L’attuazione delle nuove regole digitali per i SUAP segna il compimento di un percorso che coinvolge migliaia di enti e le Camere di commercio, impegnati nel rendere più semplice ed efficiente la vita delle imprese. Dove siamo arrivati? Quali sono i risultati? Quali sono gli ostacoli? Sono domande riproponibili anche nel cammino verso la transizione ecologica. La sfida della sostenibilità ambientale si fa sempre più pressante, tra crisi energetica globale, nuove strategie europee e la necessità di accelerare la transizione verso fonti rinnovabili e sicurezza energetica.
Le evoluzioni normative e tecnologiche dei SUAP, da un lato, e il cammino dell’Italia verso lo sviluppo sostenibile, dall’altro, sono i temi approfonditi in due eventi distinti della rubrica Unioncamere a FORUM PA 2025.
Sono ora disponibili le videoregistrazioni: ecco che cosa è emerso dai due appuntamenti.
Digitalizzazione e semplificazione degli sportelli unici (SUAP): il futuro si realizza adesso!
Siamo in un momento di svolta. Una recente disposizione di legge ha radicalmente trasformato la natura degli sportelli unici per le attività produttive, capaci di gestire l’intero adempimento amministrativo che accompagna l’imprenditore lungo tutta la vita della propria attività. Il 2025 segna il culmine di un lavoro preparatorio avviato con il Decreto del 12 novembre 2021, che ha ridefinito e potenziato l’attributo ‘digitale’ dei SUAP.
Nel novembre 2021, l’Allegato Tecnico del DPR 160/2010 “Regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello unico” è stato sostituito da un nuovo allegato che introduce specifiche di digitalizzazione avanzata. Punto di partenza dell’innovazione normativa è il decreto interministeriale del 26 giugno 2023, adottato dal MIMIT di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, che ha approvato le nuove specifiche tecniche previste dal decreto del 12/11/21, obbligando tutti i soggetti coinvolti nelle procedure SUAP ad adeguarsi al nuovo sistema informatico degli Sportelli Unici (SSU).
L’evoluzione dei SUAP è guidata non solo dal nuovo Allegato Tecnico, ma anche da altri strumenti e quadri normativi: le Linee Guida per il Modello di Interoperabilità della PA (ModI) e la Piattaforma Nazionale Dati (PDND), che promuove l’interscambio di informazioni tra le pubbliche amministrazioni in un sistema interconnesso basato su Open API (Application Programming Interface), richiamando il principio “once only”.
In questo contesto, il Catalogo SSU – elemento centrale dell’architettura digitale dei SUAP – consente di valorizzare dati nativi e validati, riducendo errori e preparando il terreno per una PA aumentata, anche grazie all’applicazione dell’intelligenza artificiale. Con il coinvolgimento di oltre 30.000 soggetti, tra cui circa 8.000 SUAP e 25.000 autorità competenti (enti terzi come ASL, Capitanerie di Porto e organismi ambientali a vari livelli, che operano dietro gli sportelli unici delle attività produttive fornendo pareri e autorizzazioni), la priorità è la realizzazione di un sistema informatico nativamente interoperabile, al fine di rendere gli adempimenti imprenditoriali più veloci, sicuri e affidabili.
La complessità strutturale del sistema e la stratificazione normativa preesistente costituiscono i principali nodi che frenano il progresso. Un ostacolo significativo è la scarsa consapevolezza, da parte di molte delle 25.000 autorità competenti del proprio ruolo e delle regole che disciplinano l’interazione con i SUAP. Le Camere di Commercio, punto di raccordo per le imprese nei rapporti con la pubblica amministrazione, contribuiscono attivamente a superare queste sfide, offrendo supporto e soluzioni digitali come il portale impresainungiorno.gov.it, utilizzato da oltre la metà dei comuni italiani.
Per un avanzamento significativo sono necessarie misure strutturali: il completamento della standardizzazione e semplificazione di almeno 600 procedure amministrative entro il 30 giugno 2026, come previsto dal PNRR, e la progressiva eliminazione dei documenti non strutturati (ad esempio PDF), con il passaggio a dati completamente strutturati e un totale switch-off digitale entro 2-3 anni. Questo ambizioso percorso, sostenuto da oltre 320 milioni di euro del PNRR destinati ai SUAP, è indispensabile per la competitività del sistema Paese e per realizzare una pubblica amministrazione in cui efficienza e intelligenza siano la norma.
Sviluppo Sostenibile, Transizione Energetica e Autonomia Strategica: iniziative, programmi ed incentivi
La posta in gioco è altissima. I consumi energetici sono responsabili dell’82% delle emissioni di gas serra; interrogarsi sulla transizione energetica significa riflettere sulle cause del cambiamento climatico. L’incontro si è aperto con la presentazione di alcuni risultati di uno studio condotto dall’Istituto Tagliacarne sul tema della transizione energetica. Le domande rivolte alle imprese italiane nelle indagini coincidono con quanto richiesto a livello globale dal World Economic Forum, l’organizzazione internazionale per la cooperazione pubblico-privato che indaga su diverse questioni che il mondo si trova ad affrontare, anche in materia di ambiente.
Risulta che, nel breve termine, due dei primi dieci rischi più importanti per le imprese sono legati all’ambiente; nel lungo termine, entro dieci anni le tematiche ambientali a rischio diventeranno cinque. Gli eventi climatici estremi passeranno dal secondo posto nel breve termine al primo nel lungo termine. L’Italia, in questo scenario, si classifica al quarto posto in Europa per l’impatto dei rischi fisici climatici sulle imprese: un dato questo fornito dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). Le imprese intervistate dalla Fondazione Tagliacarne dicono che quattro su dieci sono impattate dal rischio fisico.
La transizione tecnologica non è solo una questione ambientale o sociale; è un tema anche di natura economica. Due dati, quello dell’autonomia energetica e del costo dell’energia, evidenzino che la questione della transizione energetica per il sistema Paese è anche e soprattutto un tema di competitività. L’Italia produce circa il 25% dell’energia di cui ha bisogno, posizionandosi quintultima in Europa per autonomia energetica. A ciò si aggiunge un costo dell’energia decisamente più alto rispetto ai principali competitor europei: circa tre volte superiore a Francia e Spagna, e una volta e mezzo rispetto alla Germania.
Il panorama degli investimenti ‘green’ in Italia è rincuorante. Tra le medie imprese industriali, nel periodo 2021-2026 (corrispondente ai sei anni del PNRR), il 70% ha investito in “net zero”, ovvero in tecnologie funzionali al raggiungimento delle emissioni zero entro il 2030. È interessante notare che il 47% di queste aziende sceglie di investire in green non per obblighi normativi, ma perché vede in questa transizione un’opportunità di mercato.
La transizione energetica offre all’Unione europea l’opportunità di assumere un ruolo di leader nelle tecnologie pulite e nelle soluzioni di circolarità e di spostare la produzione di energia verso fonti sostenibili, sicure e a basso costo. Tra gli obiettivi l’autonomia strategica dell’energia, i risparmi energetici, la diversificazione degli approvvigionamenti energetici e una diffusione più rapida delle energie rinnovabili. L’Italia si sta cimentando nella predisposizione del Piano Sociale per il Clima, una nuova forma di pianificazione legata a un regolamento europeo del 2023, che prevede l’utilizzo, dal 2026 al 2032, del Fondo Sociale per il Clima. La novità di questo strumento è che si rivolge a un target ben definito: famiglie, individui e microimprese vulnerabili. L’obiettivo è ridurre l’impatto dell’entrata in vigore della normativa ETS2 (Emission Trading System 2) su trasporti ed edilizia.
Il Dipartimento energia (DiE) del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), sta attuando la transizione energetica attraverso misure normative e incentivanti che mirino a traguardare le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: ambientale, sociale ed economica.
Le Hydrogen Valley, incentivi territoriali volti al recupero di aree industriali dismesse da destinare alla transizione, hanno dimostrato il loro potenziale (52 progetti finanziati), superando le sfide legate alle restrizioni tecnologiche (produzione di idrogeno verde) e la mancanza di connessione con altre misure settoriali.
Consapevoli della ritrosia a partecipare a iniziative complesse e della necessità di tradurre norme e regolamenti in azioni concrete, le Camere di Commercio sono intervenute con una serie di azioni volte a sostenere soprattutto piccole e microimprese. In particolare, hanno agito a favore delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), creando cultura e consapevolezza nelle imprese rispetto a questi fenomeni, mettendo a disposizione esperti per consulenze individuali e istituendo 71 tavoli di progettazione territoriale, da cui sono nate circa 600 comunità energetiche e gruppi di autoconsumatori.
Nonostante i progressi, le sfide permangono. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede di raggiungere il 39,3% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, ma nel 2022 l’Italia era solo al 19%. Un dato, che ci restituisce il sistema camerale con il Sistema Informativo Excelsior, evidenzia inoltre che il 50% delle aziende che cerca nuovi ingressi trova difficoltà a reperire competenze legate all’efficientamento energetico e alla sostenibilità ambientale. Nell’80% dei casi, le imprese cercano soprattutto le cosiddette “power skill”: flessibilità e adattamento nelle persone che devono affrontare la transizione.
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