E se Milano invece di diventare una città stato, con poteri da regione, puntasse ancora più in alto? Vediamo alcuni possibili vantaggi e rischi nel passare da città a stato indipendente.
I vantaggi
#1 Un reddito tipo Singapore, un bilancio moltiplicato fino a 10 volte l’attuale
Secondo Unioncamere–Tagliacarne, nel 2023 Milano ha prodotto 62.862 euro di ricchezza pro capite, mentre il dato Istat per la sola città supera i 66.000 euro. È una cifra che, se trattenuta sul territorio, proietterebbe Milano tra le aree più ricche d’Europa, vicina a Singapore (65.400 USD) e con ambizione di avvicinare il Lussemburgo (oltre 105.000 USD). Se diventasse uno Stato indipendente, Milano potrebbe trattenere le imposte prodotte nel proprio territorio. A seconda del perimetro considerato, il gettito fiscale cambia sensibilmente: solo nel Comune di Milano si stimano oltre 20 miliardi di euro, che diventano circa 40 miliardi nella Città Metropolitana.
A fronte di un bilancio comunale attuale di appena 3,5–4 miliardi di euro, il nuovo bilancio statale potrebbe moltiplicarsi per cinque o dieci volte, con una capacità di spesa paragonabile a una vera legge finanziaria, con la possibilità di orientare l’economia e lo sviluppo urbano secondo priorità locali. Come Lussemburgo o Singapore, Milano diventerebbe un Paese autosufficiente, ricco, con margini straordinari per disegnare una società su misura. Tuttavia, non tutte queste risorse sarebbero spendibili liberamente per trasporti, scuola o edilizia: una quota consistente dovrebbe finanziare funzioni statali essenziali, come sanità, pensioni, difesa, giustizia e diplomazia.
#2 Autogoverno e burocrazia snella
Liberata dai vincoli regionali e statali, Milano potrebbe semplificare radicalmente il proprio assetto amministrativo. Un sistema snello e locale, modellato sulle esigenze reali della città, prendendo a prestito il sistema svizzero che garantisce maggiore potere alle singole entità (in questo caso municipi e comuni della Città Metropolitana) ridurrebbe la burocrazia e accelererebbe tempi di decisione e realizzazione. Urbanistica, mobilità, commercio e politiche abitative non dovrebbero più attendere approvazioni da Roma o da Palazzo Lombardia. L’autonomia consentirebbe di applicare norme su misura per il contesto urbano metropolitano, sperimentando modelli di governance più agili ed efficaci. Il potenziale di attrazione per imprese e talenti crescerebbe, grazie a un ambiente istituzionale più prevedibile e orientato alla risoluzione rapida dei problemi.
#3 Scuole, università e sanità d’élite
Con un bilancio moltiplicato e la possibilità di gestire direttamente risorse e competenze, Milano potrebbe diventare un polo educativo e sanitario di eccellenza europea. Università internazionali, borse di studio, scuole pubbliche all’avanguardia, ospedali tecnologici e accessibili: l’autonomia consentirebbe investimenti diretti nei servizi essenziali. Anche il welfare innovativo, già in parte sperimentato, potrebbe espandersi: RSA modello, centri di comunità, poliambulatori diffusi. La città diventerebbe un esempio di accesso equo e qualità altissima, trattenendo e attirando cervelli. L’obiettivo non sarebbe solo efficienza, ma anche giustizia sociale e benessere diffuso.
#4 Trasporti pubblici gratuiti e smart city
Con le risorse recuperate dall’autonomia, Milano potrebbe implementare un sistema di trasporti gratuito per tutti i residenti, prendendo spunto da modelli come il Lussemburgo. Metropolitana, tram, autobus e sharing system accessibili e digitalizzati, integrati in una piattaforma smart e orientata alla sostenibilità. Il salto infrastrutturale includerebbe anche estensione delle linee metropolitane, con una o più linee circolari e connessioni suburbane con sistemi più puntuali e rapidi di quelli attuali, e tunnel stradali per spostare il traffico veicolare sottoterra. La città potrebbe investire in reti ciclabili sicure, colonnine di ricarica elettrica e infrastrutture intelligenti. L’obiettivo sarebbe una città in cui il trasporto pubblico è la prima scelta, garantendo al contempo la mobilità privata.
#5 Politiche su misura: sicurezza, lavoro, qualità della vita
Essere Stato significherebbe poter definire autonomamente regole su sicurezza, decoro urbano, gestione dell’immigrazione, cultura e lavoro. Milano potrebbe adottare modelli più severi o più permissivi, in base al contesto locale, e sperimentare innovazioni legislative. Oltre alla sicurezza e al decoro, si potrebbero introdurre politiche abitative mirate e un controllo più equo del mercato immobiliare, frenando la crescita dei prezzi. Il lavoro verrebbe rilanciato con norme salariali adeguate, adeguando gli stipendi al costo della vita, incentivi a imprese sociali e forme di welfare territoriale. Il tutto per garantire qualità della vita, coesione sociale e un’identità urbana forte e moderna.
I rischi
#1 Rischio isolamento politico e istituzionale
Diventare uno Stato indipendente comporterebbe un drastico cambiamento nelle relazioni con le istituzioni italiane e con l’Unione Europea. Milano rischierebbe di trovarsi isolata a livello politico, almeno in una fase iniziale, e dovrebbe costruire da zero i propri rapporti diplomatici. La partecipazione a fondi europei, la rappresentanza internazionale e la stabilità giuridica potrebbero essere messe in discussione. Inoltre, la separazione dall’Italia non sarebbe né automatica né priva di ostilità, e potrebbe scatenare reazioni contrarie, sia nei partiti italiani che in altre città del Paese.
#2 Dipendenza economica da aziende e finanza globali
Un’economia metropolitana come quella milanese è strettamente legata ai capitali internazionali. In uno scenario indipendente, come Stato dovrebbe garantire stabilità fiscale e normativa per non perdere attrattività. Ma al tempo stesso, questa apertura potrebbe rendere Milano vulnerabile a pressioni esterne, a speculazioni o a fughe di capitali. L’equilibrio tra sovranità e interdipendenza globale sarebbe uno dei nodi principali da gestire per non trasformarsi in un paradiso fiscale o in una città-vetrina senza radici.
#3 Tensioni sociali e disuguaglianze interne
L’autonomia potrebbe accentuare le disuguaglianze esistenti all’interno della città, tra centro e periferia, tra cittadini “globali” e popolazione residente. Il rischio è quello di un modello competitivo che privilegia l’élite economica e i lavoratori ad alta specializzazione, trascurando chi resta indietro. Senza meccanismi di redistribuzione nazionale, Milano dovrebbe dotarsi di nuove politiche di inclusione sociale per evitare fratture e marginalizzazioni. Il welfare innovativo e la pianificazione urbana partecipata diventerebbero strumenti fondamentali per tenere insieme la società.
#4 Perdita di identità nazionale e tensioni culturali
Separarsi dall’Italia significherebbe anche affrontare un trauma identitario per molti cittadini. Milano è parte integrante della storia italiana, e il senso di appartenenza potrebbe essere messo alla prova. Potrebbero insorgere tensioni culturali, soprattutto con le altre regioni, e possibili boicottaggi o sentimenti di rigetto. La nuova identità andrebbe costruita con cura, valorizzando il carattere internazionale ma mantenendo un legame simbolico e culturale con le proprie radici.
#5 Complessità diplomatica e riconoscimento internazionale
Diventare uno Stato richiede l’avvio di complesse trattative internazionali: riconoscimento ONU, accordi bilaterali, adesione a trattati. Milano dovrebbe dotarsi di un corpo diplomatico, costruire alleanze e negoziare l’accesso a organismi globali. L’esito non sarebbe scontato: ci sarebbero ostacoli da parte dell’Italia e di altri Paesi che temono il precedente. Inoltre, servirebbero anni per costruire la credibilità necessaria a essere riconosciuta come soggetto sovrano. Il rischio è quello di trovarsi in un limbo giuridico, senza piena legittimità internazionale.
Continua la lettura con: Un’Italia unificata… dalla Svizzera (e non dal Piemonte)? Lo scenario e i vantaggi per i cittadini
FABIO MARCOMIN
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