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Dal mercato dei capitali ai dazi: le priorità della nuova leadership di Efpia per rilanciare la farmaceutica in Europa


Cambio al vertice della Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche (Efpia), che chiede alle istituzioni europee uno scatto di reni per tornare a occupare un posto di leadership globale nel comparto delle life sciences. Intervenendo su tre direttrici di lavoro: attrarre investimenti, accelerare ricerca e sviluppo di nuovi medicinali, e migliorare l’accesso ai farmaci innovativi.

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Nel corso di un’assemblea che si è svolta in un hotel del centro di Bruxelles, Stefan Oelrich (a capo della divisione Pharmaceuticals di Bayer) è stato eletto nuovo presidente di Efpia. Succede a Lars Fruergaard Jørgensen (presidente e amministratore delegato di Novo Nordisk), di cui era stato già numero due nel precedente mandato.

Teresa Graham (ad di Roche Pharmaceuticals) e Carlos Gallardo (presidente e ad di Almirall) sono stati nominati rispettivamente prima e secondo vicepresidente dell’organizzazione.

Cruciale la collaborazione con le istituzioni

AboutPharma li ha incontrati a margine dell’elezione, per discutere delle principali priorità di Efpia tra incertezze geopolitiche e commerciali globali e nuovi equilibri politici europei improntati alla semplificazione.

Per Oelrich, “anche grazie al rapporto sulla competitività Ue realizzato da Mario Draghi, si registra una rinnovata apertura a collaborare concretamente con l’industria, riconosciuta come uno dei settori strategici su cui puntare per la crescita di tutta l’Europa”.

Le proposte legislative oggi sul tavolo, a cominciare dalla riforma farmaceutica, “erano state avviate con un approccio e una Commissione molto diversi rispetto a quelli attuali. Se con la precedente presidenza ci siamo occupati soprattutto di tornare al centro dell’attenzione, sottolineando come il divario tra Stati Uniti ed Europa si stia ampliando in modo significativo, adesso spetta a questo mandato lavorare concretamente per colmare le distanze”.

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Secondo le attese di Efpia, l’adozione da parte della Commissione – prevista entro il 2025, a oltre vent’anni dall’ultimo documento di orientamento – di una strategia Ue per le scienze della vita dovrebbe rappresentare un primo passo in questa direzione.

Il nodo della riforma farmaceutica

I governi riuniti nel Consiglio hanno adottato il loro testo negoziale sulla riforma farmaceutica a inizio giugno e si preparano adesso alle trattative con eurodeputati e Commissione, i cosiddetti triloghi, iniziati a metà mese.

Per Efpia, il risultato finale potrebbe non essere così distante dal mantenimento dello status quo: un’opzione per contenere i danni, ma non in grado di rilanciare l’innovazione. Finora “abbiamo assistito a un processo lungo, e sono contento che finalmente si stia tornando a una maggiore razionalità. Tuttavia, probabilmente alla fine ci ritroveremo, più o meno, nella stessa situazione di partenza”, ha affermato Oelrich.

“Fra le tre posizioni emerse, riteniamo che quella del Parlamento sia probabilmente la più equilibrata”. Gli eurodeputati propongono che il periodo normativo minimo di protezione dei dati (durante il quale altre aziende non possono accedere ai dati del prodotto) sia di 7,5 anni, quasi ai livelli attuali di otto e distante dall’ipotesi della Commissione di sei.

Efpia confida “che nel corso del trilogo prevalga il buon senso: non possiamo permetterci di introdurre ulteriori svantaggi per questo settore, perché sarebbe l’ennesima ragione per non investire in Europa, mentre noi desideriamo esattamente il contrario”.

Recuperare la leadership mondiale nella farmaceutica

Nell’Ue, “abbiamo il potenziale, le competenze e i partenariati per prendere decisioni coraggiose, capaci di trasformare il continente in un hub globale dell’innovazione”.

Eppure, ha avvertito il nuovo presidente di Efpia, “tra 2010 e 2022, la spesa europea in ricerca e sviluppo in campo medico è cresciuta di circa il quattro per cento, mentre nello stesso periodo in Cina l’aumento ha superato il venti per cento. Se è vero che l’Europa è stata storicamente riconosciuta come motore di innovazione, è però anche vero che è più facile perdere un’industria che riuscire a riportarla indietro”.

Per evitare questo scenario, “dobbiamo puntare su una protezione competitiva della proprietà intellettuale, su partnership pubblico-private ambiziose e un sistema di finanziamento dinamico”. Insomma, “un quadro normativo che si fondi sul pragmatismo e non sull’iper-regolamentazione”.

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Se “trent’anni fa eravamo considerati la farmacia del mondo, abbiamo progressivamente perso questa posizione di leadership”, gli ha fatto eco Gallardo: “Gli investimenti sono calati del venticinque in vent’anni, mentre la quota europea di studi clinici sponsorizzati dall’industria si è dimezzata negli ultimi dieci. E anche l’accesso ai farmaci si è deteriorato: oggi, in media, occorrono 578 giorni perché un prodotto innovativo sia disponibile in Europa”.

Senza contare che “molte aziende biotech che innovano negli Usa neppure si preoccupano di tentare l’ingresso in Europa, poiché il costo di fare affari da noi è troppo elevato rispetto ai potenziali ritorni, dato che i prezzi da noi sono decisamente inferiori”, ha aggiunto Oelrich, convinto che stiamo assistendo a “una crescente interdipendenza” tra le due sponde dell’Atlantico in fatto di “pricing”.

La semplificazione “imposta” dalla Commissione europea

A proposito di ritrovata alleanza con l’industria, nei primi sei mesi del mandato, la Commissione ha inaugurato un inedito filone di lavoro, quello della sburocratizzazione di precedenti normative Ue, presentando già dei pacchetti “Omnibus” settoriali: dal Green Deal alla difesa, fino alle mid-caps.

Per l’universo pharma, ha avvertito la direttrice generale di Efpia Nathalie Moll, “un intervento di questo tipo dovrebbe servire prioritariamente a garantire coerenza normativa. Penso, ad esempio, a casi come i divieti in discussione su sostanze come titanio, diossido, Pfas o talco: misure di questo genere, prese senza aver analizzato l’impatto sulla produzione dei medicinali o addirittura sulla possibilità stessa di mantenere una manifattura in Europa, sono proprio gli ambiti in cui un’azione di semplificazione avrebbe senso”.

Discorso analogo per i trial clinici: “Occorrono interventi mirati per evitare rallentamenti dannosi per i pazienti, per i quali gli studi clinici rappresentano spesso la prima opportunità di accesso alle innovazioni mediche”.

Mercato dei capitali

“La vera sfida oggi è fare in modo che queste innovazioni, nate nei nostri sistemi accademici, non lascino l’Europa”, ha aggiunto Oelrich, citando tra gli altri i casi delle terapie cellulari e geniche e il secolo e mezzo di eccellenza europea nella chimica.

“Ma poiché la trasformazione della ricerca segue spesso i flussi di capitale, chiediamo alle istituzioni europee di dare finalmente priorità alla riforma del mercato Ue dei capitali”, tema prioritario del mandato-bis di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione e in cima alla lista degli interventi suggeriti tanto dal report Draghi quanto da quello realizzato da Enrico Letta.

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“Abbiamo bisogno di una sorta di Nasdaq europeo in cui poter raccogliere fondi per le biotecnologie. Il settore biotech, infatti, non può contare solo sui finanziamenti pubblici: gli servono investimenti in equity. Perché non prevedere, ad esempio, che una parte dei capitali raccolti in Europa attraverso polizze vita e fondi pensione sia destinata obbligatoriamente agli investimenti nel venture capital? Il problema non è la mancanza di capitale in Europa, ma il modo in cui lo impieghiamo”.

Per il capo di Efpia, industria e università sono pronte: “Ora occorre collegarle. Servono più partenariati pubblico-privati, una maggiore disponibilità di capitale e un modello di mercato dei capitali completamente rinnovato”.

Dazi: Efpia chiede misure “zero”

I prodotti farmaceutici sono tra le principali voci dell’export europeo verso gli Stati Uniti e, a livello globale, uno degli asset a comporre il surplus Ue negli scambi. Nel bel mezzo delle trattative per una tregua commerciale tra le due sponde dell’Atlantico che potrebbe coincidere con un prelievo generalizzato del dieci per cento su tutto l’export europeo, il presidente americano Donald Trump ha minacciato di istituire dazi anche sui prodotti pharma in arrivo dall’Ue.

“Ogni sorta di dazio, qualunque sia il livello, è una cattiva idea”, ha puntualizzato Oelrich, pur non volendo entrare nel dettaglio della questione con una posizione a nome di Efpia perché l’esposizione alle sovrattasse americane “varia molto di azienda in azienda”. L’ideale sarebbe “azzerare del tutto i dazi, o comunque avvicinarsi il più possibile a questo obiettivo”, il che secondo Oelrich rientra “nell’interesse reciproco di Ue e Usa”.

Se consideriamo anche i dispositivi medici, “il quadro cambia profondamente e vediamo ingenti esportazioni dagli Stati Uniti verso l’Europa. Se dovessimo rispondere con dazi reciproci, sarebbe una pessima idea, un danno per entrambe le parti”.



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