclusione che, qualora l’Italia riuscisse a raggiungere il target europeo del 60% di adozione dell’IA da parte delle imprese, verrebbero generati potenzialmente ricavi aggiuntivi per circa 1.299 miliardi di euro.
Questo risultato consentirebbe da solo di raddoppiare il tasso di incremento annuale dei ricavi fatto registrare in media dalle imprese italiane negli ultimi cinque anni e sarebbe peraltro aggiuntivo rispetto agli impatti della digitalizzazione tout court. Tuttavia, come già accennato, in Italia ben il 91,8% delle imprese non ha ancora adottato alcuna tecnologia di intelligenza artificiale, rendendo molto difficoltoso per il tessuto industriale nazionale beneficiare di questo importante impatto economico in una prospettiva di medio periodo, a meno di un’accelerazione significativa del grado di uptake tecnologico.
Domanda e offerta di IA nel sistema delle PMI italiane
Come accennato in apertura, una parte rilevante dello studio contiene due indagini per comprendere lo stato della domanda e dell’offerta di servizi tecnologici basati sull’IA per il business in Italia. In particolare, sul versante della domanda è stata realizzata, con il supporto di Piccola Industria (Confindustria), una survey – a cui hanno partecipato 156 imprese di piccole e medie dimensioni stabilite in 16 regioni differenti – con l’obiettivo di analizzare la diffusione di soluzioni IA all’interno delle PMI italiane. Partendo dagli spunti più interessanti di quest’ultima, è emerso innanzitutto che un terzo delle aziende intervistate utilizza già soluzioni di IA, mentre un ulteriore 30,6% ne sta pianificando l’introduzione entro i prossimi 12 mesi. Sono invece il 28,6% del campione quelle che non utilizzano tali tecnologie e non hanno intenzione di farlo nel prossimo futuro.
Inoltre, è interessante evidenziare come nessuna delle aziende che ha già iniziato ad usare l’IA ha sperimentato un effetto negativo a seguito dell’introduzione della stessa. Allo stesso tempo, la quasi totalità degli utilizzatori intervistati ha dichiarato che l’impatto dell’IA è stato “positivo” o “molto positivo” (86,9%).
Tra i benefici principali che hanno sperimentato le aziende che hanno optato per soluzioni IA c’è una maggiore efficienza operativa (97,9%), un maggior vantaggio competitivo (47,8%), minori costi operativi e un miglioramento del processo decisionale (entrambi al 39,1%).
È emerso in maniera chiarissima dalle risposte lato domanda (e confermato da quello dell’offerta) un evidente gap di informazione e competenze come limite principale all’adozione dell’IA. Basti pensare che, tra chi già la usa, il 67,4% ha indicato nelle competenze l’ostacolo principale da superare, seguito a grande distanza dalla resistenza al cambiamento (34,8%). Non si tratta peraltro di un’obiezione generica ma di una lettura che parte da un’autovalutazione: i partecipanti all’indagine ritengano a maggioranza che le competenze necessarie all’interno della propria impresa siano infatti scarse (54,1%). Addirittura, il 7,4% le definisce molto scarse o nulle. Solo il 36,3% ha dichiarato che nella propria organizzazione vi è un buon livello di competenza e appena il 2,2% che queste siano molto buone.
Anche esaminando le evidenze fornite dalle 7 aziende intervistate sul fronte dell’offerta si giunge a considerazioni simili. Difatti, relativamente alle motivazioni per cui le aziende non scelgono di acquistare soluzioni di IA, dal punto di vista dei venditori gli ostacoli principali sono la scarsa informazione e conoscenza degli strumenti da parte del top management, la mancanza di competenze adeguate all’interno dell’impresa e la resistenza al cambiamento dei dipendenti, fattori segnalati da quasi la totalità delle imprese e coerenti con l’autovalutazione negativa sulle proprie skill dichiarata dalle imprese della domanda.
Formazione, politiche pubbliche e scenari futuri
È quanto mai urgente che, come sistema Paese, si promuovano e adottino tutte le misure utili a rafforzare l’ecosistema digitale. Ciò può avvenire attraverso strumenti e meccanismi incentivanti a supporto dell’alfabetizzazione digitale di cittadini e imprese, come l’adozione di piattaforme, servizi e soluzioni in grado di migliorare la produttività e la competitività del tessuto imprenditoriale italiano. In particolare, il cloud e il software as a service rappresentano strumenti straordinari per la digitalizzazione delle imprese e per il rafforzamento della loro competitività, oltre a costituire leve fondamentali di alfabetizzazione digitale.
Inoltre, una maggiore diffusione e integrazione dell’IA nelle piattaforme software può contribuire in modo significativo a ridurre l’impatto del gap di competenze digitali sulla produttività del lavoro. Il supporto dell’IA, infatti, può rendere più accessibili le tecnologie di frontiera anche a una vasta platea di lavoratori, specialmente in un Paese come l’Italia, dove la digitalizzazione della forza lavoro risulta ancora carente.
Tuttavia, tali benefici potranno manifestarsi pienamente solo se accompagnati da un’adeguata formazione, che permetta un uso consapevole e competente di queste tecnologie. In particolare, è necessario fornire alle imprese più piccole un orientamento chiaro per investire in modo informato, a partire proprio dall’IA.
Infine, considerando che le strategie di regolamentazione nazionali ed europee incidono profondamente sulla disponibilità di tecnologie per imprese e professionisti, nonché sugli investimenti in R&S, sull’attrazione di capitali stranieri e sulla domanda di soluzioni basate su IA, il prossimo futuro sarà particolarmente cruciale per l’ecosistema dell’intelligenza artificiale (e non solo) in Italia. Da un lato, si concluderà l’iter parlamentare relativo al DDL IA, con l’avvio del termine di dodici mesi entro cui il Governo dovrà adeguare la normativa nazionale all’AI Act, da un lato, e dall’altro definire interventi, tra l’altro, nelle aree cruciali dell’istruzione e della formazione; dall’altro, sarà delineata la nuova politica industriale attraverso la trasformazione del Libro Verde “Made in Italy 2030” nel Libro Bianco, con una visione strategica di medio-lungo periodo che includa – auspicabilmente – il riconoscimento dell’apporto del digitale e delle tecnologie di IA.
In definitiva, è indispensabile un approccio olistico e ben strutturato, ma allo stesso tempo anche misure specifiche in particolare rivolte alle imprese di minori dimensioni per accelerarne l’adozione, affinché il sistema produttivo italiano possa pienamente cogliere le opportunità offerte dall’IA e, così facendo, diventare più competitivo nel mercato globale.
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